Una valle ad est di Tirana
Un paese
Il modo di viaggiare dei fuoristradisti ha un ché di mistica esoterica. Bisogna in qualche modo lasciarsi alle spalle al più presto possibile i segni della civiltà moderna ed invasiva. Innanzitutto come è ovvio, le strade, ma anche le nuove costruzioni, i centri commerciali, quello che, insomma, da un lato rappresenta il moderno della civiltà, ma che spesso, allo stesso tempo è accompagnato dalla speculazione, dall'avida presenza della corruttela, morbo inevitabile forse, che è sempre unito al migliorare delle condizioni economiche e noi ne siamo valido e corposo esempio. Anche in questo paese, come è naturale, con l'apertura di un mondo nuovo, si è scoperchiato il vaso di Pandora, comune a tanti altri paesi dell'est dopo la caduta del comunismo, lo scatenarsi degli appetiti con tutto il corollario di attività edilizie e commerciali, con la definitiva beatificazione della dea protettrice di questi settori: la Corruzione. Per esemplificare con un aneddoto, certo di fantasia ma esplicativo, pare che un operatore abbia contattato un politico locale per ottenere permessi di costruzione, promettendo una mazzetta da 200.000 euro con la garanzia che nessuno ne avrebbe saputo mai nulla. La risposta è stata: "Dammene 400.000 e dillo pure a tutti". Dunque ci allontaniamo a gran carriera da questi cattivi pensieri, dalla periferia di Durres e da quella ancora più affollata di Tirana, gremita di costruzioni nuovissime, che comunque non danno poi per nulla una cattiva impressione, si sa, il nuovo è comunque pulito e ordinato, in un certo senso, e sempre migliore di scheletri semidiroccati e vecchie case erose dal disfacimento del tempo. A Kamez, prenderemo una pista per le montagne.Attrezzature
Lo cito, questo piccolo paese per il resto senza importanza, in quanto ha una particolarità unica al mondo. Un suo Sindaco, persona di certo attenta alle relazioni internazionali, ha voluto dedicare una importante via del paese a tale Silvio Berlusconi e credo che questo debba essere reso noto e chiusa lì. Non appena, però, le ultime case del paese rimangono alle nostre spalle e la pista penetra tra le colline, facendosi via via più scoscesa, il fuoristradista dimentica le brutture del mondo civilizzato e si vuole confondere con la natura. Boschi di latifoglie circondano fitti la strada. Querce e lecci dal fogliame spesso ricoprono di ombra nera un sottobosco già tormentato e ricco di cespugli spinosi, lasciando liberi solo brevi spazi, piccole radure verdi, mentre la montagna diventa via via più selvatica e solitaria. L'Albania è terra di pastori che la percorrono in lungo e in largo da millenni con i loro greggi di pecore piccole e scure, dalle grandi code fioccolose, dal belato uniforme, lamentoso, quasi a chiedere aiuto. Oppure di capre nere, più grandi e dall'apparenza riottosa e più ricca di pretese. Il maschio guida rimane al bordo della strada su un montarozzo di terra e ti guarda passare con degnazione, sottolineando che è lui il capo, non certo il povero ragazzo dal cappellino di feltro bianco che segue il gregge in fondo e che ti saluta con la mano, lo sguardo un po' basso, vinto dall'inedia di questa vita di solitudine. Le vacche invece generalmente se ne vanno da sole, piccole Jersey dal mantello marrone chiaro, la razza più idonea a vivere la difficile vita di questo monte aspro e ingeneroso; loro sanno dove andare anche senza essere accompagnate, dove tornare a sera per essere munte, in uno stazzo nascosto tra le piante o in un punto scoperto di una valletta solitaria.Gruppo di fuoristradisti al bar
Man mano che ti inoltri, scavalcando colletti e risalendo su erti crinali, il paesaggio attorno diventa sempre più grandioso e selvatico. Come sono lontane le brutture della città, la confusione, l'ansia di guadagno e di nuove opportunità. Qui domina un mondo uguale a se stesso da millenni; valli segnate da torrenti impetuosi in primavera ed esangui in estate; fianchi di monti ricoperti di bosco ed alle spalle altre cime ancora più elevate e corrose di roccia grigia e nuda, con pochi pascoli quasi inaccessibili. Di tanto in tanto, in posizione riparata a solatìo, una casa isolata, che in qualche caso trova compagne vicine, a formare uno specie di paesetto, circondate da minuscoli appezzamenti, orti vicini con quattro file di pomodori e cetrioli, campetti di mais stentato, segale, il cereale del monte e i più grandi a prato, in cui qualche donna vestita di nero, chissà perché sono sempre le donne la chiave produttiva di tutte le agricoltura di sussistenza del mondo, che rastrella sinuose andane di fieno. Ai limitare, tanti pagliai conici attorno a lungi bastoni appuntiti a garantire l'inverno che deve essere lungo da queste parti. Nel paese più grande, una ventina di case, dove vedi subito le rimesse degli emigranti. Quasi tutte le costruzioni infatti, hanno un piano nuovo nuovo, un po' di sacchi calce sotto il portico, promessa di ampliamento, qualche colonnina quadrata di cemento che alza al cielo i ferri contorti che aspettano di crescere, quando arriveranno altri soldi, spesso già arrugginiti, segnale disperante di una opportunità perduta, di un benessere che forse ha preso pieghe diverse. In mezzo, il dito bianco sottile del minareto di una minuscola moschea, l'unione solo teorica tra terra e cielo.Una tazza di salep
Tra questi scheletri della speranza, passa un mulo, il basto sovraccaricato di fieno profumato; un vecchio lo segue con passo sicuro. Le certezze del passato a confronto dell'imprevedibilità del futuro. Come abbandonate, nei cortiletti, vecchie Mercedes, con qualche lamiera posticcia, che non capisci come abbiano potuto arrivare fin qui. Al centro del paese una casa addirittura a tre piani, ma il primo è ancora da fare e ha un solo ambiente attivo, il classico negozio che offre tutto quello che può richiedere una piccola comunità, l'ultimo ancora da costruire, ci sono solo tegole e piastrelle ammassate in un angolo, le colonne di cemento a vista e il tetto, perché qui si comincia a costruire proprio dall'alto. Due tavoli e le sedie di plastica, così intanto serve come bar del paese. E poi c'è la parabola satellitare, ma accanto ad una specie di spaventapasseri che protegge anche dal malocchio che non si sa mai, l'Albania è un paese molto superstizioso. Intorno non ci sono ancora le pareti e ti puoi godere la vista spettacolare sulla valle, in fondo il serpente sinuoso del torrentello che l'ha creata, mentre precipizi e burroni coperti di verde scuro ne rivestono i fianchi. Ti puoi bere una birra o un salep, una specie di budino tiepido fatto con un fiore di montagna e una spolverata di cannella, un po' dolce, un po' aromatico che ti fa partecipe di questo mondo isolato, mentre occhi curiosi, che certo hanno conosciuto altri orizzonti, consapevoli di una fatica di vivere diversa e lontana, forse si chiedono cosa ci sei venuto a fare quassù.Trasporto di fieno
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