Leggo fantasy da 25 anni, e scrivo su FantasyMagazine da quasi 6. Dovrei conoscere abbastanza bene il genere, giusto? Non dico di aver letto tutto, è impossibile, e sono ben consapevole dell’esistenza di diversi autori importanti dei quali non ho mai letto nulla o quasi. Ma almeno so che esistono. In più lavoro in libreria da 11 anni, e quindi conosco molti libri se non altro perché li ho maneggiati. E allora come ha fatto a sfuggirmi Alan Garner? Da noi sono stato pubblicati tre romanzi, La pietra magica di Brisingamen, La luna di Gomrath e Elidor, ma chi li ha stampati è un piccolo editore, Filadelfia. Ad aprire il libro vedo pure che è un editore di Milano, ma onestamente non ricordo di averlo mai sentito nominare almeno fino a quando non ho fatto una ricerca specifica su Garner, e per ordinare La pietra magica di Brisingamen ho pure dovuto cercare chi era il distributore, visto che io computer, contrariamente al solito, non lo indicava neppure.
Come mai tanto interesse per Garner allora? Semplice, perché quest’anno gli è stato assegnato il World Fantasy Award for Lifetime Achievement, cioé per l’intera carriera, insieme a tal George R.R. Martin. Ai DelosDays di giugno 2011 ho confessato: la maggior parte degli articoli che scrivo sono dedicati a George R.R. Martin e a Robert Jordan, con un certo spazio anche per Guy Gavriel Kay. Scrivo alcuni articoli dedicati ad altri argomenti perché anch’io faccio la mia parte per portare avanti la testata, ma spesso faccio finta di parlare di altro e parlo di questi scrittori. Infatti io non ho scritto un articolo sul World Fantasy Award, ho scritto un nuovo articolo su Martin. Solo che insieme a George è stato premiato anche Garner e così ho fatto qualche ricerca su di lui. Questo è uno spezzone del mio articolo:
Garner, nato il 17 ottobre del 1934, è un autore inglese noto soprattutto per i suoi romanzi per ragazzi e la sua reinterpretazione dell’antico folklore britannico. Il suo primo romanzo, La pietra magica di Brisingamen, è del 1960, e unisce proprio elementi del folklore locale e un’ambientazione in Alderly Edge, città in cui lo scrittore è cresciuto, a una trama fantasy nella quale il cuore della magia è racchiuso nella pietra del titolo. Il seguito, La luna di Gomrath, è del 1963, mentre il terzo volume della trilogia, Boneland, sarà pubblicato in lingua originale solo fra qualche giorno.L’unica altra sua opera disponibile in italiano è Elidor, un romanzo del 1965 tradotto, come gli altri due, da una piccolissima casa editrice, Filadelfia. Nell’intervallo di tempo trascorso fra Elidor e Boneland, però, Garner non è rimasto certo inattivo. Con The Owl Service (1967) e Red Shift (1973) lo scrittore ha continuato il suo viaggio nel fantasy, per poi allontanarsi dal genere nel 1979 con The Stone Book Quartet, una serie di quattro racconti dedicati alla vita di un giorno per quattro generazioni della sua famiglia. Fra il 1979 e il 1986 ha dedicato tre opere alle tradizioni fantastiche della sua terra e successivamente ha scritto due romanzi ambientati sempre nel Chesire ma privi di elementi fantastici.
Questo dunque quanto ho scritto su Garner, ma ho anche letto le trame dei tre romanzi editi in italiano. Tanto è bastato per incuriosirmi e spingermi a ordinare il libro. Qualche giorno più tardi lo stesso Martin ha espresso la sua grandissima ammirazione per lo scrittore inglese.
La pietra magica di Brisingamen inizia parecchio tempo fa, con un mago che appare a un contadino per acquistare la sua cavalla. Il prologo è breve, solo quattro pagine, ma dona subito un’atmosfera quieta e al contempo misteriosa che mi piace molto. Il mago associato a una grotta mi ha fatto pensare a Merlino anche se ovviamente non è lui e agisce in tutt’altro modo. Però in questa storia un elemento delle vicende arturiane c’è davvero. La leggenda vuole che Artù tornerà quando l’Inghilterra avrà bisogno di lui, e il mago deve proteggere alcuni cavalieri destinati a tornare nel momento del bisogno. Non è lui, comunque, il protagonista, ma i due fratelli Colin e Susan. Entro breve ci viene narrata la profezia, e se certi elementi ci sembrano già visti non dobbiamo dimenticare che sono gli altri autori, semmai, ad aver preso da lui. J.R.R. Tolkien aveva già pubblicato da un pezzo sia Lo hobbit che Il signore degli anelli, ma La spada di Shannara di Terry Brooks sarebbe arrivata solo nel 1977, e la maggior parte delle opere che leggiamo oggi sono ancora successive. A me La pietra magica di Brisingamen è piaciuta, anche se ora in certi punti appare un po’ ingenua e certe scene sembrano già viste, ma se l’avessi letta da ragazzina negli anni ’60 – come per esempio ha certamente fatto Martin – non mi sarebbe semplicemente piaciuta. L’avrei adorata.
Ci sono svart alfar e lios alfar, e questi nomi in passato li avevo trovati solo nella Trilogia di Fionavar di Kay. Magari hanno un uso antico e sono io che li ignoro, ma ritrovarmeli davanti mi ha un po’ fatta sentire “a casa”. Un po’ come la Morrigan, che non è certo un’invenzione moderna ma inevitabilmente mi fa pensare a un libro che ho letto parecchi anni fa, La pietra del vecchio pescatore di Pat O’Shea. A proposito Ivan, grazie ancora per avermi procurato il romanzo. Ci sono gufi che capiscono il linguaggio delle persone e vivono tranquillamente vicino ai ragazzi ben prima di J.K. Rowling e corvi che potrebbero aver insegnato alcune cosucce a quelli dell’Occhio del Mondo di Jordan. Ci sono emissari del male che litigano fra di loro, perché il male non è mai granitico ma ha un bel po’ di crepe al suo interno e un nemico che un tempo era un uomo che nel corso del suo cammino ha incontrato un ostacolo troppo grande ed è caduto nelle grinfie del male.
Quante cose ci sono nelle opere di oggi il cui germe si trova qui? Garner può essersi rifatto a fonti più antiche, come detto la Morrigan non l’ha inventata lui e la Compagnia neppure, però il suo romanzo ha certamente fatto scuola. E, fra l’altro, contiene anche una canzone i cui versi dicono
Quando l’estate in inverno volgerà
giungerà la minaccia della guerra.
Devo dirlo qualche altra volta? L’inverno sta arrivando. Per Garner l’inverno è un po’ diverso da quello di Martin, e certo è facile associare le durezze dell’inverno con quelle della guerra anche se le guerre si combattono meglio d’estate, ma anche qui a un certo punto fa molto freddo e sono guai grossi.
Qualche segno dell’età c’è, ma il libro si legge con piacere e ho il vago sospetto che in futuro mi procurerò gli altri. Garner mi sembra davvero un autore da riscoprire.