Scrivere un romanzo, come rivela Umberto Eco nelle Postille a Il nome della rosa, è sicuramente un fatto cosmologico. Nel caso specifico del 'sottogenere' feuilleton o romanzo d'appendice la dimensione cosmologica, o anche cosmogonica se vogliamo, è davvero possibile intenderla quasi nel senso letterale del termine: si tratta di veri e propri mattoni non di rado misurabili in migliaia di pagine, con storie intricate e rocambolesche, che spaventano solo a vederli.
I misteri di Parigi di Sue, La freccia nera di Stevenson, diverse parti della Comédie Humaine di Balzac, Delitto e castigo di Dostoevskij, La contessa di Salisbury di Dumas padre, Capitan Fracassa di Gautier, lo stesso Le avventure di Pinocchio di Collodi nascono come pubblicazioni a puntate, o in appendice, la cui estensione è in parte spiegabile con la visione cosmologica ma anche con l'esigenza tutta editoriale, di marketing si dirà oggi, di incatenare il lettore alla testata. Quando il numero di lettori, e non la pubblicità, sosteneva ancora i giornali...
Di puntata in puntata i malcapitati lettori appassionati diventavano schiavi dei loro beniamini di carta: si incontreranno ancora Marius e Cosette? Pinocchio si farà imbrogliare dal Gatto e la Volpe? Raskolnikov resisterà ai suoi sensi di colpa? Come oggi sicuramente ci si chiede cosa succederà nella puntata successiva del feuilleton televisivo, dopo che la sigla finale ha lasciato col fiato sospeso gli spettatori. Di certo la motivazione 'economica' di queste narrazioni non è del tutto separabile dalla complessità di trame e visioni del mondo che lavorano dietro le quinte, e perciò in molti casi queste opere hanno superato l'origine transitoria – quelle cioè che non son servite ad avvolgere il pesce due giorni dopo la pubblicazione – e sono diventate e sono ancora delle pietre miliari del nostro patrimonio culturale e letterario.
C'è tanto di artigianale e di particolare in questi romanzi, che vanno dal capolavoro di Dostoevskij al romanzetto rosa di Carolina Invernizio, pensati per tipologie di pubblico abissalmente divergenti, che comprendono opere di genio, che hanno segnato epoche e società, creando il nome per comportamenti come il bovarismo – si, anche Madame Bovary di Flaubert è nata in appendice – oppure hanno solo accompagnato le para-letture di signorine per bene con sogni proibiti e destinati a restare tali, come i romanzi di Liala. Del resto in quest'ultimo caso l'autrice aveva un padrino d'eccezione, grande interprete di gusti, letterari e non, trendsetter, si direbbe oggi, ante litteram e per eccellenza: il vate Gabriele D'Annunzio, lo stesso creatore di numerosi marchi, tra cui anche quello di Novella, oggi 2000, una rivista nata come raccolta di racconti d'amore e non solo, a puntate.
A puntate, dunque, gli autori ammannivano, in appendice ai fatti di cronaca e alle notizie serie, storie di amori e guerre, di famiglie e delle loro fortune, di eventi storici e situazioni sociali, a seconda dei gusti e dei propositi dei vari personaggi – per esempio Balzac notoriamente scriveva a metri, assillato da conti e debiti da saldare –, in genere con lieto fine, spesso con l'obiettivo di creare un affresco molto ampio di ambienti sociali emergenti come la piccola borghesia o i ceti più umili: è il caso del dottore di campagna che sposa l'ambiziosa madame Bovary in Flaubert, della plebe parigina tra carceri, fogne, banlieue e sommosse rivoluzionarie in Hugo, delle aspirazioni più ordinate e contenute degli orfanelli di Dickens, desiderosi di ascendere socialmente ma secondo i buoni costumi e le regole.
Ma accanto a questi intenti a vario titolo 'sociali' si ha anche il romanzetto d'appendice rosa, quello delle varie Invernizio e Liala; e via via, con l'evoluzione dei gusti di lettori dal palato sempre più raffinato, nascono vari sottogeneri, come il romanzo giallo, a partire da Conan Doyle, oppure le riviste specializzate come Weird Tales per l'orrore e la fantascienza, con storie perlopiù brevi ma anche pubblicate in serie o a puntate. Diverse volte capita ancora oggi di ritrovare nei periodici contemporanei storie a puntate, certo molto più brevi dei romanzi ottocenteschi d'appendice, quasi come una rievocazione vintage, soprattutto nei periodi estivi, come se le storie avessero un potere rinfrescante o se fossero adatte a essere lette quando si è in ferie, sotto l'ombrellone.
Si vede che dai tempi di Sue e Dickens molta acqua è passata sotto i ponti: quei periodici, i fogli appunto, che trattavano di argomenti di critica sociale e politica, o che volevano semplicemente catturare il lettore con le storie in appendice, oggi usano gadget e collane di libri di ogni genere e contenuto, e sono stati ampiamente superati da altri canali di informazione, oltre che da spazi pubblicitari e dalla raffinate analisi di marketing. Certo, diverse di quelle opere sono diventate dei capolavori, giustamente, e oggi continuano a vivere la loro gloria solenne tra copertine lussuose o cartonate, titanici nelle dimensioni e nel numero di pagine. Ma non manca forse quel senso di attesa partecipe, nel sapere che in edicola ti aspetta un'avventura dell'eroe/eroina di turno?