Al cinema: recensione "The Impossible"

Creato il 04 febbraio 2013 da Giuseppe Armellini
Era da 4 anni e 2 mesi che aspettavo l'opera seconda di Bayona.
Sì, perchè la sua prima, The Orphanage, senza girarci tanto intorno è con distacco il più bel horror che abbia visto negli ultimi 5 anni. Un film così completo e complesso, capace di vestire da film del terrore una tremenda e delicatissima vicenda famigliare, un'emozione continua dall'inizio alla fine, uno script fantastico e almeno un'interpretazione, quella della Rueda, che resta impressa. Come tutti i talentuosi registi di genere europei, vedi Aja, Laugier, Amenabar, anche Bayona ci ha messo un attimo a ricevere la chiamata da Hollywood. Impossibile dir di no, non va biasimato per questo, quella collina rappresenta comunque la Serie A del cinema per uno che ci lavora, inutile negarlo.
Aspettavo Bayona da 4 anni e Bayona nel frattempo è arrivato ad Hollywood.
Ma, ahimè, ne ha preso tutti i difetti.
Buffo constatare come i due film del regista spagnolo, apparentemente diversissimi uno dall'altro, in realtà per alcuni aspetti sono quasi un copia-incolla. Ancora una volta quello che interessa al cineasta spagnolo è il dramma famigliare, là inserito in una cornice horror, qui in quella di un disaster movie (di basi tremendamente reali e storiche però). Tutti e due i film raccontano una ricerca piena di disperazione, forza e speranza; in The Orphanage quella di una madre del proprio figlio, in The Impossible di un'intera famiglia spazzata via dal famoso tsunami del 2004. In entrambi i casi l'evidenza porterebbe a non aver speranze ma, a volte, the impossible, appunto, succede.
E forse sta proprio lì il problema del film, lo scontato lieto fine. Tutto lo script è proiettato al momento in cui i due nuclei familiari si uniranno di nuovo, lo spettatore è portato lentamente per mano a un'emozione talmente prevedibile, telefonata e caricata da arrivarci parecchio infreddolito a mio avviso. E'vero, il film non fa altro che raccontare un fatto realmente accaduto ma ci sarebbero stati modi molto migliori per farlo, ad esempio usando un taglio più europeo senza la classica colonna sonora emotiva americana ad accompagnare troppe scene madri o non costellando la pellicola di decine di momenti troppo marcati nel tentativo di facile commozione.
In realtà il film vale, lo tsunami è riportato in modo meraviglioso specie nel momento appena prima dell'arrivo dell'acqua (quel vento, quell'aria così ferma) o in quello in cui il primogenito si tuffa sotto per evitarlo. La devastazione è mostrata in tutto il suo terribile splendore, per almeno un quarto d'ora si rimane davvero a bocca aperta. Non mi rendo conto quanti milioni d'euro possano essere finiti in riprese di tale bellezza. E altrettanto bello è il momento in cui gli abitanti del luogo curano lei, quella vecchia che l'accarezza mi ha dato un brivido. Tra gli innumerevoli "incontri" il più toccante è quello tra i fratelli, quelle urla, quella gioia così primitiva e genuina (non la stessa che può provare un genitore) devo dire che ha fatto alla grande il suo effetto. Ottima, come sempre, la Watts, bravissimo il ragazzino nelle vesti, forse troppo esagerate, di eroe dall'inizio alla fine. Inutile e quasi inconcepibile, a differenza che in El Orfanato, il cameo della Chaplin.
Una pellicola di pregevole fattura, non me la sento di bocciare il mio (ex) idolo Bayona. Ma a me un film per emozionare deve sorprendermi, deve arrivarmi al cuore in maniera inaspettata e genuina, Molte volte rimango fregato, non riesco a vedere i film con la giusta obbiettività. Ci sono riuscito proprio con questo che aspettavo così tanto.
Alla prossima Juan Antonio.
( voto 6,5 )

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