Al mio segnale scateniamo l’inferno/1

Da Femminileplurale

Questo che vi presento, e che purtroppo ma non sorprendentemente non sta ricevendo grande attenzione da parte dei media, è a mio avviso uno dei tentativi più convinti e sistematici di mettere mano ai diritti delle donne e, in particolare, alla legge sull’aborto. Tentativo al quale, come efficacemente ha sottolineato Emma Bonino in una conferenza stampa sul tema, è necessario rispondere con tutte le forze disponibili, dal momento che questo sembra rappresentare un esperimento locale che, una volta riuscito, costituirebbe la premessa di un rimaneggiamento della questione a livello nazionale.

Di cosa sto parlando? Della proposta di legge di Olimpia Tarzia per la riforma dei consultori nella regione Lazio. E chi è Olimpia Tarzia? Consigliere regionale dalle ultime elezioni (prima tra gli eletti nella coalizione di centro-destra), Tarzia è tra i fondatori del Movimento per la vita italiano, nonché Vicepresidente nazionale della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana (?). Si è distinta con onore nella battaglia a difesa dell’onorevolissima Legge 40 sulla fecondazione assistita, e nella mobilitazione selvaggia ed incivile per «salvare la vita» ad Eluana Englaro. Un CV che è tutto un programma, e che non smentirà le nostre aspettative. Santa Olimpia si è infatti prodotta in un progetto che non esiterei a definire criminale e fanatico: non si sa da dove iniziare a massacrare questo crogiuolo di idee e progetti degni di un inquisitore del ‘600. Ma iniziamo, e mi «limiterò» ai punti centrali dal punto di vista dei diritti delle donne.

La proposta di legge si apre con il riconoscimento del «valore primario della famiglia, quale società naturale fondata sul matrimonio e quale istituzione finalizzata al servizio della vita». Si inizia alla grande, insomma: la famiglia è legittima soltanto quando è fondata sul matrimonio ed è un’istituzione che ha lo scopo di «servire» la vita. Il comma 3 ci informa poi che «La regione tutela la vita nascente ed il figlio concepito come membro della famiglia». Questo punto collide infatti con la formulazione (equilibrata) della legge 194, che parla di tutela della vita umana «dal suo inizio». Queste sono le premesse per tutto quanto verrà poi nel corso della legge. Altra premessa essenziale è quella dell’art. 2, nel quale si riconosce il valore di «istituzioni sociali» alle associazioni di famiglie e alle associazioni senza scopo di lucro, i cui fini devono però essere convergenti con i fini dell’ordinamento. In sintesi, se l’ordinamento è quello che ha in mente Olimpia, allora le associazioni riconosciute saranno il Movimento per la vita e tutti i vari amici del feto, del concepito, del figlio nascente, del-malato-terminale-che-vuole-morire-ma-la-sua-vita-è-di-dio e via di seguito. Se sei un’associazione che si batte per la diffusione del preservativo, i tuoi fini non sono convergenti con quelli riconosciuti come «pubblici». Familiarizziamoci con questo nuovo tipo di istituzioni sociali.

Secondo l’Art. 3, la legge Tarzia prevede che siano istituiti i consultori familiari «che erogano servizi alla coppia e alla famiglia». Non si fa menzione di «donne» o «cittadini»: gli individui hanno ragion d’essere come coppia cristianamente sposata, e sei una donna single non hai diritto ai servizi del consultorio. Tali consultori saranno di tre tipi, il primo dei quali è il consultorio pubblico già esistente (ma come vedremo, «rinnovato» nelle sue funzioni); il secondo è il consultorio gestito dalle «istituzioni sociali» di cui sopra che perseguono «fini di rilievo pubblico» (con i soldi pubblici, s’immagina, certo non con quelli dello IOR), e il terzo è il consultorio privato. Un po’ di catto-capitalismo non ce lo facciamo mancare mai, d’altra parte (e su questo ci sarebbe molto da dire). Tutti i consultori devono perseguire fini di rilievo pubblico, che – per chi non lo avesse capito – sono quelli della difesa della vita, della famiglia e del figlio concepito.

Ma veniamo alle attività dei consultori (si veda l’Art. 6, ad esempio): sostanzialmente, essi devono educare alla «cultura familiare». In particolare, tanto per citare qualche caso concreto previsto dalla legge, i consultori dovranno contribuire (comma 2): «a) alla preparazione della coppia al matrimonio, alle scelte di paternità e maternità responsabile [prima la paternità? nda], al rispetto della vita fin dal concepimento ed alla educazione della prole». Per quanto concerne le attività specificamente sanitarie, «I consultori familiari erogano prestazioni di consulenza e assistenza sanitaria nel servizio alla vita, nell’educazione sanitaria delle famiglie, nella procreazione responsabile [che, se leggete l’Art. 16, è intesa come «insegnamento dei metodi di regolazione naturale della fertilità», nda], nei servizi di sessuologia, di genetica familiare e in ogni altra funzione sanitaria presupposta o connessa con i servizi qui indicati». «I consultori familiari costituiscono servizi per la formazione della coppia e l’esercizio del servizio alla vita» (Art. 9).

[Continua...]


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