La carriera di un artista non è mai eterna. Spesso, raggiunge il culmine proprio nel momento di maggiore fortuna e vivacità. E, allora, l’artista sceglie di ripiegarsi su di sé, nel tentativo di trovare una strada alternativa da percorrere, più stimolante e, possibilmente, inconsueta. Jasper Gwyn è uno dei tanti votati, prima o dopo, alla rinuncia: improvvisamente, decide di smettere di scrivere romanzi, e lo fa senza rammarico, senza dolore o frustrazione. Ripone in un angolo la notorietà raggiunta, ma non abbandona del tutto lo spirito creativo, che continua ad alimentare nella sua mente, per se stesso. Finché, un giorno, non è colto da quell’illuminazione improvvisa in grado di dare una svolta alla strada rettilinea e monotona che sta percorrendo. E fa un salto in avanti, sperimentando nuovi modi di dare forma alle parole, e, allo stesso tempo, un lungo passo indietro, tornando alle origini, ai tempi in cui i pensatori ancora si interrogavano sul ruolo dell’inventore di storie. Lo scrittore contemporaneo, il Baricco che dà voce a un suo doppio sulla carta, afferra quell’antico concetto di mimesis e lo plasma a suo piacimento, ricavando un’idea di imitazione della natura semplice e sublime allo stesso tempo. La solitudine in cui si rifugia Mr Gwyn, una stanza spoglia, resa poetica da un magico intreccio di musica e luci, crea la situazione ideale per un esperimento forse senza precedenti. Condizione primaria è che lo scrittore diventi osservatore, per svelare i segreti nascosti nell’arma più disarmante di tutte: la nudità. Ed è così che il poeta e il pittore, modelli emblematici della raffinata arte del “copiare” la realtà, si fondono nel protagonista: scrivere i ritratti di quelle persone spogliate di tutto diventa la missione dell’artista, che, così facendo, immagina «che si tratterebbe di riportare a casa quella gente».
Come tutti i poeti, anche Mr Gwyn ha bisogno della sua Musa. Baricco traccia abilmente i contorni, prima sfumati e poi sempre più netti, di una figura femminile con caratteristiche ben lontane dai canoni di bellezza cui la letteratura ci ha abituato. Rebecca, nel corso del romanzo, si imporrà con tutta la sua forza, prima vincendo la riluttanza per il proprio corpo, e, in seguito, diventando la vera protagonista, fino a svelare il mistero che si creerà attorno all’immagine dell’amato-odiato scrittore. Baricco, alla fine, la rende depositaria di un messaggio che ha un significato universale, valido per ogni tempo e ogni luogo: «Jasper Gwyn diceva che tutti siamo qualche pagina di un libro, ma di un libro che nessuno ha mai scritto e che invece cerchiamo negli scaffali della nostra mente». E veramente, arrivando all’ultima parola dell’opera, si ha l’impressione che non sia finito tutto lì, nello spazio adimensionale del punto fermo. Si vorrebbe ancora cercare, tra le pagine, qualche indizio che possa farci rintracciare l’immagine evanescente dell’abile ritrattista, come se solo lui fosse in grado di osservare e interpretare la chiara nudità della nostra esistenza. Ma l’artista, di cui Baricco veste i panni, ci saluta da un luogo remoto, e aspetta con pazienza che ognuno colga, dentro di sé, l’ispirazione per scrivere la propria storia.