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“Alberto Sordi e la sua Roma”, l’omaggio della città a dieci anni dalla scomparsa

Creato il 20 febbraio 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

sddE’ stata inaugurata venerdì 15 febbraio e sarà possibile visitarla sino al 31 marzo, presso il Complesso del Vittoriano della Capitale, la mostra Alberto Sordi e la sua Roma: a dieci anni dalla scomparsa dell’ “Albertone nazionale” (25 febbraio del 2003) si vuole rendere omaggio al celebre artista, mettendo in evidenza il suo rapporto con la città, a cavallo tra arte e vita, attraverso fotografie, filmati, lettere autografe, materiali audio e video, sceneggiature, installazioni, oggetti e documenti, molti dei quali inediti, provenienti dalla casa, dallo studio e dagli archivi privati. L’esposizione, promossa da Roma Capitale in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione per il Cinema, RAI, con il patrocinio di Fondazione Alberto Sordi, Media Partner, Il Messaggero, è a cura di Gloria Satta, Vincenzo Mollica, Alessandro Nicosia (quest’ultimo ne ha curato anche l’organizzazione generale, insieme a Tiziana Appetito).

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La Capitale è stata il grande amore di Sordi, il luogo dove hanno preso vita i suoi film, le vicende private di una biografia ricca di eventi e successi, e la mostra intende ora farli rivivere, nell’arco di un lungo periodo che attraversa il fascismo, la guerra, la ricostruzione, il boom economico, gli anni Ottanta, l’euforia dei Novanta, l’inizio del nuovo millennio, grazie ad un percorso che si delinea in due momenti: in una prima sezione rivivono Sordi e i suoi cinquantasei film girati a Roma, con circa venti approfondimenti che vedono esposti, in molti casi per la prima volta, fotografie, album personali con rassegne stampa, copioni, oggetti di scena.

In una seconda sezione, invece, vengono proposti i momenti più significativi della sua vita nella città: tra i tanti, la sua casa, il suo studio, gli articoli da lui scritti per Il Messaggero, il giorno in cui fu per ventiquattro ore Sindaco della Capitale, l’addio alla lira, il suo particolare e personalissimo rapporto con Giovanni Paolo II, le toccanti immagini del funerale a testimonianza di quanto i romani abbiano amato Sordi, rendendo omaggio alla camera ardente allestita per lui in Campidoglio e partecipando alle esequie a San Giovanni.

Alberto Sordi e Carlo Verdone

Alberto Sordi e Carlo Verdone

Sarà così possibile anche ritrovare gli innumerevoli personaggi interpretati dall’attore sullo schermo, per scoprirli più che mai attuali e vivi, simbolo di un grande uomo che, rimanendo fedele alla propria storia e alle proprie radici, ha saputo fasi maschera universale per raccontare al mondo non solo la sua amata città, ma l’Italia intera. Ce lo rammentano ora anche Carlo e Luca Verdone, nel rendergli omaggio con il documentario Alberto il grande, girato insieme e realizzato grazie al sostegno dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio, proiettato ieri sera in tre sale del Cinema Adriano di Roma, volto a ripercorrerne l’esistenza, i primi passi nella rivista e l’affermazione a livello nazionale e internazionale.

Orario di apertura: dal lunedì al giovedì ore 9.30 – 18.30; venerdì, sabato e domenica ore 9.30 – 19.30. L’ingresso, gratuito, è consentito fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura.
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Mamma mia, che impressione!

Mamma mia, che impressione!

Volendo ricordare, a grandi linee, nei tratti essenziali, la figura di Alberto Sordi, la sua acuta e spietata osservazione dei tipi umani e delle loro quotidiane miserie, con più di un tocco cinico, ebbe inizio alla radio, dove nel 1948 era divenuto titolare ed autore della trasmissione Vi parla Alberto Sordi (vinse la Maschera d’argento come miglior attore radiofonico nel ’49 e nel ’50). Fece esordire, fra gli altri, un personaggio a lui congeniale, avendo frequentato da giovane gli ambienti dell’ Azione Cattolica, il compagnuccio della parrocchietta, perbenista e dal caratteristico tono di voce petulante: Vittorio De Sica si entusiasmò nell’ascoltarlo e propose a Sordi di produrre insieme un film che lo vedesse come protagonista, Mamma mia, che impressione! (regia di Alberto Savarese), anche se per ottenere il grande successo di pubblico occorrerà attendere I vitelloni (‘53, Federico Fellini; ricorderete certo l’ormai famoso gesto dell’ombrello … Lavoratori!).
Un americano a Roma

Un americano a Roma

Un film dove Sordi sfrutta al meglio, forse con modalità più spontanee che concrete, la sua innata capacità di individuare determinati aspetti della società, farli propri ed esasperarli, trasferendoli in vari personaggi, è certo Un americano a Roma (’54, Steno), nelle vesti di Nando Mericoni:t-shirt, jeans a tubo, cinturone di cuoio borchiato, bracciale di eguale fattura e, immancabile, il cappellino da baseball (per non parlare dell’arredo della sua camera, gagliardetti, poster, un boccione dell’acqua “come quelli degli uffici della Quinta Strada”) e, soprattutto, una logorroica cantilena che mescola inglese, spesso con vocaboli inventati o mutuati, storpiandoli, dall’italiano, romanesco e altri dialetti, con esiti esilaranti. Tra le scene ormai leggendarie certamente quella della cena ‘mericana (marmellata, yogurt, mostarda, latte…), per poi passare all’assalto del piatto di maccheroni lasciatogli pronto da mami e attaccarsi al fiasco di vino, sino ad un attimo prima disprezzati come “roba da carrettieri”.
Vittorio Gassman e Sordi ne

Vittorio Gassman e Sordi ne “La Grande Guerra”

Ma sono indimenticabili anche i personaggi dove Sordi riesce ad unire il comico al tragico, l’Oreste “eroe vigliacco” de La Grande Guerra (’59, Mario Monicelli), memorabile duetto con Vittorio Gassman, o, il mio preferito, il Silvio Magnozzi di Una vita difficile (’61, Dino Risi). Qui i toni si fanno soffusamente amari e dolenti, l’umorismo grottesco, alternando momenti di poesia (l’incontro con un pastore, all’alba, ubriaco, dopo un litigio con la moglie Elena, la splendida Lea Massari) e altri di grande cinema (la cena dei monarchici, gli sputi e le ingiurie sulla strada di Viareggio rivolti alle auto di passaggio) e la sua psicologia si evolve man mano acquisendo una lucidità di pensiero ed un’autorità morale esemplari.
Sordi e Lea Massari,

Sordi e Lea Massari, “Una vita difficile”

Il culmine di tutto ciò arriverà nella lunga sequenza finale, sino al sonoro schiaffone dato da Silvio a Bracci (interpretato da Claudio Gora, figura tristemente “profetica” d’imprenditore “tuttofare”, emblema del malaffare legalizzato), allegoria di quell’ Italia che sarebbe potuta essere e non è stata, con ormai poche persone rimaste a rappresentare determinati ideali, condannati ad una vita certo difficile, ma dignitosa, lontano dai miasmi del disfacimento morale. Un paese, che, passando sopra tanti altri titoli, sarà infine rappresentato da una borghesia piccola piccola, la quale, più che lottare per un’evoluzione o un riscatto sociale nel rispetto dei valori fondanti, opterà per la prosecuzione dello status quo con tutti i mezzi possibili, dalla “classica” raccomandazione in poi, dimenticando qualsivoglia eticità e all’insegna di un profondo egoismo.

Ricordando il Moretti/Michele Apicella di Ecce Bombo, sì, ce lo meritiamo Alberto Sordi, tra alti e bassi e qualche inevitabile passo falso lungo il cammino, ha saputo rappresentare, specie quando diretto da grandi registi, la nostra beata involuzione, democrazia sulla Carta, furberie del quartierino nella pratica quotidiana.


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