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“Agora”

Creato il 25 aprile 2010 da Cinemaleo

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2009: Agora di Alejandro Amenabar

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Presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, ha diviso la critica.

“Un film insolito” (Il Giornale), “Una produzione grandiosa e spettacolare ma poco emozionante” (Variety), “Non c’è sviluppo, non c’è tensione” (El Mundo), “Un film senz’altro riuscito” (La Stampa), “Molto bello, un raro esempio di film spettacolare e speculativo al tempo stesso” (L’Unità), “Il film, malgrado le «inquadrature cosmiche» e le sontuose scenografie, resta confuso, intellettualistico e hollywoodiano insieme” (Il Messaggero).

Alejandro Amenabar (“un talento innato per il cinema”, MyMovies) ci ha ormai da tempo abituato a veri e propri gioielli, giustamente esaltati dalla critica e super premiati dal pubblico (basti pensare a Apri gli occhi, The Others, Mare dentro). Dopo una lunga pausa ritorna dietro la macchina da presa (sua anche la sceneggiatura) con questo Agora che in Spagna ha fatto scalpore e ha trionfato al botteghino e ai Goya (i premi più prestigiosi per la cinematografia iberica).

Nel VII libro della “Storia Ecclesiastica” di Socrate Scolastico (V secolo d.C.) leggiamo: Ipazia, anima della Biblioteca di Alessandria, “era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico”. E’ questa celebre figura, vera e propria martire della libertà di pensiero, la cui uccisione da parte dei Cristiani fu definita dalla storico inglese Edward Gibbon “una macchia indelebile”, la protagonista di Agora: ma il film pur celebrandone l’importanza non vuole essere una pura e semplice biografia. E’ piuttosto un poderoso affresco di un’epoca e di una mentalità di cui poco si parla, un ritratto intenso e profondo delle nostre origini che molti di noi preferiscono non ricordare o ignorare. Una decisa e non diplomatica analisi della religione, della “religione -scrive giustamente Mariuccia Ciotta- come pretesto di sopraffazione, come ora, al servizio del potere”. Ha coraggio da vendere Amenabar: “niente male in tempi in cui definirsi laico, ateo o solo agnostico sembra essere diventata una colpa pubblica e privata” (Boris Sollazzo).

Il film non è esente da difetti: il personaggio principale risulta un po’ monocorde, un certo squilibrio tra la prima parte (molto spettacolare e movimentata) e la seconda (più statica e con meno mordente), qualche lieve caduta nella retorica che si poteva evitare (i cattivi vestiti di nero…), una durata che appare eccessiva… Ma Agora è un lavoro che merita d’essere visto, innanzitutto per le indubbie notevoli qualità esteriori: bellissima ricostruzione, fotografia smagliante, scene di massa ottimamente orchestrate e riprese (la sequenza dell’assalto alla Biblioteca è una delle più belle che il grande schermo ci abbia mostrato negli ultimi tempi), cast diretto mirabilmente… Ma è degno d’attenzione soprattutto per la sua denuncia contro ogni forma di intolleranza e di fanatismo. Non un semplice kolossal, ma un film attualissimo che induce noi occidentali a un profondo esame di coscienza. Un film che suscita salutari polemiche e riflessioni, che non può non scuotere e porci tanti interrogativi sulla nostra storia e sul nostro presente.

Un plauso particolare alla protagonista. Rachel Weisz (premio Oscar per The Constant Gardener) ha personalità e fascino e mostra, ancora una volta, un notevole talento (sebbene alle prese con un personaggio a cui regia e sceneggiatura offrono poche sfaccettature). Di rilievo anche la performance del giovane Max Minghella, intenso e variegato nel ruolo complesso dello schiavo Davus, diviso tra amore e religione.

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