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Alessandro Castagna: Stupore

Da Narcyso

Alessandro Castagna, CHIAROSCURI, puntoacapo 2011


Alessandro Castagna: Stupore
Dice Emily Dickinson, il nume tutelare di questo libro:”Ci dona una ferita celeste -/ non ne troviamo cicatrice,/solo una differenza interiore,/ dove risiedono i significati”.
Cosí questi chiaroscuri dipingono attese, rimpianti, paesaggi quotidiani, semplici e dimessi, le albe sgualcite di un mese chiaro come luglio dove “appassisce il sole/ di un altro giorno d’estate”, p 16. Col riconoscimento, quindi, del luogo abitato dalle cose: – una linea che dilegua – .
Alessandro Castagna dichiara di prediligere una poesia ri/flessiva, saturnina, ma con questo chiarimento peró: lo sguardo non stritola, non conserva; piuttosto si fa portatore di un punto di vista oscillante, in grado di rinunciare al suo potere: “L’occhio corre, afferra il nulla,/si dondola sul bianco,/giá insegue un movimento”, p 22.
E ancora: “La lingua è un passo da bébé, curioso/esploratore temerario”, p 30. La lingua é, dunque, stupore dentro la luce della vita che puó scolorire improvvisamente lasciandoci orfani. E con un pegno di dolore.
Le forme deflagrano nello scoppio della troppa opposizione e la parola di Alessandro Castagna le accolgono in gradazioni emotive abbassate, cosicché sinestesie non espresse comandano la parola senza lasciarla sola.
Parola/diario che procede di pari passo con le cose:

Voce
che
accoglie le sue crepe -
le distende, sono varco
nel tuo petto, salto -
conca di cielo.

p 25

  Voce come viaggio che porta conoscenza e schegge: “ricordi sparsi, un paesaggio scarno -/ papaveri di sangue. Le pietre al sole,/pochi i fili d’erba sulle strade”, p 26.
Stupore infine.
La distanza, allora, non puó che essere una gradazione del sentimento, e lo stupore  sfocato, deconcentrato…

Sebastiano Aglieco

***

LA MIA DIMORA

La mia dimora
un filo di silenzio questa sera
i cinque girasoli, i moscerini
che ronzano nell’aria.

p 24

RIPENSANDO ALLA TORRE DEL MANGIA, SIENA

Poi la strettoia scura,
quegli scalini quasi incerti,
- il fiato che già arranca -:
ma s’apre ancora
con sorpresa il paesaggio,
il tonfo verso il cielo.
Lì puoi slegarti da te stesso,
lasciare il tuo respiro al vento:
lì adori, la radice è capovolta.

p 27

MILANO AL PARCO
SOTTO I RAMI

Un sogno è custodito in cima al colle
e vado a visitarlo
per incontrare il giorno.

Ti apre un ricordo: il rosso
del tramonto, noi adolescenti -
e la panchina sotto i rami.

Come un bagliore ti riporta
su un tempo che ti ricompone:
canzoni sussurrate, rime leggere.

p 29

TORNERÀ IN LUCE
A V.B.

Dopo il ricordo, al di là del tempo:
la balaustra, l’urto con l’eterno.
Contro la terra, l’attimo si spezza:
lo sbriciolarsi lento di un respiro.

Lei ora scende sola questo viaggio,
il braccio afferra il vuoto a ogni passo:
l’effige che ricade.

Tornerà in luce questo gesto,
la tua memoria, il tuo farti silenzio.
Tornerà in luce.

p 40

SI STRINGE LA TUA VOCE

I

Si stringe la tua voce fra i miei versi,
l’incontro si nasconde fra le rime.
Sulle piccole bugie dell’inchiostro
si sbriciolano il suono e la distanza…

Si aprono i cancelli della notte,
le lacrime rapprese sulla penna
e i passi là, in quel giardino taciuto
- oltre le parole.

II

Non darmi pace, graffia il sonno,
continua a folgorare la mia luce
- emorragia senza perdono.

Ogni ombra sa fiorire la sua luce
se solo la metti a testa in giù:
le lacrime che stridono la pelle
si fanno melodia.

III

Non è solo la spina che trafigge,
ma la distanza incerta, un gioco fatto
di comparse, fughe e assoluzioni.

Ho varcato la soglia,
toccato la poesia:
le mani si sono insanguinate.
Fuori pioveva,
tremavano i cristalli sui lampioni,
le foglie secche a terra.
Tu non vedevi.

p 43


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