Intervista a Faysal Jallul, analista politico e scrittore libanese, sul ruolo del network nelle rivoluzioni arabe
“Al Jazeera? Un luogo dove si incontrano gli interessi dei Fratelli musulmani e quelli degli statunitensi”. Cosi l’analista politico e scrittore libanese Faysal Jallul definisce il ruolo giocato in queste rivoluzioni arabe dall’emittente satellitare qatariota al Jazeera in un’intervista a PeaceReporter. Autore di diversi libri sul mondo arabo, Jallul ci offre anche il punto della situazione delle rivolte nel mondo arabo.
“In Arabia Saudita non ci sara’ nessuna rivoluzione perche’ non c’e’ al Jazira”. E’ questo un annedoto che in questi giorni circola tra le strade di Beirut. Come giudica il ruolo del canale qatariota in queste rivoluzioni?
Certo, l’annedoto rispecchia quella che e’ una realta’. Al Jazeera ha certamente giocato un ruolo fondamentale nelle rivoluzioni della Tunisia, Egitto, Siria e Yemen. Al Jazeera io la definisco il posto dove si incontrano gli interessi dei fratelli musulmani e degli Stati Uniti cosi come nello stesso Qatar del resto un paese sotto influenza statutinense e del salafismo islamico. Tutto fa pensare che le due parti siano d’accordo. Certo il Qatar, questo piccolo paese, non potra’ mai avere il ruolo di leadership nel mondo arabo .
Eppure al Jazeera era il canale che trasmetteva in tutto il mondo i crimini israeliani nella guerra di luglio 2006 sul Libano e nella Guerra in Gaza nel Dicembre 2008?
Certo ci trovavamo allora in una fase preparatoria di quello che era il progetto saudita-statunitense con al Jazeera. All’inizio la sua rivoluzione e’ stata quella di ospitare in studio, in una televisione araba, ospiti israeliani ed intervistarli assieme a quelli arabi. Poi piano piano al Jazeera ha cominciato a criticare i vari regimi arabi eccetto l’Arabia Saudita e i paesi del golfo che sono sotto la manna saudita. Si puo’ semplificare dicendo che la Jazeera di allora era quella dove c’erano persone come Ghassan Ben Jeddo, quella di adesso e’ un al Jazeera dove gli ospiti pro-Usa occupano sempre piu’ spazio nei loro programmi.
Nell’ultimo suo libro dedicato allo Yemen lei fa un ritratto socio-politico di questo paese. Quali sono le condizioni del regime di Ali Abdallah Saleh oggi dopo l’attentanto nel suo palazzo presidenziale il 3 giugno scorso?
Il Presidente yemenita e’ ancora in condizioni molto gravi ma non critiche ma il suo ritorno in patria e’ ancora lontanto. Il regime non cadra’ anche perche’ ha il sostegno statunitense che vede in Saleh un attore importante nella lotta contro il terrorismo di al Qaeda. Certo e’ che le richieste delle persone sono legittime in un paese che resta comunque molto povero e dove la presenza dello Stato e’ scarsa.
Cosa chiede l’opposizione yemenita oggi?
L’opposizione yemenita e’ composta da tre correnti politiche tra i quali quelli dei Fratelli musulmani. La loro richiesta e’ quella di uno stato civile ma non hanno un vero programma politico ne’ riforme economiche per salvare le condizioni di un paese dove la maggior parte della popolazione e’ povera.
Non sembrano placarsi invece le proteste in Siria, quale sara’ il futuro per il regime di Assad?
Non credo che il regime di Assad cada anche’ perche la situazione economica e sociale siriana e’ diversa da quella tunisina e egiziana, quello che manca in Siria certo e’ una liberta’ di espressione e politica. Io penso che Assad non sia molto furbo perche’ potrebbe utilizzare degli argomenti poiltici per difendersi invece di utilizzare la propaganda della cospirazione. La Siria e’ l’unico paese del mondo arabo che non ha debito pubblico, e’ il terzo paese piu’ sicuro al mondo e ha un’economia indipendente. Il suo sbaglio e’ quello di preferire le armi al diaologo politico. Il regime di Assad e’ indispensabile per la stabilita’ dell’Iraq ed un incrocio tra l’Iran Hezbollah Hamas e Israele e’ per questo che ne’ gli Usa ne’l'Europa appoggiano un’ eventuale caduta di Assad.
La Turchia si erano molto riavvicinata al regime di Assad. Adesso sta gocando un dopo gioco anche con la questione dei profughi siriani, la sua posizione non e’ chiara e il suo sostegno debole. Come spiega questa attitudine?
La Turchia e’membro della Nato e si sa che I fratelli musulmani turchi non inquietano ne’ gli Statunitensi ne’ l’Alleanza Atlantica. Ci sono degli analisti che dicono che I fratelli musulmani sono arrivati ad un accordo con gli Stati uniti e le potenze occidentali per far cadere I regimi autoritari. I nuovi regimi sarebbero composti dai Fratelli musulmani. La Turchia anche gioca questa carta. Hanno chiesto al regime siriano di dialogare e di negoziare con gli islamisti per integrarli al gioco politico ma il presidente Assad ha rifiutato categoricamente.
scritto per noi da
Erminia Calabrese