Un osservatore esterno sarebbe legittimato a pensare che la classe politica italiana non abbia ben compreso la portata del momento, che la crisi economica non si supera litigando su singole istanze che spesso interessano esclusivamente gli iscritti ad un partito, ma stilando linee programmatiche chiare che abbiano il merito se non di risolvere almeno di indicare un percorso che permetta loro di raggiungere un obiettivo. È un preambolo inutile, eppure necessario a sfogliare le pagine dei giornali tra scandali, malcostume, improbabili soprannomi di personaggi altrettanto inqualificabili. C’è la vita reale nel frattempo, che è fatta di persone in carne ed ossa che ogni giorno si recano al lavoro, che lo perdono, che lo ritrovano per qualche mese, che hanno l’affitto da pagare e non ce la fanno. Perché diciamo questo? Perché a colpi di slogan e di promesse roboanti abbiamo, forse, perso la bussola. Passiamo ai dati, che è nostro pane quotidiano e ci aiutano a comprendere meglio. Il Rapporto del Cnel sul mercato del lavoro 2011-2012 afferma che “cambia la struttura del mercato del lavoro per età, a tutto svantaggio dei più giovani”. Ovvero: “Rispetto al 2008 si sono persi oltre un milione di occupati di età inferiore ai 34 anni, solo parzialmente compensati dalla crescita dell’occupazione di età superiore”.
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