Il rapporto sull’informazione online pubblicato da Pew Research Center, segnalato pochi giorni fa, evidenzia come vi siano solo tre fonti [referrals] che generano più del 10% delle visite ai principali siti d’informazione stunitensi: Google [search + news ], Drudge Report e Yahoo (search + news ].
Due di questi, come noto, sono motori di ricerca che offrono anche un servizio di aggregazione delle notizie mentre il terzo è un “aggregatore puro”. L’infografica sottostante, realizzata da PBS News, ne specifica i risultati, per ciascuno dei principali quotidiani esaminati, confrontandoli con quelli di Facebook e Twitter.
Dall’analisi, oltre al ruolo mediocre dei social media ed in particolare di Twitter, almeno per quanto riguarda i volumi di traffico, pare emergere la forza degli aggregatori di notizie come fonte primaria di accesso all’informazione da parte dell’utenza.
Potrebbe essere il segnale di un atteggiamento fondamentalmente passivo da parte delle persone, come segnala Roy Greenslade dal suo blog dedicato ai media che cita una ricerca effettuata da Neil Thurman, Senior Lecturer in the Graduate School of Journalism alla City University London, a supporto della tesi.
There is a great enthusiasm among digital pioneers to offer the readers of news websites the chance to personalise their editorial choices. But readers appear, at present anyway, somewhat underwhelmed by the concept.
Research by a journalism academic, Neil Thurman, shows a disconnect between the growth of personalised news services in Britain and US, and reader response. There is a reluctance among users to customise news websites.
Meanwhile, passive news personalisation ― which allows news websites to filter and recommend articles based on user browsing behaviour ― is outstripping active user customisation by a factor of three.
“Curation” e servizio [anche grazie al tracking, in barba ai timori, ai fantasmi, sulla privacy] appaiono essere oggi elementi fondamentali dell’informazione digitale.