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Alessandro Benvenuti: il Mio Shakespeare in 90 Minuti

Creato il 11 aprile 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Federica Zingarino 

È ancora possibile sorprendere parlando di William Shakespeare? E soprattutto è possibile non annoiare lo spettatore, il cui gusto sta ormai degenerando ed abituandosi a forme di intrattenimento sempre più vuote, rappresentandone le opere immortali? Giulietta e Romeo, Amleto, Riccardo III, Otello, Macbeth: se sentendo questi nomi un brivido vi corre lungo la schiena forse lo spettacolo di cui stiamo per parlare è quello che fa per voi! Tutto Shakespeare in 90 minuti ci regala, infatti, una versione scanzonata e parodistica dei capolavori del Bardo, facendo decisamente centro con una rappresentazione veloce, graziosa e ben articolata e suscitando tantissime risate senza mai essere banale. C’è da dire che la pièce ha una storia importante. Nata dalla penna di Adam Long, Daniel Singer e Jess Winfield, ha debuttato per la prima volta più di trent’anni fa restando per tredici anni ininterrotti in scena. La versione italiana, frutto dello zampino di Alessandro Benvenuti, che si è occupato del riadattamento e della regia, e grazie alla presenza scenica di un bravissimo Francesco Gabbrielli e alla verve di mostri sacri della comicità nostrana come Nino Formicola e lo stesso Benvenuti (nella scorsa stagione teatrale il suo ruolo era interpretato dal purtroppo recentemente scomparso Andrea Brambilla), si conferma spettacolo di livello assoluto. Tra una replica e un’altra, abbiamo raggiunto Alessandro Benvenuti che ci ha raccontato qualcosa di questa bellissima avventura.

Alessandro Benvenuti: il Mio Shakespeare in 90 Minuti

Com’è nata la collaborazione per questo spettacolo?

«La collaborazione per questo spettacolo è una cosa che risale a tanti tantissimi anni fa nel senso che Zuzzurro, Gaspare ed io ci siamo incontrati a Torino per quella storica trasmissione che fu Non stop nel 1977, pensa te, e così è nata la nostra amicizia e per certi aspetti la nostra collaborazione. Noi Giancattivi (trio comico in cui militava Benvenuti NdR) siamo stati nei destini di Zuzzurro e Gaspare già da quel tempo. Io poi li ho aiutati quando decisero di passare dal cabaret al teatro facendo la regia e l’adattando della versione italiana di Andy e Norman che fu, poi, il loro primo grande successo. Due anni dopo gli scrissi Sete che fu il loro secondo successo teatrale. Poi ho fatto pure il regista di film per loro come in Belle al Bar e I miei più cari amici. E a quel punto mi hanno chiesto anche di fargli delle regie televisive. E arriviamo ad un anno e mezzo fa quando si ritrovarono per pensare a questa sfida teatrale, Tutto Shakespeare in 90 minuti, e mi chiesero di partecipare a questa avventura fidandosi di me. Io però, anche se mi avevano chiesto di recitare, mi sono occupato solo della regia e dell’adattamento con mia moglie Chiara. Poi è arrivata la disgrazia improvvisa di Andrea e mi è stato subito chiesto, prima di tutto da Nino in persona, di prendere il suo posto essendo la persona che conosceva meglio questo spettacolo per salvare il lavoro fatto fin lì e la stagione teatrale».

Ci descrivi in breve i ruoli che interpretate nello spettacolo?

«Sono tre protagonisti che si dividono al 33% la responsabilità dello spettacolo. Ruoli? Possiamo definirli tre clown, tre guitti che interpretano tanti ruoli. Si fanno, alcune solamente accennandole e basta, tutte e trentasette le opere di Shakespeare. Un esempio? Io sono un Amleto attempato, Nino interpreta tutte le donne, Francesco fa per esempio Romeo. È una clownerie pazzesca, uno tra gli spettacoli più divertenti che abbia mai fatto o visto. Ma la cosa più pazzesca è che noi cambiamo ruolo ogni cinque minuti: uno spettacolo veloce, pieno di trovate, suoni, gesti, cambi di vestiti ed oggetti di scena».

Alessandro Benvenuti: il Mio Shakespeare in 90 Minuti

La versione originale dello spettacolo risale a tanti anni fa. Com’è stata l’esperienza di questa traduzione?

«Abbiamo dovuto prendere delle precauzioni cambiando, dall’originale, solo due cose. La prima è che il Macbeth noi lo citiamo e basta perché in teatro porta iella e quindi… E poi nel loro spettacolo loro raccontano tutta la dinastia dei Tudor paragonandolo a una partita di football americano cosa non semplice per noi e io ho tentato di riscrivere riadattandolo alla nostra partita di calcio. Ovviamente abbiamo teso ad un umorismo che fosse italiano evitando di farlo diventare regionale. Stiamo parlando di un testo molto brillante già in partenza. Noi rispetto agli inglesi abbiamo aggiunto luci, musiche, suoni che nell’originale mancavano ma che secondo noi funzionano tantissimo. Diciamo che stiamo parlando di un’opera che è andata in scena a Londra per tredici anni ininterrotti: ho una Ferrari in mano, non poteva che andare bene. È uno di quegli spettacoli che ti capita una volta ogni 10 anni».

Fotografie di G. Zamolo


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