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Alan Sorrenti - Il figlio dell'Aria

Creato il 12 dicembre 2010 da Lesto82

 

 

LO SPELEOLOGO

 

 

di NICOLAS ICARDI

 

alan sorrenti aria.jpg

 

 

 

Oggi vi parlo di un artista forse più popolare dalle nostre parti degli altri fin qui da me trattati nelle precedenti settimane, non vi parlerò comunque della sua deriva commerciale e di facile presa del pubblico che ha attraversato sul finire dei '70 inizio anni '80 quando assaltò le classifiche di vendita e il Festivalbar con le celeberrime "Figli delle stelle" e "L'unica donna per me". Andremo invece a scavare più indietro all'inizio degli anni '70 quando questo artista ci regalò, con il suo esordio, una delle pietre angolari del prog-rock psichedelico italiano. Sorrenti nasce a Napoli nel 1950, ma essendo la madre gallese aveva passato lunghi periodi in quella nazione da bambino. Si fa conoscere all'inizio degli anni '70 grazie alla partecipazione ad alcuni importanti eventi dal vivo (come il festival della musica d'avanguardia di Roma) dimostrando di essere uno dei pochi solisti a potersela giocare ad armi pari con i grandi nomi della scena progressive e, al contempo, mostrando una vena assai personale, grazie alle contaminazioni con il folk e a un uso della voce per molti versi coraggioso. Quindi per una primavera, nell'alba degli anni Settanta, Sorrenti si tramutò nel Peter Hammill (leader dei Van der Graaf Generator) di casa nostra, o forse anche in Tim Buckley. Il disco di debutto, 'Aria', del 1972 è nel suo genere assolutamente unico, stupefacente: forse psichedelico, più che progressive. Sorrenti si circonda di musicisti d'eccezione, per esempio il pregiato violino di Jean Luc Ponty (già con Frank Zappa) nella lunga prima traccia "Aria", teso a solcare atmosfere rarefatte e oniriche, gli innesti free-jazz del piano di Albert Prince, le percussioni di Tony Esposito e la tromba di Andrè Lajdli. La suite che dà il titolo all'album è rivoluzionaria per l'epoca, un viaggio nell'improvvisazione con la voce usata come strumento. E poi la ballad "Vorrei incontrarti', Il brano più fruibile, uscì come singolo, è una carezza che preannuncia sogni e speranze. "Aria" è un viaggio interplanetario teso a proiettare l'ascoltatore in un'altra dimensione quasi medievale attraverso magici equilibri sonori. Un lavoro quindi complesso, sfaccettato e in alcuni punti anche ostico che obbliga l'ascoltatore a ripetuti ascolti affinché ne colga l'essenza e si cali nelle visioni lisergiche che devono aver affollato la mente di Alan Sorrenti nei giorni della stesura del disco, senza per questo renderlo pesante e opprimente. Il successo per Sorrenti esplose sicuramente anche in virtù delle sue scioccanti performance in cui la voce assurgeva a ruolo di strumento: cosa che non aveva paragoni in Italia fino a quell'epoca (Demetrio Stratos doveva ancora arrivare). L'album ebbe abbastanza successo, e per dare un’idea del riscontro qualitativo che ebbe "Aria" basti pensare che Sorrenti fece un tour di supporto ai Pink Floyd. Un secondo album, dal lungo titolo "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto" uscì un anno dopo, basato sulla stessa formula di "Aria", ma probabilmente mancando della freschezza d'impatto del precedente. C'è anche qui la lunga suite che dà il titolo all'album, in contrapposizione a canzoni più brevi e melodiche, e questa volta appaiono tra gli ospiti Francis Monkman (Curved Air) e Dave Jackson (Van der Graaf Generator). Il pubblico però era letteralmente frastornato e, per qualche anno, la suadente voce del nostro fù allo stesso tempo il suo piatto forte e anche il suo carnefice: non sempre Alan venne capito e questo lo portò in fretta ad abbandonare il mondo della sperimentazione. La sua voce risultava molto adatta a certe atmosfere, ma manifestò rapidamente dei cedimenti nelle performance live e ciò, unitamente forse al richiamo del grano, gli fece mutare rotta. Il terzo album "Alan Sorrenti" esce nel 1974 ed è considerato il meno convincente della prima produzione di Alan nonostante alcuni bei brani, con uno stile che lentamente scivola verso canzoni convenzionali. Il rifacimento della classica canzone napoletana "Dicitencello vuje", venne visto dai suoi vecchi fans come un tradimento, e, pur garantendo ottime vendite ed un piazzamento in classifica, provocò il boicottaggio e la contestazione dell'artista in molte manifestazioni musicali. Dopo due anni di silenzio Alan Sorrenti tornò sulle scene, con uno stile più commerciale, influenzato dalla musica dance, e con un totale allontanamento dalle sue sperimentazioni passate. Artisticamente, si può dire che, Sorrenti nasce e muore con il suo primo disco. La fortuna commerciale ed economica gli arriderà negli anni successivi, ma alla fine il vendersi non sempre paga se non economicamente, dato che la sua carriera da figlio delle stelle fu intensa, ma breve.
Dai suo primo album vi propongo 3 tracce:
"Aria" lunga suite iniziale, con i suoi quasi venti minuti, è uno dei momenti più alti del progressive italiano: cambi di ritmo, atmosfere dilatate, divagazioni strumentali e liriche visionarie. Sugli iniziali fruscii di vento e arpeggi fiabeschi, il violinista Jean Luc Ponty e Tony Esposito, a fianco degli altri componenti della band, stendono un ammaliante e a volte contorto tappeto musicale che fa da supporto alla voce del giovane Sorrenti che entra ed esce dalle costruzioni melodiche del brano come (e meglio di) uno strumento, regalandoci anche esercizi di stile sperimentale con poderosi vocalizzi. La band poi si addentra in una foresta di suoni ancestrali, di ritmi frenetici e di melodie ultraterrene, sciorinando clamorosi cambi di registro, impossibili da descrivere nel dettaglio.
"Vorrei Incontrarti" l'unico singolo estratto dall'album, è una soffice ballata folk per voce e chitarre acustiche, un brano dove Sorrenti sembra voler dilatare i canoni artistici della canzone “pop”, dandole una visione più sperimentale e di ricerca.
"Un fiume tranquillo" ultima traccia di "Aria", dove le incursioni della tromba di Lajdli che ricamano note preziose su una voce adagiata sulle onde create da tastiere e sintetizzatori, sottolineano il carattere più intimo che alterna momenti cantautorali a impressionanti aperture strumentali. Curiosa anche la piccola ghost-track del finale che da un ulteriore tocco di innovatività ad un disco già di per se unico nel nostro panorama italiano.
Straordinario innovatore del canto, modulando sino allo stordimento vocali che diventavano esse stesse "ragione d'essere" della melodia, Sorrenti lasciò sicuramente un segno indelebile nella musica italiana e qualunque giudizio sul suo periodo più commerciale, non svilirà mai una singola nota di quel suo straordinario capolavoro che è "Aria". Un talento bruciato forse troppo presto dalle suadenti lusinghe del mercato. Tanto meglio per Alan e tanto peggio per noi. “Aria” è certamente uno dei punti più alti, toccati dall’Arte cantautorale italiana. Di sempre.

 

sito ufficiale

 

 

ARIA - 1972

(1)

 

 

(2)

 

 

(3)

 

 

 

 

VORREI INCONTRARTI - 1972

 

 

 

UN FIUME TRANQUILLO - 1972

 

 

 

 

a domenica prossima...

 

 


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