oggi émile zola avrebbe compiuto 172 anni; il 29 settembre di quest'anno ricorreranno i 110 anni dalla sua morte. zola fu un'instancabile scrittore e giornalista; una sua biografia si può leggere qui. diceva a proposito dello stile: "Lo stile si forgia sulla terribile incudine delle scadenze quotidiane... L'artista è nulla senza il dono, ma il dono è nulla senza il lavoro". si schierò con alfred dreyfus, capitano dell'esercito francese accusato ingiustamente di tradimento, pubblicando sull'"Aurore" la celeberrima lettera J'accuse, il cui testo si può leggere qui.
di seguito, tratto dalle Nuove storielle a Ninetta (Nouveaux contes à Ninon, 1874), un romantico brano sulle fatiche del giornalismo e della scrittura.
" ... Io ti lasciai, lasciai codesta Provenza della quale tu eri l’anima, e fosti tu, tu quella, che, nella vigilia della lotta, io invocavo come una buona santa. Tu fosti il mio primo libro. Esso era tutto pieno della tua esistenza, tutto olezzante del profumo de’ tuoi capelli. Tu mi avevi inviato alla battaglia, con un bacio sulla fronte, da intrepida amante che vuole la vittoria del soldato che ama. E io, io non ricordavo di continuo che quel bacio, io non pensavo che a te, non potevo parlare che di te.Dieci anni sono trascorsi. Ah! mia cara anima, quante tempeste rumoreggiarono, quanta acqua nera, quanti frantumi son passati da quel tempo sotto i ponti crollanti de’ miei sogni! Dieci anni di lavori forzati, dieci anni d’amarezze, di colpi dati e ricevuti, di perpetua battaglia! Io ho il cuore e il cervello tutto sfregiato di ferite. Se tu vedessi il tuo innamorato d’un tempo, quel disinvolto fanciullone che sognava di spostare le montagne con un buffetto, se tu lo vedessi passare nel pallido chiaror di Parigi, con la faccia terrea, sbalordito per stanchezza, tu tremeresti a verga a verga, mia povera Ninetta, rimpiangendo i chiari soli e gli ardenti meriggi spenti per sempre. Certe sere, sono così affranto, che ho una voglia codarda di sedermi sull’orlo della strada, disposto ad addormentarmi per sempre nel fosso. E sai tu, Ninetta, ciò che senza posa mi spinge avanti, ciò che mi rende animoso in qualunque debolezza? È la tua voce, o mia adorata, la tua voce lontana, il tuo filo di voce pura che mi ripete i miei giuramenti.Certo, io ti so fanciulla coraggiosa. S’io ti mostro le mie piaghe, tu non potrai che armarmi di più. Lamentarmi con te mi darà sollievo, mi consolerà. Io non ho lasciato la penna un sol giorno, o amica mia; io mi sono, battuto come il soldato che deve guadagnarsi il pane; e, se la gloria verrà, essa m’impedirà di mangiare pane stantìo. Quali còmpiti ingrati, la nausea dei quali mi monta ancora alla gola! Per dieci anni, io ho alimentato, come tanti altri, col meglio di me stesso, la fornace del giornalismo. Di sì immane fatica, non resta nulla, tranne un poco di cenere! Foglie gettate al vento, fiori caduti nel fango, accozzaglia del meglio e del peggio, impastati nel truogolo comune. Ho trattato tutto; mi sono sporcate le mani in questo torrente di torbida mediocrità che trabocca. Il mio amore di assoluta indipendenza sanguinava in mezzo a tali scimunitaggini, così gravide d’importanza alla mattina e così dimenticate alla sera. Mentre io sognavo qualche colpo di pollice eterno dato nel granito, qualche opera vitale piantata, ritta per sempre, soffiavo delle bolle di sapone ch’eran disciolte dall’ala delle mosche ronzanti al sole. Io sarei sdrucciolato nell’inebetimento del mestiere, se, nel mio amore per la forza, io non avessi avuto un conforto: quello che codesta produzione incessante mi rompeva a tutte le fatiche.Poi, amica mia, io m’ero armato per la guerra! Tu non potresti credere quali ondate di collera in me sollevava l’imbecillità! Io aveva la passione delle mie idee: io avrei voluto cacciare i miei convincimenti nella gola altrui. Un libro mi ammalava, un quadro mi faceva disperare come una pubblica catastrofe; io viveva in una battaglia continua d’ammirazione e di disprezzo. E all’infuori della letteratura, all’infuori dell’arte, il mondo per me non esisteva. ..."