Nella zona di Orvieto i passiti trovano gioco facile, specialmente se parliamo di bianchi, sui quali spesso interviene la muffa nobile a costruire un contorno di complessità ed eleganza. E allora è curioso scoprire un passito ma da uve rosse come l’Aleatico, che si presta bene alla tipologia per i sentori marcati e freschi di frutti rossi, e ne vanta un’ottima tradizione sull’Isola d’Elba oltre che tra Umbria e Lazio.
Lo verso nel calice che si riempie di un fitto colore rubino, quasi impenetrabile, vivo di riflessi di ciliegia. I profumi sono nitidi e puliti, con ricordi ancora freschi di marasche e note balsamiche di eucalipto, suggestioni di cuoio e tabacco, frutti di mirtillo e ancora dolci speziature di vaniglia e crema al caffè. L’assaggio conferma le ottime impressioni, regalando la dolce succosità dei frutti scuri, con la tensione di una freschezza esemplare, e un pregevole spessore tannico raffinato, che alleggerisce il palato lasciando lunghi ricordi in un rincorrersi di noci, fave di cacao e un goloso gusto di polpa di fichi neri maturi. Un sorso chiama l’altro, e finito il bicchiere si ha voglia anche del secondo. Questa per me è forse la prova migliore della bontà di un vino in generale, e di un passito a maggior ragione.
A costo di sembrare banale o ripetitivo ribadisco l’importanza di servire questo tipo di vino sempre fresco, io sto sui 10°C (volendo anche 8°C con la calura attuale), per consentire di crescere nel bicchiere e risultare dinamico. E se volete un abbinamento penserei a un bel muffin al lampone e cioccolato, una crostata di ciliege o mirtilli, ma si potrebbe azzardare persino con una zuppa inglese.
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