Posted 17 settembre 2013 in Albania, Slider with 0 Comments
di Roberto Mondin e Henri Kociu
Forse una sconfitta per l’Europa occidentale, ma una possibile vittoria per l’Europa balcanica e meridionale in tema di politica energetica. Il TAP (Trans Adriatic Pipeline) e il TANAP (Trans Anatolian Pipeline) continuano ad essere un tratto indelebile sull’agenda dei ministeri di Albania, Grecia ed Italia. Nonostante l’influenza insormontabile da parte di Mosca, i paesi membri del Southern Gas Corridor godranno, dal 2019, di un ruolo “principe” nella distribuzione di gas nel resto del continente europeo: la Grecia sarà il tramite unico tra Caucaso e Occidente, il paese delle aquile e la penisola italiana invece avranno priorità assoluta, rispettivamente, per Balcani, Centro e Nord Europa.
L’Albania, ad ogni modo, è forse il paese che potrebbe giovare maggiormente dell’introduzione del gasdotto attraverso i propri confini. Benifici, quindi, da non sottovalutare, vista l’adesione interstatale, la determinzione del nuovo esecutivo e l’appoggio della popolazione locale.
Già dal 27 maggio scorso è attivo un Protocollo d’intesa, firmato a Tirana, tra Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Montenegro, mentre più di recente si è scoperta la volontà di partecipazione anche da parte del Kosovo (parole del ministro degli esteri kosovaro Enver Hoxhaj).
Su questo terreno fertile il nuovo esecutivo di Edi Rama, stando a fonti interne al Partito Socialista, ha deciso di istituire, non appena insediatosi, una task force inerente alla realizzazione del TAP. I punti chiave comprendono investimenti nella scuola pubblica, in cui verrà incentivata la formazione professionale in materie idrauliche e geofisiche. Ci sarà, poi, la definitiva pianificazione territoriale dei lavori, l’assegnazione di compensi ai proprietari terrieri, nonché l’assegnazione di nuovi posti di lavoro.
Un tracciato lungo circa 200 km che potrebbe garantire occupazione e istruzione fino al 2019 (anno di chiusura dei cantieri). A differenza del nostro Paese, inoltre, non si registra alcun dissenso da parte dell’opinione pubblica. Se in Puglia esiste il movimento “No TAP” nato per frenare la corsa del gasdotto contro le scogliere di San Foca, dall’altra parte dell’Adriatico la popolazione sembra confidare nel buon esito dei lavori.
Per verificare tale dinamica siamo andati direttamente sui siti dove avrà luogo l’inizio delle operazioni (Vedi ESIA Albania). Partendo dal confine greco-albanese presso Bilisht sino al futuro snodo di rigassificazione di Fier abbiamo chiesto informazioni ai residenti e contadini del luogo.
I lavori cominceranno nelle vicinanze di Vishocice, un villaggio non lontano dalla dogana ellenica. Gli abitanti sembrano quindi aver già avuto una prima offerta per la loro terra da parte dello Stato. Sebbene non ci sia ancora un prezzo prestabilito verificabile nei documenti ufficiali, esso si aggira intorno ai 800/900 Lek al metroquadro (1€ è circa 140 lek).
A Ecmenik, altro paese altro prezzo. Qui riferiscono di aver ricevuto una prima offerta intorno ai 400 Lek. 3-4 km più avanti a Zemblak, sempre nella parte orientale del distretto di Korce, i contadini non hanno avuto alcuna proposta economica. Loro, al contrario dei paesi vicini, si dimostrano più riluttanti sui prezzi precedentemente esposti e accusano poca scelta nelle trattative e scarsa organizzazione da parte degli enti locali.
La popolazione albanese, tuttavia, è molto informata sull’importanza del gasdotto, sulle aree interessate e sui benefici che porterà. Quest’ultimo punto, in particolare, se da un lato aumenta le speranze per un lungo periodo di occupazione qualificata e non, dall’altra rende gli albanesi meno propensi a eventuali opposizioni alla realizzazione dell’opera. “Perché dovremmo essere contrari? Darà lavoro, darà energia, lo Stato potrà guadagnare di più”, riferise un contadino di Zemblak.
A breve e lungo termine si prospettano buone nuove. Una volta terminati i lavori, gli stessi contadini potranno coltivare nuovamente l’area interessata. Inoltre, non è previsto alcun impatto sul territorio, in quanto non sarà più possibile edificare al di sopra del percorso del metanodotto, che sarà situato a 15 metri di profondità. Un altro beneficio è legato all’energia. La stragrande maggioranza della popolazione si riscalda ancora con la legna oppure con stufe elettriche. E’ proprio l’energia elettrica che viene sfruttata per tutte le attività. Con l’arrivo del metano, una parte importante verrà sostituita dal gas, creando a catena un’eccedenza nella produzione dell’energia elettrica che potrà, a sua volta, essere venduta agli Stati vicini. Infine, le casse dello Stato verranno riempite maggiormente con l’affidamento della distribuzione del metano a diverse società.
La normativa in merito, stando a fonti interne del Partito Socialista, prevede una tassazione del 60% alle società distributrici. Questo perché ancora oggi, molte aziende straniere ottengono un grande profitto in Albania e tutti i ricavi vengono portati all’estero, alla casa madre delle aziende, lasciando soltanto il 10% di tasse allo Stato albanese. Ecco allora la decisione di tutelare la ricchezza prodotta nel paese.
Rimane da capire, ma ciò a partire dalla fine dei lavori, se l’usufruizione del metano sarà possibile per tutti o soltanto per i più abbienti: se le società distributrici dovessero sostenere un onere fiscale del 60%, ciò potrebbe comportare una lievitazione del prezzo finale in bolletta, affinché la vendita del metano porti un ragionevole guadagno a tali società. In una popolazione il cui reddito medio si aggira ai 200 euro mensili, con un’occupazione medio-bassa e precaria, il metano potrebbe risultare un bene nazionale per pochi fortunati.
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