Alberto Moravia, Agostino

Da Paolorossi

Viareggio – Bagno Vespucci

Agostino, portando alla bocca la scottatura che gli bruciava forte, levò gli occhi e guardò. Sulla spiaggia in quel punto non c’erano che poche cabine, cinque o sei in tutto, sparse l’una a gran distanza dall’altra. Erano cabine povere, di legno grezzo, tra l’una e l’altra si scorgeva la spiaggia e il mare egualmente deserti. Soltanto alcune popolane stavano all’ombra di una barca tirata a secco, quali in piedi, quali sdraiate sulla rena, tutte vestite di certi antiquati costumi neri dalle mutande lunghe orlate di bianco, indaffarate ad asciugarsi e ad esporre al sole le membra troppo bianche. Un arco dall’insegna dipinta di azzurro portava la scritta Bagno Amerigo Vespucci, Una bassa baracca verde affondata nella sabbia indicava la dimora del bagnino. Dopo questo bagno Vespucci, il litorale, sprovvisto così si cabine sulla spiaggia come di case sulla strada, continuava a perdita d’occhio, in una solitudine di sabbia battuta dal vento, tra lo scintillio azzurro del mare e il verde polveros0 della pineta.

(Alberto Moravia, Agostino, 1980, pp.24.25)
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