Alberto Moravia a Zanzibar: «il paradiso che era un inferno»

Creato il 17 gennaio 2015 da Luoghidautoreblog

Alberto Moravia compì il suo primo viaggio in Africa nel marzo del 1963. L'anno precedente si era separato da Elsa Morante e iniziò ufficialmente a condividere le esperienze della sua vita e i suoi viaggi con la compagna, Dacia Maraini. Proprio con lei, ogni anno, a partire dal 1963, per diciotto anni, lo scrittore si recò in Africa, e quel primo viaggio venne sempre ricordato da Moravia come "la rivelazione della terra in cui avrei dovuto andare prima; invece ci sono andato molto tardi nella vita".

Le riflessioni dei suoi viaggi in Africa sono contenute in un bellissimo volume edito da Bompiani dal titolo A quale tribù appartieni? A questa prima pubblicazione seguirono poi i volumi Lettere dal Sahara e Passeggiate africane in cui lo scrittore volle sintetizzare la sua comprensione dell'Africa con le seguenti parole: "Tutti gli altri paesi del mondo hanno una storia; l'Africa, lei, ha invece un'anima che tiene il luogo della storia. Cosicché la storia dell'Africa, alla fine quando tutto è stato detto, è la storia della sua anima".

In occasione del centenario della nascita di Alberto Moravia, nel 2007 si è svolta una mostra degli scatti realizzati da Lorenzo Capellini, il fotografo che accompagnò lo scrittore in molti dei suoi viaggi in Africa. Nasce così il bel volume La mia Africa con Alberto Moravia (2007 Minerva Edizioni).

A Zanzibar Moravia giunse nel maggio del 1963 e nelle pagine intitolate "Il paradiso che era un inferno" scrive: "Zanzibar è un luogo che sarebbe difficile non definire incantevole. Pensate: una fitta selva di palme da cocco ricopre una buona parte dell'isola; e niente è più elegante, più misterioso, più fiabesco, con l'eccezione forse di una pineta, di una selva di palme[...]. Le coste di Zanzibar, poi, danno la sensazione del paradiso terrestre più di qualsiasi altro luogo della terra [...]"; prosegue la sua descrizione incantata del paesaggio ma come sempre gli accade in Africa non può non soffermarsi sulla triste storia di questi luoghi affermando: "Eppure questo paradiso un tempo era un inferno". Moravia si riferisce all'età della schiavitù, quando dalla Tanzania, in particolare dalle coste di Bagamoyo, gli schiavi venivano fatti convogliare nelle isole di Zanzibar, Pemba e Mafia, per lavorare nelle piantagioni o essere venduti e destinati altrove. Gli storici stimano che circa 10 milioni di persone siano state vittime di questo terribile commercio. Scrive Moravia: "Ma quando tutto è stato detto, la schiavitù resta pur sempre un mistero, come è un mistero il male assoluto, lo scacco totale". Aggiunge: "Questo mistero sordido e sinistro proietta la sua ombra gelida sulle calde e languide bellezze di Zanzibar e ce le fa sentire come altrettanti schermi forniti da una natura fin troppo compiacente per nascondere un'atroce realtà".

Nell'aprile del 1971 Moravia ammirò le spiagge e il mare di Bagamoyo e come qualche anno prima, le sue riflessioni si rivolsero a quell'uomo che guardò quelle stesse spiagge e quello stesso mare nella condizione di schiavo: "Il mare, emblema di libertà, nel momento stesso che lo guardava e si diceva che al di là di quei flutti azzurri lo aspettava la schiavitù per tutta la vita, acquistava il significato opposto".

La foto di Zanzibar è tratta da http://www.bbmexplorer.com/; ringraziamo per la collaborazione.

Le citazioni qui presenti sono tratte dai volumi A quale tribù appartieni? e Passeggiate africane (Bompiani)


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