L’affannosa ricerca di qualcosa con cui gettare ombra sui neo parlamentari grillini, dopo una vittoria elettorale che secondo l’immortale costume italico già suscita sia il servo encomio che il codardo oltraggio, alla fine si è condensato sulla senatrice Roberta Lombardi, colpevole di aver difeso certe ambiguità di Grillo con Casa Pound, attraverso una rivalutazione del programma originario del fascismo che sarebbe stato, secondo la neo eletta, di stampo socialista (ma forse si potrebbe vedere sotto questo aspetto anche la Costituzione di Fiume, stilata da D’Annunzio).
Debbo dire che l’antifascismo automatico e rituale mi interessa assai poco, anzi lo considero una delle ragioni per il quale questo Paese non è mai stato in grado di fare i conti con se stesso e per il quale non è mai riuscito a curare i suoi mali oscuri. Non è certo per questo che sono rimasto sorpreso o infastidito dal discorso della Lombardi, ma per altre due ragioni che forse possono descrivere in maniera più generale il crinale storico nel quale si trovano i neo eletti del 5 stelle. Il primo è il sorprendente sentore di vecchio politichese che viene da una difesa delle “aperture” vere o presunte di Grillo su Casa Pound con argomenti del tutto strumentali e privi di sostanza: che caspita c’entra il programma iniziale del fascismo del 1919 con questi tardi epigoni di una tragedia immane i quali sono semmai la testimonianza vivente di un tradimento totale delle intenzioni iniziali? Cosa c’entrano il razzismo, il negazionismo, il tradizionalismo familistico e il ricorso alla violenza con quel lontano documento che oltretutto si prefiggeva, grazie a fondi francesi e inglesi di combattere il socialismo in Italia? Se poi aggiungiamo che Casa Pound è uno dei più evidenti e miserabili esempi di finanziamento pubblico della politica, grazie alle regalie di soldi e beni pubblici di Alemanno e Polverini, forse era meglio glissare piuttosto che utilizzare argomenti impropri e degni di un qualche vecchio marpione azzeccagarbugli. Anche per non dare l’impressione che una volta arrivati su una poltrona si diventi automaticamente “onorevoli” .
La seconda ragione è che accanto a questa stranissima sindrome politichese c’è però anche un’ingenuità profonda. La signora Lombardi infatti in un successivo intervento sul suo blog, oltre a parlare di strumentalizzazione ed estrapolazione dal contesto, negli stessi modi che sentiamo da decenni, spiega che lei non è affatto filofascista: “Mi riferivo, facendo una analisi, al primo programma del 1919, basato su voto alle donne, elezioni e altre riforme sociali che sembravano prettamente socialiste rivoluzionarie e non certamente il preludio di una futura dittatura Tutte proposte che poi Mussolini smentì già dall’anno seguente, in quello che fu un continuo delirio di contraddizioni. La caratteristica del fascismo fu infatti quella di cambiare sempre le carte in tavola, con l’unica costante che al centro del potere rimanevano sempre Mussolini ed il suo partito unico”.
Bisogna dire che chiamare tutto questo analisi storica è francamente un po’ azzardato, un po’ come fare due rampe di scale e dire che si è scalato il K2, perché a saperne un po’ di più, mi sarei ben guardato, nei panni della neo senatrice, dal tirare in ballo quel programma detto di San Sepolcro dalla piazza nella quale nacque il fascismo. Intanto perché esso l’anno dopo fu fatto in mille pezzi dimostrando di essere stato costruito per acchiappare voti socialisti da spendere in nome dell’alta borghesia, ma perché esso nasceva dentro un movimento che si proponeva di essere ”un’associazione di tipo nuovo, l’antipartito, formato da spiriti liberi di militanti politici che rifiutavano i vincoli dottrinari e organizzativi di un partito”. Sappiamo poi com’è finita.
Intendiamoci, nemmeno per un momento credo che la signora Lombardi sia filofascista, ma insomma avrei tralasciato di evocare qualcosa che ricorda molto da vicino parole e buone intenzioni che, mutatis mutandis, sentiamo ancora oggi. Non la chiamerei astuzia, tanto, grazie anche all’antifascismo di maniera, pochi si ricordano queste cose o le hanno mai sapute: la chiamerei consapevolezza della fragilità dei fini, la coscienza di come basti assai poco perché propositi e obiettivi possano mutarsi nel loro contrario. Ecco perché fossi nei neo eletti del 5 stelle cercherei di invertire i fattori, di essere più ingenui e spontanei nelle modalità di dibattito, senza scimmiottare il vecchio, ma molto, molto più accorti sulla sua sostanza.