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Lessico famigliare (Ginzburg)

Creato il 29 giugno 2015 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

Natalia Ginzburg è una delle tante voci del panorama letterario italiano che vengono quasi ignorate nella trattazione scolastica che, ovviamente, ha parecchi limiti di compressione (tanto da fare in pochissimo tempo), ma perde la preziosa occasione di un arricchimento su più fronti. Natalia Ginzburg, a questo proposito, soffre di quella tendenza maschilista che porta persino gli autori dei manuali scolastici a sacrificare anche Elsa Morante e addirittura Grazia Deledda che, non per dire, ma avrebbe giusto vinto un Nobel. E sono solo tre nomi, per nulla bastevoli a rendere giustizia alle tante anime femminili della letteratura del Novecento... ma di questo parlerò un'altra volta.

Lessico famigliare (Ginzburg)

Invero, io ho conosciuto la Ginzburg proprio a scuola, ma in una situazione non proprio stimolante: il secondo anno di liceo mi venne assegnata la lettura de La famiglia Manzoni. Un mattone assurdo, pensai allora. Oggi, forse, la penserei diversamente, ma non ho ancora sperimentato e attendo ancora un po'prima di dare un'altra possibilità a questa biografia manzoniana, non proprio adatta a dei sedicenni.

Qualche anno più tardi, invece, lessi un'altra storia familiare firmata Natalia Ginzburg, e me ne innamorai. Lessico famigliare è uno straordinario ritratto della famiglia Levi (quella dell'autrice, che è nota come Ginzburg per il cognome del primo marito, Leone) e di tante altre figure orbitanti attorno ad essa a Torino, in pieno ventennio fascista. Scorrendo le agili pagine di questo romanzo-memoriale, la cui scrittura è immediata e colloquiale, non possiamo che guardare con grande affetto ai Levi, ai tre fratelli maschi tanto diversi e turbolenti, Gino, Alberto e Mario, a Natalia stessa (che, però, parla pochissimo di sé) e allo slancio della sorella Paola, alla madre, Lidia, che ama tanto farsi fare i vestiti nuovi e al padre, Giuseppe, professore di medicina eppure portatore di una mentalità popolare, molto conservatrice e risparmiosa, buffo nelle sue imperiose prese di posizione e nei rimproveri alla famiglia. Proprio Beppe è l'autore della maggior parte delle formule che danno il titolo al romanzo: dalla sua bocca escono etichette proverbiali come "sbrodeghezzi" e "potacci" (i "pasticci", ma anche i dipinti moderni) "sempio", "negrigure" (i gesti inappropriati), "asino" (inteso come "villano").
Il romanzo, in effetti, doveva essere in origine un racconto che raccogliesse queste espressioni tipiche della vita familiare, che in ciascuno dei Levi evocava l'infanzia e l'atmosfera domestica, ma, a poco a poco, crebbe fra le mani dell'autrice, per usare una sua espressione. Di qui il titolo, che, altrimenti, sembrerebbe riguardare solo un aspetto marginale, concentrato specialmente nelle prime pagine, di un romanzo che, agganciandosi a queste formule quotidiane e affettive, racconta però tante vicende intersecate alla Storia politica e culturale italiana ed europea. Il racconto, infatti, si popola di personaggi di primo piano nella lotta al fascismo: non solo Beppe e Lidia sono convinti detrattori di Mussolini, ma la loro casa diventa rifugio o punto d'incontro di illustri oppositori, come Filippo Turati, Carlo Levi, Adriano Olivetti, Leone Ginzburg, poi marito di Natalia; lo stesso Mario, scoperto il suo impegno contro il regime, è costretto a rifugiarsi in Svizzera, mentre Beppe e Gino vengono arrestati.

Particolarmente toccanti sono le pagine che Natalia Ginzburg riserva al più caro amico del marito, Cesare Pavese, e al loro lavoro alla casa editrice Einaudi, cui, ad un certo punto, si associa ella stessa: nella malinconica figura di Pavese, che mangia ciliege e scaglia i noccioli contro i muri, sembra riflesso il destino stesso di chi soffre per l'oppressione della dittatura, del rischio a cui ogni giorno è sottoposta l'esistenza, dell'intera Europa occupata dai nazisti.

L'autrice parla ampiamente dell'autore, documentandone anche il suicidio, eppure è molto più schiva nel raccontare la vicenda del suo matrimonio: alla scelta di sposarsi sono dedicate poche righe, poche allusioni sono ricavate per il periodo di confino in Abruzzo e veloce è anche il passaggio sull'arresto e l'uccisione in carcere di Leone, mentre torna a dispiegarsi il racconto dell'intimità familiare quando Natalia, rimasta sola con i bambini e sfuggita alle persecuzioni grazie al sostegno di conoscenti e amici, rientra a casa, ritrovando la madre invecchiata, ma ancora piena di affetto da offrire ai suoi, mentre il mondo è logorato dalla guerra e dalla dittatura.
Lessico famigliare, Premio Strega nel 1963, anno della pubblicazione, è dunque una preziosa testimonianza di vita e di affetti, ma anche della storia, del fervore culturale italiano, del senso di ribellione che arriva a scuotere, assieme al mondo, anche le più piccole realtà di congiunti. Sullo sfondo di un'epoca buia, però, assieme all'eroismo dei Levi, dei Ginzburg e degli Olivetti, si staglia la vera ancora di salvezza di questo piccolo mondo domestico: la sicurezza di una porta aperta, delle tradizioni anche un po'troppo stagnanti, di una ritualità scandita da parole e frasi sempre uguali, che bastano ad individuare chiaramente il proprio posto, la propria nicchia sicura, entro la quale nulla di minaccioso può arrivare. Nella famiglia di Natalia ci riconosciamo tutti, in poche pagine ci sentiamo già appartenenti a quel mondo ormai scomparso, ma di cui non possiamo che portare una traccia rasserenante.

Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. [...] Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra.

C.M.


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