Un quasar ha l'aspetto di una stella ( quasi-stellar radio source, una vecchia denominazione che indica una sorgente radio quasi stellare) ma la sua natura è ben diversa. Si tratta infatti di una galassia il cui nucleo emette una grandissima quantità di radiazione su parte o su tutto lo spettro elettromagnetico. Contrariamente alle normali galassie, la luminosità del nucleo supera enormemente quella delle altre sue parti e quindi, vista da una certa distanza, ci appare puntiforme come una stella.
Innanzitutto diciamo che APM 08279+5255 non è visibile ad occhio nudo, e nemmeno visualmente con l'ausilio di un telescopio di categoria amatoriale. Per fare un paragone con un oggetto noto, è circa 3 volte meno luminoso del pianeta nano Plutone nel momento in cui si trova alla minima distanza dalla Terra.
Anche se si tratta di soggetto abbastanza facile per una ripresa fotografica a lunga esposizione, lo è decisamente meno per una osservazione spettroscopica, mezzo di indagine necessario per comprenderne la natura. Con lo spettrografo infatti la luce di una stella non si concentra in un'area quasi puntiforme del sensore come accade nella fotografia classica; invece, i fotoni catturati vengono separati in base alla lunghezza d'onda (cioè il colore nella zone del visibile) e la luce distribuita in una "striscia" sottile ed ampia quanto il sensore. Questa dispersione ne abbassa notevolmente il rapporto segnale/rumore, rendendo lo spettro di difficile interpretazione. Lo spettro del quasar APM 08279+5255, preso con la strumentazione amatoriale, presenta di conseguenza un certo rumore; ciò nonostante molte delle sue caratteristiche peculiari sono chiaramente apprezzabili.
L'osservazione spettroscopica di un soggetto così debole necessita di una serata propizia. E' vitale l'assenza del bagliore lunare che interferirebbe con il flebile spettro. Altra condizione molto importante è un basso livello di turbolenza atmosferica; in caso contrario l'immagine del soggetto si espande e molta della sua luce viene bloccata dalla fenditura (cioè non concorre alla formazione dello spettro).
La serata del 19 dicembre 2014 aveva le carte in regola per tentare l'osservazione!
La seguente immagine mostra il campo stellare che circonda il quasar sul quale è proiettata la fenditura. Per tenere accuratamente in fenditura il soggetto, durante l'integrazione si utilizza una stella, sufficientemente luminosa, presente nel campo (indicata con "guide star"). Una camera CCD ausiliaria controlla la sua posizione rispetto ad un punto prescelto del sensore e, in caso di scostamento, impartisce alla montatura del telescopio i comandi micrometrici necessari a riportarla nel punto di guida. Questo controllo è del tutto automatico ed è fondamentale per evitare che il soggetto esca dalla fenditura mentre si registra lo spettro.
Il profilo spettrale del quasar dopo una integrazione di circa tre ore:
Prima di passare alla sua interpretazione è necessario fare un premessa. Gli spettri hanno la particolarità di cambiare lunghezza d'onda a seconda se il soggetto è fermo oppure si muove rispetto all'osservatore. Più precisamente, la lunghezza d'onda diminuisce se la sorgente si avvicina e aumenta se si allontana. C'è proporzionalità tra velocità e spostamento dello spettro, quindi è possibile ricavare la velocità relativa sulla base dello spostamento osservato. Per le onde elettromagnetiche il fenomeno è noto come " Effetto Doppler-Fizeau".
Prendiamo come riferimento la riga spettrale h-alfa dell'idrogeno (un "pilastro" dell'astrofisica) che si osserva in laboratorio, ovvero in quiete, alla lunghezza d'onda di 6562.8 Angstrom (abbreviata in seguito Å) e facciamo qualche esempio pratico per capire l'ordine di grandezza degli spostamenti.
Se un pianeta extrasolare massiccio fa orbitare il suo sole attorno al centro di massa con una velocità di 0.2 Km/s, lo spostamento della riga nello spettro stellare è davvero esiguo: 0.0044 Å; oggi si scoprono una moltitudine di pianeti extrasolari grazie a sensibilissimi spettrografi capaci di apprezzare velocità radiali con una precisione di +/- 2 m/s.
Una velocità di circa 30 Km/s come quella del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole provoca uno spostamento di circa 0.7 Å, mentre 180 Km/s è una velocità compatibile con quella delle stelle che orbitano attorno al centro di massa in un sistema binario. A questa velocità è associato uno spostamento di 4 Å. Merita di essere menzionato che la natura di moltissimi sistemi binari è stata rivelata grazie alla spettroscopia osservando lo spostamento periodico delle righe spettrali.
Le velocità viste finora sono davvero piccole se confrontate con quelle che caratterizzano il movimento di allontanamento delle galassie molto distanti rispetto al nostro Sole. Se misuriamo la posizione della riga h-alfa nello spettro della galassia NGC4151, visibile nella costellazione della Lince, la troveremo sui 6584.6 Å, ovvero spostata di ben 21.8 Å verso il rosso. A questo spostamento è associata una velocità di recessione di circa 995 Km/s.
In astrofisica, lo spostamento dello spettro verso il rosso, dovuto alla velocità di recessione delle galassie, è denominato "redshift" ed è rappresentato dalla lettera "z", una quantità adimensionale calcolata con la formula:
Per la galassia NGC4151 z = (6584.6-6562.8) / 6562.8 = 0.033
Nello spettro di un'altra galassia attiva, anni fa catalogata come quasar (B3 0754+394), la riga dell'idrogeno è posizionata per effetto Doppler sui 7193 A, cioè spostata di ben 630 Å verso il rosso. La velocità di recessione sarebbe di 28780 Km/s, cominciamo a parlare di frazioni consistenti della velocità della luce. Abbiamo avuto modo di registrare lo spettro di B3 0754+394, sempre con strumentazione amatoriale. Nello schema seguente è messo a confronto con lo spettro di una stella, considerabile ferma rispetto a noi, che presenta le stesse righe dell'idrogeno (in assorbimento, nella galassia sono invece in emissione). E' evidenzato il notevole redshift risultante dalla velocità di allontanamento che vale: z = 0.0960:
Torniamo ora al quasar APM 08279+5255.
La sua velocità di recessione è così alta che la nostra riga di riferimento (h-alfa) si è portata completamente al di fuori dallo spettro ed è talmente spostata verso il rosso da trovarsi nella banda MWIR dell'infrarosso intorno ai 3.2 micron (32000 Å), quindi fuori dalla portata di una strumentazione amatoriale, capace di registrare solo parte dell'infrarosso vicino.
In uno schema analogo al precedente, ho evidenziato due importanti caratteristiche visibili nello spettro del quasar, le righe di emissione dell'azoto N V e del carbonio C IV.
La particolarità risiede nel fatto che queste righe, in stato di quiete, si trovano nella regione ultravioletta sui 1240 Å e 1549 Å rispettivamente (si tratta di lunghezze d'onda la cui luce è completamente bloccata dalla nostra atmosfera e sono osservabili solo con i telescopi in orbita attorno alla Terra). Per l'effetto Doppler, le righe aumentano di lunghezza d'onda tanto da entrare nella "finestra" del visibile (la zona con lo spettro colorato dal violetto al rosso). Il redshift è enorme, la riga del N V appare nello spettro sui 6040 Å, da cui z = (6040-1240) / 1240 = 3.87.
Di nuovo il profilo spettrale osservato di APM 08279+5255, stavolta con l'identificazione degli elementi responsabili delle righe:
Le due transizioni dell'azoto e del carbonio viste in precedenza non sono le uniche caratteristiche registrate. Tra l'altro il profilo osservato sembra essere una sovrapposizione di più spettri. Infatti, non tutte le righe (in assorbimento o in emissione) presentano lo stesso redshift. Per la riga di assorbimento allargata Lyman-alfa appena sotto i 5000 Å possiamo stimare un redshift z = 3.07. L'assorbimento dovuto al magnesio Mg II adiacente alla riga dell'azoto si presenta ad una lunghezza d'onda che permette di calcolare un redshift z = 1.18.
Ciò significa che diverse righe spettrali non sono operate dalla materia del quasar ma si originano in zone esterne. Probabilmente si tratta di addensamenti di materia posti tra noi e il quasar, caratterizzati da una velocità di recessione minore. Ciò che vediamo da Terra è in effetti abbastanza complesso. Gli astronomi ipotizzano anche l'effetto di una "lente gravitazionale" generata da una galassia o un gruppo di galassie poste lungo la linea di vista.
In ambito cosmologico la legge di Hubble, formulata nel 1929, afferma che esiste una relazione lineare tra il redshift osservato e la distanza delle galassie:
Dove D è la distanza espressa in megaparsec (Mpc), c la velocità della luce (in Km/s) e H 0 la costante di Hubble, un valore soggetto a continue revisioni alla luce delle nuove scoperte e che oggi vale circa 70 Km/s/Mpc.
Sarebbe quindi possibile stimare, con un certo errore, la distanza di APM 08279+5255. A complicare le cose ci sarebbero però alcuni fattori che riguardano l'espansione cosmologica.
Per le varie implicazioni in ambito astrofisico e cosmologico e, in definitiva, per capire meglio l'esotico oggetto che abbiamo osservato, rimando al lavoro del bravissimo Marco Di Lorenzo: "Lo spostamento verso il rosso"
Nel 1915 Einstein completò le leggi della relatività generale, segnando una svolta nella concezione dello spazio e del tempo. Si apriva così la nuova frontiera degli studi sul misterioso fenomeno astronomico dei buchi neri. In questo volume, Kip Thorne racconta le scoperte e le false piste della ricerca sull'argomento, esamina le conseguenze della teoria dello spazio curvo e le possibilità offerte dalla fisica dei quanti.. Leggi tutto: " Buchi neri e salti temporali. L'eredità di Einstein
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