Al cinema con Hunter: Big Fish – Le storie di una vita incredibile (2003)

Creato il 27 dicembre 2013 da Exnovomen

So che da qualche tempo va di moda dire che Tim Burton è sopravvalutato. È anche vero che Alice in Wonderland non è un film molto riuscito così come altri saccagnati dalla critica, poi si aggiunga che viene spesso osannato da fan club privi di capacità critica, la maggior parte composti da sociopatici e ragazzine con Jack Skeletron tatuato sulla scapola. Insomma, si capisce perché è un regista che sta un po’ antipatico, ma non per questo possiamo dimenticare che ha girato dei veri capolavori – a dire che Edward mani di forbice è sopravvalutato si eccede all’estremo opposto – e, in ogni caso, è uno dei registi più influenti degli anni ’90.

Uno dei suoi film a cui sono più affezionato è Big Fish, un film perfetto: commovente e divertente, a tratti drammatico, ma mai pesante, maturo e fiabesco… Potrei continuare per ore a elencare caratteristiche opposte di questa pellicola perché il concetto base è proprio il dualismo perenne, a volte più marcato e a volte quasi impercettibile, che la vita ci sbatte davanti continuamente.

La trama, come avreste potuto intuire, sono in realtà due che si intrecciano senza sbavature: la prima è la fantastica storia di Edward Bloom, un giovane americano nato negli stati del sud che inseguendo i sogni, l’amore e la propria traboccante voglia di vivere viaggia per posti magici, incontrando persone fantastiche, compiendo imprese eccezionali. La seconda è la realistica storia di William Bloom, figlio di un ormai anziano e malato Edward, che cerca di scoprire chi è veramente il padre. La storia di Edward, infatti, è narrata attraverso i suoi stessi aneddoti, quelli che anche noi amiamo raccontare esagerando i particolari per colpire l’ascoltatore, come quando raccontiamo di una gita in montagna e sembra che abbiamo scalato il K2. Edward è proprio chi le racconta sempre enormi e non si capisce che cosa c’è di vero in quello che dice, William d’altro canto è stanco di sentire le assurdità del padre e vorrebbe che per una volta fosse sincero, perché ha paura di non averlo mai conosciuto.

Durante la visione noi veniamo però trasportati in un mondo unico fino a non accorgerci più dove finisce la fantasia di Ed e la cruda realtà di Will, amiamo i personaggi di una realtà e dell’altra capendo che in fondo sono gli stessi sia nella realtà che nella fantasia. In un modo nuovo e colorato siamo messi di fronte a uno dei più antichi dilemmi dell’uomo, che cos’è la realtà e che cos’è il sogno? E ancora: siamo ciò che siamo o ciò che diciamo di essere? Ma non abbiate paura, non siete di fronte a un film psicologico e pesante, questa filosofia naïve vi verrà fuori in modo naturale e indolore che né vi annoierà, né vi farà perdere il sonno. E se proprio non volete vedere il lato filosofico di Big Fish non rimarrete comunque delusi perché gli attori calzano a pennello nelle loro parti (Ewan McGregor, Steve Buscemi e Helena Bonham Carter eccezionali), la fotografia è al meglio di Burton, le musiche sono cucite addosso e il tutto scorre liscio senza intoppi. Vi farà passare piacevolmente un paio d’ore pensando che forse Tim Burton non è poi così sopravvalutato.

Hunter Reed (Fabio Rossato)


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