Lo rese speciale il suo record di calci di rigore, non ne sbagliò mai uno in tutta la sua carriera, dalle giovanili della Roma al ritiro con la Salernitana, nessun altro giocatore al mondo può vantare questo record, senza dimenticare che ha vinto uno Scudetto e ben tre edizioni della Coppa Italia con la Roma.
Dalle giovanili della Roma parte sua storia con il calcio, vince il titolo primavera ed il passaggio in prima squadra avviene nella stagione 1972-1973. L'esordio avviene il 22 aprile, pochi giorni dopo il suo diciassettesimo compleanno, contro l'Inter a Milano (0-0): il suo primo tecnico sarà Manlio Scopigno.
Nella stagione 1973-1974, alla prima giornata contro il Bologna (2-1), arriva il primo gol con la maglia giallorossa, valido per la vittoria. Nelle prime tre stagioni con i grandi colleziona 23 presenze, poi passa un anno a Vicenza per maturare definitivamente. Al ritorno diventa un punto fermo dei giallorossi. Dal 1976-1977 al 1983-1984 salta pochissime gare e a fine anni settanta diventa il capitano della Roma. Il campionato 1977-1978 è per lui il più prolifico: 10 reti; l'anno dello scudetto invece realizza 7 reti.
L'allenatore Nils Liedholm lo posizionava davanti alla difesa, il ruolo perfetto, per un campione come lui. In totale giocò con la Roma 308 gare (146 da capitano) segnando 66 gol. In undici stagioni giallorosse conquistò anche tre Coppe Italia.
Nel 1984, con l'arrivo di Sven Goran Eriksson sulla panchina, venne venduto. Giocò la sua ultima partita in maglia giallorossa nella finale di Coppa Italia vinta contro il Verona. I tifosi gli dedicarono uno striscione: "Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva".
Militò successivamente nelle file del Milan, disputa tre stagioni segnando, tra l'altro, un gol in un derby.
Nel 1987 il Milan entrò nell'era Sacchi, e Di Bartolomei fu ceduto al Cesena; concluse la sua carriera nel 1990, nelle file della Salernitana, dove contribuì al raggiungimento della promozione in Serie B dopo 23 anni di assenza.
Ed è qui che la storia si fa dura da digerire, ne la Roma ne altre squadre lo chiamano come dirigente o come allenatore, e dopo un'apparizione ai mondiali Italia '90 come commentatore opinionista Rai, lentamente scompare nell'ombra, e inizia a soffrire, lui che tanto era grande in campo finisce nel dimenticatoio.
Morì suicida il 30 maggio 1994 a San Marco (frazione di Castellabate), un paesino della costa cilentana dove viveva. Dopo aver pulito con cura la sua pistola Smith & Wesson calibro 38, si sparò dritto al cuore alle 8:50 del mattino, sul balcone della sua villa. Erano trascorsi dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla Roma contro il Liverpool.
I motivi del suicidio inizialmente ignoti si scoprirono poco dopo, le porte chiuse che il calcio serrava di fronte a lui gli furono fatali, per un carattere fragile fuori dal campo, da condottiero dentro: "mi sento chiuso in un buco", scrisse nel biglietto trovato strappato poco dopo la sua morte.
Per chi ha avuto l'onore di vederlo giocare scenderà magari una lacrima, per chi è un amante del calcio il profondo rispetto per un campione, per un romanista romantico non si può che chiudere col coro "...oh Agostino, oh Ago-ago-ago-agostino Gol...!!".
di Cristian Amadei