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Alberto Calligaris, "Ogni cosa che tocco è un'astronave"

Creato il 04 luglio 2014 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr
Alberto Calligaris,

Ogni cosa che tocco è un’astronave

Alberto Calligaris

Non è possibile definire il genere di questo romanzo, sembrerebbe un thriller ma è molto di più. È un libro “forte”, tagliente e feroce. È, però, infarcito di cultura, non quella dozzinale che vendono al supermercato, cultura raffinata. Piccole spigolature dello scibile che le sai solo se hai cercato e cercato.

Sara, la protagonista, lavora in una libreria mentre fa finta di fare la studentessa, ed è da questa libreria che nasce tutto. “Dovevo smettere con questo bisogno continuo di stordire la realtà come se la vita fosse succo d’arancia a cui devi aggiungere sempre vodka per riuscire a berlo”.

Nasce un’avventura a tinte forti e suspense a fiumi.

Sara è una donna che ha una particolare visione maschile dell’uomo. “La seduzione è questa cosa orrenda che fanno gli uomini per cui riescono a convincerti che non ti faranno mai male. Poi scopri che godono solo sventrandoti e anche tu cominci a godere per il fatto di essere sventrata ogni volta, e questo è l’amore.

Scrivere al femminile per un maschio non è facile, come d’altra parte il contrario. Esistono emozioni che nascono dentro la pelle e, se non è di donna, è difficile che si riconoscano gli umori che secerne un corpo femminile, si possano descrivere, ma l’Autore rende la protagonista credibile, reale.

C’è un “gusto” per la violenza, nell’attardarsi nei particolari, che ha come contraltare una visone profonda dei sentimenti ed, insieme, un realismo pregnante nel descrivere la realtà vista dall’occhio attento della protagonista. “Quello che sto cercando di dire è che il gioco della letteratura funziona solo da digiuni, solo quando hai fame. Solo allora lo spirito si modifica, solo allora il cuore cambia il battito, la carne impara dal sangue, il sangue dall’aria nei polmoni.”

La mancanza di punteggiatura, in una larga parte del libro, tiene viva l’attenzione, dà un incredibile ritmo che, all’inizio, si fa fatica a prendere ma, una volta raggiunto, non ti accorgi neanche che la virgola è praticamente scomparsa, quasi sostituita dal punto. Frasi mozze che tagliano, che stridono come lametta sul vetro.

La dicotomia tra la profondità di alcune frasi, che si infilano come frecce nel lettore, e la violenza descritta con così cruda minuziosità, fanno nascere un enigma: quale sia la personalità dell’Autore. Enigma che per essere sciolto dovrà aspettare il suo prossimo libro, forse…

Maria Vittoria Masserotti


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