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Quando ero piccina avrei voluto avere i tuoi occhi verdi, invece ce li avevo nocciola, nocciola come quelli di tanti altri. I miei occhi non mi sembravano bellissimi come i tuoi.Quando ero piccina ero innamorata di te, del tuo modo di tenermi in braccio quando guardavamo il Milan. Ero felice di vederti felice quando spacchettavo le figurine dell'album dei calciatori e le attaccavo tutte storte. Ero felice quando mi intrufolavo nel lettone e, mentre la mamma dormiva, tu mi raccontavi quelle tue favole strane, che qualcuno ti aveva raccontato quando eri piccino anche tu, quelle tue favole strane che nei miei libroni pieni di disegni non trovavo mai. Io ero sempre lì nel lettone, quando stavo bene e quando avevo la febbre, e tu sempre lì, alla mia sinistra a recitarmi qualche poesia che avevi imparato a scuola, tanto tempo prima. Mi ricordo ancora una poesia che poi nessuna professoressa mi ha mai insegnato, quella che fa È fosco l'aere,/ il cielo e' muto,/ ed io sul tacito veron seduto,/ in solitaria malinconia/ ti guardo e lagrimo,/ Venezia mia!. Era lunghissima, ma alla fine l'avevo imparata tutta e la recitavo sempre, insieme a te, mentre la mamma dormiva.Quando ero piccina sarei stata sempre con te a cercare i funghi, perché tu non mi strapazzavi mai.Un giorno imprecisato di una decina di anni fa però sono cresciuta. All'improvviso ho smesso di essere innamorata di te, all'improvviso ho messo una pietra sopra sul calcio e sugli album dei calciatori, ho smesso di vedere Rambo con te e avrei fatto volentieri a meno anche di venire a cercare i funghi. Non venivo più nel lettone tutte le sere e il mio cuore si era riempito di un paio di occhi azzurri che mi sembravano più belli dei tuoi. Della cavallina storna o di Venezia che sventolava bandiera bianca non me ne importava più niente. Così, di colpo. Di colpo ho smesso di raccontarti davvero di me, di colpo tu hai smesso di chiedermi. Volevo fare tutto quello che facevano gli altri, ma tu e la mamma niente, mi riempivate di no. Niente uscite di sera ché è pericoloso, niente dormite a casa di un'amica ché poi chissà se sei davvero da un'amica, niente scarpe supercostosissime, niente pallavolo ché non abbiamo tempo per accompagnarti ogni volta. La mia adolescenza l'ho vissuta così male che se ci penso mi viene da piangere ancora. Ancora vorrei tornare indietro e lottare di più per uscire con un po' di trucco, come le altre. Ancora vorrei tornare indietro e lottare per andare al cinema con quel paio di occhi azzurri. Ancora vorrei tornare indietro e dirti che tu non mi hai capita mai.È successo in un giorno imprecisato di una manciata di anni fa. Ho guardato dentro agli occhi di un uomo e ci ho visto lo sguardo che avrei voluto avessi tu. Ho ascoltato le sue parole come fossero oro colato, avrei pagato per sentirle uscire dalla tua bocca, mica sempre, solo ogni tanto. Avrei pagato per sentirmi chiedere che cosa volevo fare da grande. Avrei pagato per sentirti dire che saresti volentieri venuto con me a vedere matematica, che saresti stato felice se fossi andata allo sbaraglio qualche mese a Londra. Ma tu niente. Non mi hai più abbracciato e non mi hai mai detto brava, anche se poi lo so che sei sempre stato orgoglioso di me. È successo in un giorno imprecisato di una manciata di anni fa che ho deciso che non saresti stato più tu il mio esempio, ma un altro uomo, un uomo che anche se non aveva alcun legame di sangue con me mi capiva, o almeno ci provava, a capirmi. Lui chiedeva, tu mai. Lui mi riempiva di domande e io non gli ho mai detto niente, forse anche perché mi sentivo in colpa nei tuoi confronti. Non gli ho mai detto che era lui il padre che avrei voluto avere e non gliel'ho detto perché io un padre ce l'avevo, non è che era morto, tu c'eri ogni giorno ad ogni pranzo e ad ogni cena, il problema era che non c'eri come io avrei voluto che ci fossi.Non so quanto sono stata male per colpa tua, tu che non hai mai alzato un dito contro di me, tu che forse non mi hai nemmeno mai urlato, nemmeno quando me lo meritavo. Avrei voluto un padre a cui regalare libri, ma tu libri in mano non ne hai mai avuti. Non potevo parlarti della scuola o di quanto mi piacesse la matematica, perché tu non avresti capito. Non avresti capito niente. A volte ho avuto voglia di intrufolarmi ancora nel lettone, appoggiare i miei piedi gelidi sulle tue gambe, recitare insieme una poesia nuova. Più frequentemente ho avuto voglia di scappare via, via dal verde, via da una casa in mezzo al niente, via da te che non capivo più. Mi rifugiavo nei miei libri e sognavo un futuro in cui mi avrebbero portato lontano, sapendo che la mia lontananza ti avrebbe fatto soffrire. Pensavo che così saremmo stati pari, tu prima hai fatto soffrire me, io poi faccio soffrire te. Mi sembrava anche giusto.Non so se per me hai mai sofferto, non me l'hai mai detto. Io sto provando a metterci una pietra sopra, sto provando a cercare uno spiraglio di dialogo con te, credimi. Non pensare che quando vengo a lavorare con te io sia felice, lo faccio tanto per fare qualcosa e per cercare di ritrovarlo un nostro rapporto. Mi fa piacere se mi insegni come si potano le rose o gli ulivi e mi fa piacere guardare ancora le partite del Milan con te. Mi fa piacere quando discutiamo di politica o quando apprezzi le mie cucine. Mi piace cercare i funghi o cercare i tartufi. Mi piace davvero. Adesso l'ho capito che tu questa terra la ami, che ti piace bagnarla col tuo sudore, che ti piace lavorarla. Adesso l'ho capito che anche se non leggi mai un libro anche tu hai una cultura da insegnarmi. Insegnamelo come si fanno crescere i pomodori e dimmi quando devo seminare i fiori. Ma chiedimi anche, per favore, che cosa voglio fare da grande. Chiedimi quali sono i miei sogni. Chiedimi se sono innamorata. Chiedimelo, dai. Non importa se finora hai fatto finta di non accorgerti che anche la tua bimba più piccola è diventata una donna. Non importa giuro. E dillo a me che sei orgoglioso di quella che sono, non dirlo agli altri.In fondo forse ha ragione la mamma. Non ci prendiamo tanto perché ci somigliamo. Non vorrei ammetterlo, ma forse è così davvero. Forse oltre al tuo modo di camminare ho anche il tuo modo di non esternare i sentimenti. Ecco qua, babbo. A voce non te l'ho detto, ma nel biglietto te l'ho già scritto: ti voglio bene. Hai capito? Può darsi che a volte mi rifugio ancora in altri sguardi e in altre parole, ma sei tu il mio babbo e so che se sono quella che sono è anche merito tuo e di come mi hai cresciuto, anche se mi hai reso la crescita un bel po' complicata e forse nemmeno lo sai.Culodritto... dammi ancora la mano, anche se quello stringerla è solo un pretesto per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato o mi ha mai chiesto; vola, vola tu, dov'io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare e dove è ancora tutto, o quasi tutto... vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare...Francesco Guccini, "Culodritto"
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