Osservatorio Linguistico Estemporaneo, “Devitalizzato”: Qualcosa che mi spaventa in questo momento? Vediamo. Devitalizzazione. E’ da una settimana che mi inquieta. Da quando la mia dentista, guardandomi in bocca, mi ha detto: “C’è una carietta” (la mia dentista ama usare vezzeggiativi per i problemi dei miei molari).
Vittorio Zucconi, “L’antipartito”: Prima ancora della grottesca sostanza dell’accusa, che si riassume nell’aver osato attribuire all’Ineffabile qualche responsabilità nella batosta elettorale di giugno, si assaporasse il burocratese del linguaggio in stile processi staliniani, le formule da “lingua di legno” che neppure la vernicetta modernista della Rete giudicante (non si capisce poi in quali modi) riesce a nascondere.
Gente di passaggio, “Quei dai sifoloti”: Suonano sempre musica molto triste, con quei sifoloti multipli, e invariabilmente, portano a termine il concerto con quel Condor pasa da noi reso famoso, diversi anni fa, da Simon & Garfunkel. Tanto che qualcuno, ancora, è convinto che i Maya, o gli Inca fa lo stesso, siano tribù dedite al plagio. Più o meno come quel tizio islandese, piuttosto sovrappeso, che si è presentato all’Eurofestival. Io, dico la verità, di questa faccenda non ci ho capito niente. Non conoscevo l’originale ma, plagio o meno, mi sembrava una canzone da dimenticare immediatamente. E infatti l’ho dimenticata.
Hai da spicciare?, “Mar del Plata”: Il libro di Claudio Fava, Mar del Plata (add editore), ha la stessa velocità d’azione del rugby, uno sport che non concede tempi morti, dove conta la forza fisica, certo, ma più di tutto contano le gambe e l’occhio pronto a cercare il compagno.
Rivista Studio, “Statue classiche vestite da hipster”: Il fotografo parigino Léo Caillard e l’esperto di fotoritocco Alexis Persani hanno deciso di rendere l’arte antica più appetibile dalle nuove generazioni. Per farlo, hanno scelto di ripensare il look di alcune statue di matrice classica, vestendole da hipster.
Potato Pie Bad Business, “Weekend con il morto – Mario Rigoni Stern”: Ciò che ci ha lasciato il Sergente della neve è la testimonianza, la sua voce tranquilla e serena che ci racconta, con gli occhi di un contadino dell’alto Veneto, le vicende di una generazione scomparsa nel nulla. E la sua vicenda ci insegna molto della nostra storia, ci aiuta a capire come sono andate le cose, come si può cambiare idea e quanto un uomo, portato a temere per la propria vita, sia costretto a fare cose che mentre mungeva capre e mucche e arava campi non pensava minimamente di poter fare.
Canzone del giorno
M.I.A. – Bring the noize