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Nell’editoria che vorrei

Creato il 30 giugno 2015 da Ceenderella @iltempodivivere
Nell’editoria che vorrei

È triste dover constatare che ciò che va di moda, ciò che il pubblico cerca e gli editori scelgono di portare sugli scaffali veicola comportamenti da ostracizzare, piuttosto che da assumere a modello di riferimento, immagini così sbagliate, sotto innumerevoli punti di vista, da far accapponare la pelle anche a una sola occhiata. È triste, eppure necessario. E credo occorra chiedersi perché. Quand'è successo che l'uomo galante, problematico al punto giusto ma pur sempre rispettoso della donna, è passato di moda? Dov'è successo che si è pensato che un ragazzo che ti pedina nei locali, ti minaccia costantemente e riduce a una marionetta da usare a suo uso e consumo, senza alcuna dignità né possibilità di esprimere un'opinione personale che possa, anche solo in minima maniera, essere diversa dalla sua, venga eletto uomo ideale? Dov'ero nel momento in cui si è cominciato ad accettare che chi ti picchia viene scusato in virtù di un passato buio e oscuro? Chi lo ha permesso? E perché?
Mi spaventa, pensare che questi sono gli esempi che proponiamo come ideali romantici, così come mi fa orrore l'immagine di una donna annullata, privata della possibilità di scelta, in ginocchio in un angolo non solo fisicamente nella stanza dei giochi ma anche condannata al silenzio da un uomo di cui diventa succube, che sposa, con cui ha dei figli, nel silenzio generale di amici e parenti che la sospingono in quella direzione, non la sollecitano a liberarsi di catene troppo strette per poter esser anche solo lontanamente giuste. Questo non è l'amore, né queste sono le cose che voglio leggere in un romanzo.
Nell’editoria che vorrei
Ho un'idea romantica dell'editoria, sapete? Credo che noi aspiranti editori sogniamo sempre di scoprire il romanzo che cambierà il mondo e aprirà gli occhi parlando alle coscienze, buttando giù muri che solo le parole riescono a infrangere, con un effetto dirompente come per secoli la letteratura ha avuto (e che ha in grande parte perso, purtroppo). So che è un po' una chimera, ma d'altronde lo è in un certo senso pure la professione che ci siamo scelti, eppure in tutto ciò qualcosa mi è sempre stato chiaro: non accetterò libri simili. No, se ve lo state chiedendo, non ce l'ho con E.L. James in particolare, né con le autrici di libri erotici o con chi le legge e le apprezza, perché per quel che mi riguarda ognuno è libero di leggere quel che vuole e se c'è una cosa che la lettura può provocare è la critica, il saper guardare a ciò che ci circonda con occhi differenti e, quindi, anche capaci di razionalizzare quel che ci si trova davanti. Ce l'ho, invece, con chi diffonde concetti non accettabili, non nel 2015, non in una società civile; ce l'ho con chi di fronte alle critiche di sessismo e diffusione di stereotipi sbagliati sotto molteplici punti di vista grida al moralismo, quasi che voler vedere una parità che, nei fatti, anche spesso, nelle società in cui viviamo non esiste sia impensabile e inaccettabile e quasi che il rispetto vada guadagnato, non sia indispensabile, un qualcosa in più di cui si può fare a meno; quasi che riconoscere i tratti di una relazione malata possa far di te una bigotta o una zitella acida.
Non so se quel che dico ha un senso, se riesca a spiegarmi in un italiano corretto. Mentre scrivo sono reduce da tre esami in una settimana e ho sulle spalle, al momento, trentasette ore di veglia no-stop; ma ho letto quest'articolo ed è stato automatico partire per la tangente, pensare a come sia l'editoria che io voglio. Sono un'eterna sognatrice, lo sono sempre stata nonostante lo mascheri dietro una facciata di cinismo che compiace i più, ma vorrei trovare sugli scaffali romanzi che abbiano il coraggio di parlare alle donne come queste meritano che si parli loro, di più, che parlino a chiunque come chiunque merita. Non accetto le offese, non ammetto la violenza - fisica o verbale che sia -, non appoggerò mai che si proponga come modello di relazione perfetta quell'abusiva tra un carnefice e la sua vittima. Il mondo fa già schifo sotto numerosi punti di vista per quel che riguarda il ruolo femminile che ci viene proposto sui media e nella vita di tutti i giorni, non c'è bisogno, non è giusto - ma anzi sbagliatissimo - proporre come "storia d'amore" quella che ha tutti i tratti contrari, è malata, da condannare.
Mi dispiacciono le critiche, impropriamente forse definite cyberbullismo, a un'autrice come la James (non quelle, però, che fanno notare un uso erroneo della lingua: a tutto c'è un limite e se non sei capace di usare la lingua, forse, prima di decidere di scrivere, devi poter migliorare sotto quest'aspetto), che probabilmente nemmeno si rende conto di veicolare messaggi completamente sbagliati coi suoi scritti, perché sottostanno a idee e concetti che vedono la loro nascita persa nella notte dei tempi; ma non mi dispiace notare che sempre più lettori, uomini o donne che siano, si indignino di fronte all'enorme proliferare di storie che riducono la letteratura a una mera macchina per far soldi, dove non conta cosa e l'essenziale è il quanto. Dove non è interessante proporre qualcosa che possa lanciare messaggi importanti, ma è più importante batter cassa ancora prima che il libro sia uscito, accaparrarsi i diritti di pubblicazione in aste paurose, poco ci importa se quel che portiamo nelle case è il riverberare di tradizioni antiche, barbare, incivili e da combattere, anziché accettare e proporre come ottime. Quindi, sì, sicuramente alcuni tweet sono stati offensivi, ma quel che emerge è un pubblico che chiede di più, che chiede di meglio, persone che sanno ragionare e hanno il coraggio di abbattere quelle stesse pareti che anche la letteratura dovrebbe aiutare a tirar giù. Leggere non è un esercizio passivo; può e deve essere evasione, ma può anche essere uno spunto, deve esserlo, secondo il mio personale punto di vista, per approfondire, riflettere, porsi domande che forse non ci sarebbero balzate in mente se quel determinato libro o autore non ce le avesse poste in quel determinato modo.
Non lo so, amici, forse sogno troppo, certamente ho ancora tanto da imparare e studiare per poter davvero dire di saper qualcosa su questo mondo prima di metterci l'intero piede e non solo la punta delle dita, ma fatto sta che ho ben chiaro cosa cercare nei romanzi. E non è questo.

Se il libro che stiamo leggendo non ci sveglia come un pugno che ci martelli sul cranio, perché dunque lo leggiamo? Perché ci renda felici [...]? Buon Dio, saremmo felici anche se non avessimo dei libri, e quei libri che ci rendono felici potremmo, a rigore, scriverli da noi. Ma ciò di cui abbiamo bisogno sono quei libri che ci piombano addosso come la sfortuna, che ci perturbano profondamente come la morte di qualcuno che amiamo più di noi stessi, come un suicidio. Un libro deve essere una piccozza per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi. [Franz Kafka]


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