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Al Fedele Lettore: da Il Bazar dei Brutti Sogni di Stephen King

Creato il 10 marzo 2016 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

Il bazar dei brutti sogni, ultima raccolta di racconti di Stephen King, sta per uscire anche in Italia (data annunciata il 22 marzo), ma poiché c’è sempre un amico tentatore e io sono impaziente di natura, non ho saputo aspettare e ho iniziato a leggerlo in inglese.

Peccatucci a parte, però, non sono egoista e, anche se i miei sono un minimiliardesimo di quelli del Re, pure io ho dei Fedeli Lettori. E pensando a quei pochi affezionati ho deciso di condividere con loro l’introduzione che ho letto ieri sera. L’ho tradotta, ovviamente, non perché non mi fidi del vostro inglese (fluentissimo di certo), ma per mettere alla prova il mio. E per ragionare su racconti e romanzi e narrativa breve o lunga.

Insomma, buona lettura. Tenete presente che non c’è nulla di pericoloso in quello che scrivo, niente trappole, niente denti. Almeno in quello che scrivo IO.

*** *** ***

Ho preparato alcune cose per te, Fedele Lettore, esposte qui davanti ai tuoi occhi al lume di luna. Ma prima che tu dia un occhiata alle piccole rarità artigianali che ho da vendere, parliamone un poco, cosa dici? Non ci vorrà molto. Dai, siediti qui accanto a me.
Un po’ più vicino.
Non mordo.
O insomma…ci conosciamo da un bel pezzo, e immagino che tu sappia che non è del tutto vero.

I

Sarai sorpreso -almeno penso- di sapere quante persone mi chiedono perché scrivo ancora racconti. La ragione è abbastanza semplice: scriverli mi rende felice, perché sono fatto per intrattenere la gente. Non so suonare bene la chitarra, non ballo per niente il tip-tap, ma so intrattenere. Quindi lo faccio.
Sono un romanziere per natura, te lo garantisco, e mi piacciono particolarmente i romanzi lunghi che creano un’esperienza immersiva nello scrittore come nel lettore, quelli in cui la finzione ha la possibilità di trasformarsi in un mondo quasi reale. In un libro lungo lo scrittore e il lettore non hanno solo una relazione: sono sposati. quando ricevo una lettera da un lettore o una lettrice che dice quanto è dispiaciuto di aver finito The Stand (L’ombra dello Scorpione, NdT) o 22/11/’63, sento che quel libro è stato un successo.
Ma devo dire qualcosa anche in favore di esperienze più brevi ed intense. Possono essere tonificanti, talvolta anche sconcertanti, come un valzer con uno sconosciuto che non si rivedrà mai più, o un bacio al buio, o un oggetto strano e bello in vendita su una coperta da quattro soldi in un bazar all’aperto.
E lo ammetto: quando riunisco le mie storie mi sento sempre come un venditore ambulante, di quelli che vendono solo a mezzanotte. Espongo la merce, e invito il lettore -cioè te- a venire a scegliere. Ma aggiungo sempre il giusto caveat: attento, caro mio, alcuni di questi articoli sono pericolosi. Ci sono quelli che nascondono brutti sogni, quelli a cui non riesci a smettere di pensare quando il sonno non arriva e ti chiedi perché la porta del ripostiglio è aperta, quando sai benissimo di averla chiusa.

II

Se dicessi che mi piace sempre la ferrea disciplina imposta dalle storie brevi, mentirei. I racconti richiedono una sorta di abilità acrobatica che implica molte pratiche fastidiose. La lettura agevole è il prodotto di un duro lavoro di scrittura, dicono alcuni insegnanti, ed è vero. Errori su cui passeresti senza problemi in un romanzo diventerebbero eclatanti in un racconto; è necessaria la più stretta disciplina. Lo scrittore deve tenere a freno il suo impulso di seguire alcuni deliziosi vialetti laterali e restare sulla strada principale.
Non mi sono mai sentito così limitato come quando scrivo storie brevi. Ho lottato con sentimenti di inadeguatezza, con la paura profonda di non riuscire a colmare la distanza tra una buona idea e la realizzazione del suo potenziale. Il che equivale, detto papale papale, al fatto che il prodotto finito non sembra mai buono come la splendida idea nata un giorno dal subconscio, insieme al pensiero entusiasta Oddio, devo scrivere questa cosa subito!
Tuttavia a volte il risultato è abbastanza buono. E, di tanto in tanto, è persino migliore dell’idea originale. Adoro quando succede. La sfida vera è riuscire a ficcarcisi dentro, e credo che questo sia il motivo per cui molti aspiranti scrittori con ottime idee non prendono mai in mano la penna o iniziano a pigiare sulla tastiera. Troppo spesso è come cercare di far partire una macchina quando fa freddo. All’inizio il motore non si avvia proprio, grugnisce e basta. Ma se si persevera (e se la batteria non molla), il motore si avvia…prima scoppietta irregolare…e poi fila liscio.
Alcune di queste storie sono nate da un lampo di ispirazione (Summer Thunder è una) e sono state scritte di getto, anche se questo significava interrompere il lavoro su un romanzo. Altre, come Mile 81, hanno aspettato pazientemente che arrivasse il loro turno per decine di anni. Eppure la precisa messa a fuoco necessaria per scrivere un racconto è sempre la stessa. Scrivere romanzi è un po’ come giocare a baseball: il gioco dura quanto serve, fosse anche per venti inning. Scrivere racconti è più come giocare a pallacanestro o a calcio: sei in gara non solo contro l’altra squadra, ma anche contro il tempo.
Quando accade di scrivere un’opera di narrativa, lunga o breve che sia, la parabola dell’apprendimento è senza fine. Posso essere uno Scrittore Professionista per l’Agenzia delle Entrate, ma in termini di creatività sono ancora un dilettante, un apprendista. Lo siamo tutti. Ogni giorno passato a scrivere è un’esperienza di apprendimento, e una battaglia per produrre qualcosa di nuovo. Dettare una storia al telefono come un reporter non è concesso. Non si potrà forse accrescere il proprio talento -quello fa parte del pacchetto iniziale- ma è possibile evitare che il talento si restringa. O almeno, questo è quello che preferisco pensare.
E poi è qualcosa che mi piace ancora!

III


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