Alessandro Dumas senior: Le tristi vicende del Regno di Napoli

Creato il 27 aprile 2012 da Cultura Salentina

di Lucio Causo

C. Bellay: Ritratto di Alexandre Dumas padre (1878)

Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, figlia di Maria Teresa e Francesco I, sposò nel 1767 Ferdinando IV, re di Napoli. Ambiziosa e di forte temperamento, fece licenziare il ministro Bernardo Tanucci, infaticabile riformatore del Regno, dopo essere stato reggente dell’augusto giovinetto fin dall’età di nove anni. Impose al marito di entrare nella sfera politica dell’Austria e della Gran Bretagna e di coalizzarsi contro la Francia che, sotto la guida di Napoleone, fece ribellare gli intellettuali napoletani fino a giungere alla “tenebrosa”  Repubblica Partenopea.

Alessandro Dumas senior, figlio di un generale francese mulatto, scrittore di successo, autore dei romanzi: Il conte di Montecristo, I tre moschettieri e Vent’anni dopo, raccolse le testimonianze del padre sugli episodi della rivolta napoletana del 1799 proprio nel periodo in cui si trovava a Napoli, ospite di Giuseppe Garibaldi.

Il generale Garibaldi l’aveva chiamato nel 1860 per fargli dirigere gli scavi di Pompei ed i musei napoletani dei quali si occupò successivamente il salentino Michele Arditi.

Dumas, con l’occasione, prese visione dei documenti che riguardavano i processi dei cospiratori e definì Luisa Sanfelice “una gloria del patriottismo napoletano”.

La permanenza dello scrittore francese a Napoli durò quattro anni, durante i quali scrisse “Les Garibaldiens” e “La storia dei Borboni di Napoli”, citata spesso da Benedetto Croce. Inoltre fondò l’Indipendente per pubblicare “La Sanfelice” che fu stampata contemporaneamente a puntate su La Presse di Parigi. Poi, nel 1864, si allontanò da Napoli.

Alessandro Dumas senior scrisse anche Emma Lyona, opera in cui emergono i patrioti napoletani giustiziati, esiliati o martirizzati nei forti di Sant’Elmo, di San Martino, del Maschio Angioino e di Castel dell’Ovo. Da questo suo scritto successivamente gli storici attinsero le notizie per ricostruire quel triste periodo della storia napoletana certi di una sicura attendibilità.

In “Emma Lyona” si rilevano le azioni della consorte dell’Ambasciatore Hamilton che piegò l’animo dell’Ammiraglio Nelson ad atti sleali verso i patrioti del 1799, nello stesso periodo in cui Gaetano Filangieri ospitava Goethe che lo aiutava a divulgare all’estero la sua “Scienza della Legislazione”.

Sembra veritiera la versione secondo la quale a far giustiziare Luisa Sanfelice sia stata la regina Maria Carolina con la sua autorevole influenza.

L’opera scritta per questa donna sventurata dal Dumas è rimasta dimenticata per circa un secolo.

Un recluso del forte di Saint Nicolas di Marsiglia la ritrovò nella biblioteca della prigione. Una volta segnalata a Giovanni Grenier, venne ristampata nel 1954 dal Club Francais du Livre.

E’ stato detto che per Dumas lo scrivere era divenuto una specie d’industria e che a lui importava soltanto mettere insieme molte avventure senza curare l’analisi di ciò che trattava: i suoi lavori dovevano raggiungere le tipografie per sfornare entro tempi brevi nuovi libri.

L’artista salentino Giovanni Calò nel 1922 disse che il quadro “La Sanfelice in carcere” di Gioacchino Toma,

è un dipinto che rileva una gentile figura di donna in attesa del nascituro; la madre non ha niente di tetro, né la prigione, motivi che fanno nascere spontaneo un sentimento di riverente pietà.

Ma il generale Pietro Colletta riporta nella sua “Storia del Reame di Napoli”, edita nel 1870 da Pagnoni, la realtà drammatica della Sanfelice:

Cominciò il suo processo, di una donna che fu cagione dello scoprimento della congiura dei Baker… La misera donna vergognosa dell’offesa pudicizia fu menata in orrendo carcere… e condannata a morire e subito moriva se non diceva di esser gravida… Il supplizio fu sospeso… il re da Palermo ne rimprocciò per lettera la Giunta, dicendo inventata la scusa e sedotti gli esperti… Comandò che la donna fosse menata in Sicilia per essere osservata dai medici della Casa, ma in Palermo, accertata la gravidanza, fu chiusa in carcere aspettando il primo giorno di vita per la prole e l’ultimo per la madre.

Gioacchino Toma, Luisa Sanfelice in carcere (1874)

Durante la Repubblica Partenopea la Sanfelice venne a conoscenza di una cospirazione realista, i cui fili erano tirati da uno svizzero naturalizzato, un certo Baccher.

Fu un’imprudenza di origine sentimentale a perdere i congiurati, che erano muniti di un contrassegno di riconoscimento segreto. Il fratello di Baccher ne regalò uno alla donna che amava, Luisa Sanfelice, e la donna lo girò ad un giovane ufficiale, suo amante, di nome Ferdinando Ferri, che denunciò l’intrigo alle autorità. La congiura fu sventata (Gennaro e Gerardo Baccher furono fucilati nelle ultimissime ore della repubblica) e la Sanfelice ne ottenne il merito. Quello dei Baccher fu il solo delitto di cui si macchiarono i patrioti.

Dopo la restaurazione borbonica, Luisa Sanfelice fu processata proprio per questo delitto e dopo un anno di carcere, perché aveva dichiarato di essere gravida, fu condannata a morte.

La polizia napoletana aveva anche accertato che la Sanfelice si era procurata un salvacondotto per Vincenzo Cuoco e per altri patrioti che, per salvarsi, cercavano di lasciare Napoli.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :