In questo vecchio post avevo scritto della enorme diffusione che ebbero i fumetti Bonelli in uno Stato che ormai non esiste più, la Jugoslavia. E della lingua in cui venne tradotto, il serbocroato, la cui origine, storia e fine sono molto interessanti. Dimenticavo però di citare il fumetto italiano che fu un vero fenomeno di massa in quelle terre e che tuttora è pubblicato in molti degli Stati in cui la vecchia federazione socialista si è divisa. Mi riferisco ad Alan Ford.
Lo spunto viene da una mostra inaugurata a Sarajevo pochi giorni fa, intitolata "Alan Ford in BiH: ieri e oggi", organizzata dall'Ufficio Culturale della locale Ambasciata Italiana. Molto interessante l'intervista al suo curatore, il professor Daniele Onori, pubblicata dal think tank Osservatorio Balcani e Caucaso che potete trovare a questo link. Cercando ulteriori notizie mi son imbattuto poi, sempre sullo stesso sito, nella recensione di un saggio del 2012 di Lazar Džamić intitolato “Cvećara u Kući Cveća” (La fioreria nella Casa dei fiori) in cui si analizzano le motivazioni dell'enorme successo che il fumetto di Max Bunker e di Magnus conobbe nel paese Balcanico.In entrambe le letture mi ha incuriosito il fatto che Alan Ford e il suo mondo fosse in piena sintonia con la società, lo spirito e il modi di sentire jugoslavo. Da come Max Bunker, creando quella combriccola di personaggi grotteschi, avesse descritto un universo in cui non solo si potevano rispecchiare i lettori italiani, ma anche quelli dell'altra costa dell'Adriatico. Alan Ford metteva in luce, quindi, un'affinità fra i due popoli data dall'essere un po' cialtroni, con un rapporto scostante col lavoro e una propensione congenita alla disorganizzazione.
La critica del sistema capitalistico era poi un altro tratto che rese popolare nella Repubblica socialista il fumetto di Bunker. Ma anche il suo essere una satira, non certo voluta dall'autore milanese, del sistema politico jugoslavo, con quel Numero Uno che tanti lettori associavano al Maresciallo Tito (incredibile la coincidenza tra la fioreria che fa da copertura al gruppo TNT e l'ultima residenza in cui dimorò il leader comunista, chiamata appunto La Casa dei fiori).