chi ha paura di virginia woolf?, “Di altre imenità”: Ah i femminili, pozzi inesauribili di improponibili scarpe tacco dodici, di vari ammennicoli buoni per una festa tra drag queen, di rubriche con consigli di bellezza dove ti propinano il nome dell’ultimo prodotto miracoloso che in confronto quelli di Lourdes sono spettacoli da dilettanti!
Stereogum, “The 10 Best National Songs”, Until that point, the Brooklyn-based five-piece had flirted with alt-country (2001′s The National), angst-ridden rock (2003′s Sad Songs For Dirty Lovers), and a pastiche of the two (2004′s Cherry Tree EP). Nothing seemed to stick until the National released Alligator in 2005, which found the band staring down the barrel of real adulthood. There were still flashes of the band that screamed about bad husbands and cocktails to empty barrooms, but mostly Berninger was just sorry about everything that got him to that point.
Diecimila.me, “Essere Casaleggio/2″: Come tante particelle di sodio, tornano i veri protagonisti della democrazia liquida e oligominerale: i cittadini. Le loro proposte spiazzanti, con quelle fantasmagoriche inversioni a U del lobo temporale, dimostrano quanto abbiano da dire nel campo delle logiche non monotone. Dinnanzi allo sguardo vitreo di @casalegglo vanno schiudendosi come bozzoli di Alien nuovi modi di concepire la realtà. Vi apparirà tutto assurdo.
la terza città, “Penelope, Penelope…”: E insomma è la storia di uno, abbastanza fico devo dire questo sì, tale Odisseo, Ulisse per gli amici, che con la scusa che la sfiga lo coglie e s’allunga la strada verso casa, se la gode, diciamoci la verità. Se la spassa con le streghe ammaliatrici, non si perde un’avventura, gozzoviglia e lussureggia quando può e alla fine, sì vabbé quasi morto stremato, arriva a casa dalla moglie Penelope, che invece di riempirlo di mazzate, mozzichi e strascini, lo riaccoglie nel talamo nuziale. Cose da pazzi.
Leonardo, “Il pacco del MoVimento”: Casaleggio, lo si è capito, non è un esperto di internet. Non sa come funziona, nemmeno gli interessa, non è un ingegnere. È un pubblicitario. “Internet” per lui è un marchio da vendere. Cosa faccia poi questa benedetta Internet non lo sa nemmeno lui, non ha importanza, di sicuro sarà qualcosa di bellissimo che cambierà le nostre vite, ci renderà più liberi, laverà più bianco. Non è che si possa chiedere a un venditore professionista di essere consapevole dei limiti tecnici del prodotto che sta vendendo; se lo fosse farebbe un altro mestiere. Quindi, se gli chiedono se si possa fare la democrazia diretta con Internet, lui risponderà di sì, che è possibilissimo, anzi facciamolo subito, affare fatto. Quando poi smonti il pacco e ti accorgi che il sistema concretamente non funziona, si pianta ogni volta che provi a usarlo al 100%, lui ha già la risposta pronta che è la versione politica di quella che vi hanno dato centinaia di operatori telefonici quando avevate il PC in panne: “sarà un virus”. Nel suo caso “sono stati gli hacker”.