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Agenzie letterarie, servizi editoriali e i cento mestieri del settore. A ciascuno il suo

Creato il 15 dicembre 2011 da Autodafe

 di Cristiano AbbadessaAgenzie letterarie, servizi editoriali e i cento mestieri del settore. A ciascuno il suo

Mi soffermo ancora, per stavolta, su alcuni commenti alla nostra riorganizzazione, sperando di tornare presto a parlare di libri e editoria.
Uno dei commenti che ho sentito (o letto) da parte di diverse persone è che, con la proposta dei servizi, offriamo un tipo di supporto simile a quello di un’agenzia letteraria. Non credo sia vero. E, se è vero, è un po’ strano: quelli che offriamo sono servizi editoriali, cioè l’attività tipica di un service (che è collaterale, ma cosa distinta dalla casa editrice); se le agenzie letterarie fanno altrettanto, l’invasione di campo dovrebbe essere tutta loro.
Per definizione e per etimo, l’agente dovrebbe essere colui che cura gli interessi del suo assistito, che “agisce in nome e per conto di”. Ci sono agenti per gli artisti, i cantanti, gli sportivi: il loro compito è di valorizzare il loro cliente, di saperlo presentare e proporre, di “venderlo” bene, di assisterlo nella fase di accordo contrattuale. L’agente non interviene, di norma, sull’opera del suo assistito; al massimo può suggerirgli di migliorare in alcuni aspetti, come può essere il caso di un cantautore che ha bellissimi testi e voce sgradevole, ma all’agente spetterà solo il consigliare di affidarsi a un esperto per migliorare (nell’esempio, a un maestro di canto), non si sostituirà lui all’esperto in questione.
La misura della qualità dell’agente dovrebbe essere la capacità di procurare un contratto (un buon contratto, se possibile) al suo cliente. In editoria, teoricamente, dovrebbe essere quindi il contratto di edizione a sancire la bontà del lavoro (e, infatti, in molti settori un agente viene pagato a percentuale; in editoria non più, ma in origine era così). Ora, siccome arrivare a ottenere un contratto di edizione è cosa difficilissima, molti agenti si sono reinventati come fornitori di servizi editoriali, pur senza mutare ragione sociale: danno consigli sul prodotto, dicono dove intervenire, cosa va migliorato e cosa va tolto ecc. Però non sarebbe il loro compito. È anche probabile che molti agenti letterari siano in realtà degli ottimi fornitori di servizi editoriali: si presentano come agenti perché così sottintendono che il loro scopo, e la loro capacità, è di arrivare a far pubblicare un’opera, che è quanto interessa agli aspiranti scrittori assai più che avere per le mani un’opera davvero valida.
Ci sono, come in tutti i campi, agenti bravissimi e autentici truffatori: dovremmo però ricordare quale è il metro di giudizio per un agente. Personalmente, come Autodafé, abbiamo troppo spesso ricevuto da agenti proposte editoriali formulate in modo indecoroso, assai peggiori e meno curate di quelle presentate dagli autori. Non sto discutendo la qualità dell’opera, ma la qualità della presentazione (valorizzazione) che dovrebbe essere peculiare dell’agente: perché un agente che ha magari fatto riscrivere quattro volte un romanzo all’autore, anche ben consigliandolo e indirizzandolo, ma poi manda agli editori una sinossi di dieci righe incomprensibile e mal curata, accompagnata da due striminzite paginette di testo, può forse essere un genio della redazione ma è di certo un pessimo agente.
In questo senso, non vedo sovrapposizioni tra i nostri servizi editoriali e quello che dovrebbe essere il vero lavoro di un agente letterario. Forse, a sottilizzare, si può eccepire che la scheda di valutazione della proposta editoriale può contenere anche alcuni elementi di giudizio relativi alla qualità della valorizzazione dell’opera; ma questo, che per l’agente è un passaggio essenziale del suo lavoro e propedeutico alla concretizzazione contrattuale, per noi è solo il punto di partenza per una serie di valutazioni che, per il resto, attengono alla forma e al contenuto dell’opera stessa: ovvero, la possibilità di migliorarla attraverso un lavoro redazionale e editoriale.
Il fatto è che la filiera dell’editoria prevede l’intervento e la collaborazione di molte professionalità diverse: l’autore, l’agente, la redazione, l’editor, la direzione editoriale, i grafici, la stampa, la comunicazione, il marketing, la promozione, la distribuzione, la vendita. In alcuni casi può essere che un soggetto assommi più figure, ma non è un sacro precetto. Mi è ben chiaro che un autore preferisce limitarsi a scegliere se fare da solo o servirsi di un agente, per poi avere come unico interlocutore un editore che eserciti tutte le funzioni produttive e promozionali (così come a un editore farebbe piacere avere un unico interlocutore per tutta la catena commerciale, capace non solo di distribuire e vendere ma di fare anche un po’ di marketing e promozione): ma questo avviene di rado. Meglio, avviene solo con i grandi editori, che ormai assommano in sé tutte le funzioni, da quelle editoriali a quelle commerciali, con la sola eccezione della produzione industriale (che demandano a uno stampatore esterno); però i grandi editori sappiamo quali e quanti sono. Negli altri casi, per un piccolo o anche per un medio editore, ci sono alcune professionalità che stanno all’interno della casa editrice e altre di cui bisogna servirsi, pagandole, cercando all’esterno; perciò l’editore diventa un assemblatore di professionalità, e la sua abilità sta nel formare la squadra giusta. Nel panorama dell’editoria attuale, all’autore si presenta lo stesso problema: è lui a dover scegliere se affidarsi a un agente, se migliorare l’opera prima di presentarsi a un editore, se puntare a un editore che ha al suo interno forti competenze redazionali o a uno che ha un’ottima rete distributiva o a uno che ha grandi potenzialità di comunicazione (a volte alcune di queste qualità si sposano, altre volte un editore non ne offre più di una): anche l’autore deve trovare il suo percorso e assemblare gli interlocutori che gli servono.
Non esistono più, insomma, percorsi obbligati. Questo richiede all’autore un maggiore discernimento, una capacità di pianificazione, una valutazione oggettiva (e non presuntuosa) delle proprie qualità e delle proprie debolezze. E, naturalmente, richiede che chi offre un servizio professionale lo faccia senza barare, chiarendo quali sono le sue reali competenze e i suoi punti di forza.
Quale sia la forza di Autodafé, ci pare dimostrato dagli attestati di chi ha lavorato con noi (e, di conseguenza, anche quali siano le debolezze). Per questo abbiamo deciso di tornare a valorizzare le nostre migliori professionalità anche in quel lavoro, che ho definito “collaterale ma esterno alla casa editrice”, che offriamo attraverso i servizi editoriali; anzi, se può dissipare equivoci, abituatevi a non pensare ai servizi editoriali come a un prolungamento della casa editrice, ma, al contrario, a pensare a un service indipendente, che offre a tutti alcuni servizi e che, solo in determinate e ben precise circostanze, può rappresentare anche una scorciatoia per il contatto diretto con una casa editrice.


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