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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
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L’ingegnere in blu
Alberto Arbasino nasce a Voghera il 24 gennaio 1930 è scrittore, saggista, giornalista italiano, critico teatrale e musicale. Tra i protagonisti del Gruppo 63 , la sua produzione letteraria ha spaziato appunto dal romanzo alla saggistica. Definito l’enfant terrible dell’avanguardia letterario è anche giornalista di costume, critico teatrale e musicale, intellettuale. Si laurea in giurisprudenza e si specializza in diritto internazionale all’Università degli studi di Milano. Si fa conoscere al grande pubblico con alcuni scritti pubblicati su riviste importanti come <<L’illustrazione italiana>>, <<Officina e Paragone>> rivista questa che, nel 1955, pubblica uno dei suoi primi racconti, “Destino d’estate” che racchiude già molto della sua tematica futura: la provincia italiana del periodo post-bellico chiusa nel suo mondo ristretto e la critica di una società pettegola e ristretta delle ville e dei salotti.
La sua carriera letteraria inizia con i reportage per il settimanale <<Il Mondo>> da Parigi e Londra, raccolti nei libri <<Parigi, o cara>> e <<Lettere da Londra>>. Importante anche la sua collaborazione con i quotidiani Il Giorno e Il corriere della sera e La Repubblica dove scrive con frequenza quasi settimanale per denunciare con lettere brevi ironiche e puntuali i mali della società italiana. Recentemente ha pubblicato con Feltrinelli “Rap”! e “Rap 2″ invettive poetiche e satire. Nel 2004 gli è stato assegnato il Premio Chiara alla carriera. Nel 2012 è stato insignito del Premio Scanno per la Letteratura. Nel 2013 riceve il Premio Campiello alla carriera. Nel corso del 1977 si è dedicato anche alla televisione conducendo su Rai 2 il programma Match. È stato anche deputato al Parlamento italiano come indipendente per il Partito Repubblicano Italiano fra il 1983 e il 1987.
Carlo Emilio Gadda
Grande estimatore di Emilio Gadda ne ha analizzato la scrittura in diversi saggi: “Genius Loci”, in “I nipotini dell’ingegnere” (1960), in “Sessanta posizioni”,in “L’ingegnere e i poeti”: “Colloquio con C. E. Gadda” e in “L’ingegnere in blu”, con il quale ha vinto l’anti-premio Pen Club nel 2008. Contravviene ai canoni crociani e costituisce motivo di polemiche e di imbarazzo sia a destra che a sinistra come “I nipotini di Gadda” (una vera e propria categoria critica), ovvero Testori e Pasolini, che rifiutano lo status quo intellettuale e i cui personaggi delle loro opere hanno molte cose in comune gli uni con gli altri, in primis quella brama di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Come Gadda, Arbasino vive un isolamento, incomprensioni; sono delle pecore nere da snobbare o osteggiare.
La sua penna è considerata espressionista per le descrizioni oniriche e deliranti ( si spiega la sua ammirazione nei confronti del visionario e nevrotico Gadda). Romanziere sperimentale, sofisticato costruisce infatti trame estremamente rarefatte, intermezzate da lunghe digressioni metaletterarie in diverse lingue; le numerose opere si dividono tra romanzi nei quali vaga alla ricerca di mondi borghesi desiderosi di essere ritrovati e, i saggi nei quali la brillante vena critica e il suo pungente ritrattiamo esplode:
Giovanni Testori
Le piccole vacanze (1957) , L’Anonimo lombardo (1959), Fratelli d’Italia (1963), sono invece del 1964 La narcisata, in La narcisata e La controra: due storie romane e Certi romanzi; pubblicati nel 1966 sono: Grazie per le magnifiche rose, La maleducazione teatrale: strutturalismo e drammaturgia; Off-Off, (1968), Due orfanelle: Venezia e Firenze (1968); il romanzo Super Eliogabalo del 1969; Sessanta posizioni (1971), Il principe costante (1972), La bella di Lodi sempre del 1972, Prefazione a Franz von Bayros, Il giardino di Afrodite, Sugar (1973). Tutti del 1974 sono: Amate sponde: commedia italiana, Introduzione a Ivy Compton-Burnett, Più donne che uomini, Introduzione a Oscar Wilde, Salomé; Specchio delle mie brame; Favole su favole: fiabe e leggende, tradotte, trascritte e trasformate da Alberto Arbasino e altri; premessa di Walter Pedullà, (1975), Le interviste impossibili (1975) che contengono le interviste impossibili di Alberto Arbasino a Ludwig II di Baviera e Giovanni Pascoli. Dell’anno dopo sono le Nuove interviste impossibili con l’intervista immaginaria a Giacomo Puccini. E ancora Introduzione a Carlo Dossi, Vita di Alberto Pisani, Fantasmi italiani, Cooperativa scrittori (1977), In questo Stato è del 1978 come Luisa col vestito di carta. Presentazione a Jorge Luis Borges, Antologia personale (1979), Un paese senza (1980), Trans-Pacific Express (1981), Matinee: un concerto di poesia (1983), Il meraviglioso, anzi (1985), I viaggi perduti (1986), La caduta dei tiranni (1990), Mekong (1994), Passeggiando tra i draghi addormentati (1997), Paesaggi italiani con zombi (1998); nel 1999 sono usciti Introduzione e scelta di Carlo Dossi e Saggio critico in Truman Capote; Le muse a Los Angeles (2000), Prefazione a Cesare Brandi, Budda sorride del 200 e Marescialle e libertini del 2004 con il quale vince il Premio Viareggio. Dall’Ellade a Bisanzio (2006 ), La vita bassa e Su Correggio nel 2008. America amore nel 2011 e Pensieri selvaggi a Buenos Aires, nel 2012.
Pier Paolo Pasolini
Tra tutte le definizioni date sul critico, quella di Roberto Cotroneo è la più calzante: «Curiosissimo, poliedrico, osservatore del bel mondo, cronista mondano a suo modo, narratore incapace di pensare ai suoi libri come qualcosa di dato, di intoccabile. Ne sanno qualcosa alla Adelphi cosa voglia dire mandare in tipografia le bozze corrette da Arbasino. Vere e proprie riscritture di centinaia di pagine. Ha cancellato il tempo, avvicinando il passato e il presente, schiacciandoli in una dimensione stilistica scarnamente barocca. Continua a girare il mondo da un museo all’altro, da un concerto all’altro, come a perdersi in un tour intellettuale che non ha inizio e fine, a sublime disprezzo di un mondo di grammatiche perdute, di ignoranze indotte, di sciocchezzai ripresi ovunque. Compreso quello stracitato “signora mia”: giochetto diventato l’icona di tutte le volgarità del mondo».
Nessuno come Arbasino ha saputo raccontarci il fiammeggiante Gadda e la sua identità, il suo disagio che colmava con l’ironia, la sua angoscia esistenziale, le sue fissazioni, il suo sfuggire alla società e al mondo.
Indimenticabile il suo abbandono della cerimonia del premio letterario Boccaccio prima ancora della sua conclusione il 10 settembre 2011, affermando: “Sono qui da due giorni a sentire fanfaluche e convenevoli. Io questo premio non lo voglio, tenetevelo, me ne vado”. Abbiamo un vago motivo di credere che personalità come la sua farebbe non poca fatica in uno dei tanti sterili e rissosi dibattiti televisivi di oggi.