Qualcosa può sempre sfuggire.
Non si può sapere tutto.
Però qualcosa bisogna pur sapere.
Noi parliamo non di “Arte”, ma di “Storia dell’Arte”. “Storia” nel senso che succedono delle cose, che c’è una fila di accadimenti dalle origini fino ai giorni nostri.
In questa catena di fatti, lo storico trova degli anelli più importanti di altri. Così la catena si divide in segmenti pressappoco omogenei.
Romanico – Gotico – Umanesimo – Rinascimento – Manierismo – Barocco eccetera.
Si chiama “periodizzazione”. Metto qui un estratto di un saggio famoso (qui).
Non si può sapere tutto, dicevo. Non si possono padroneggiare perfettamente tutti gli infiniti anelli.
Però gli anelli che cambiano nome ai segmenti della catena credo bisognerebbe conoscerli.
L’anello Giotto, l’anello Masaccio, l’anello Picasso…
Uno di questi anelli si chiama Carracci. Annibale, Ludovico e Agostino, un anello per tre.
Ecco perché mi lascia sbigottito questa attribuzione della casa d’aste ACR di Roma (qui):
MANIERISTA ROMANO Seconda metà del XVI secolo
Marte e Venere
olio su tela, cm 80 x 120
Il dipinto è una copia da Agostino Carracci, dall’affresco nel palazzo del Giardino di Parma, ultima opera dell’artista (1602).
Attingo dalla mia fototeca personale una foto scattata da me:
Già non conoscere e non riconoscere Agostino è una cosa fuori dal mondo.
Ma dire che è una “manierista romano”… non so, non ho parole.
Ma come un manierista romano?
Mi immagino il povero Agostino che cammina per strada a Parma, arriva un tale che gli batte una pacca sulla spalla e gli dice: “Eccolo qua, il nostro manierista romano”.
“Ma allora non hai capito un accidente!”, gli risponderebbe Agostino (se non peggio).
Ecco, credo che sia una risposta che si adatta anche al nostro caso.