“Sono stata ad un passo dalla morte. Vicina un soffio…”
A parlare è Alessia M., oggi 40enne, spagnola di adozione. Racconta l’inferno che ha attraversato per mano di un uomo. Il suo amore la costringeva a drogarsi, iniettandole eroina nelle vene.
“Quando son diventata la sua ragazza avevo 17 anni, lui 26 – spiega – era un tossicodipendente, ma non lo sapevo: era un geometra rispettabile, impiegato al Comune della cittadina dell’entroterra leccese, dove entrambi siamo nati e cresciuti”.
L’incubo di Alessia comincia dopo solo qualche mese di coccole e affetto. “Un pomeriggio, a casa sua – racconta – mi prese il braccio e mi infilò un ago nelle vene… fu l’inizio della fine. La mia. Da quel giorno, Marco mi costrinse a far uso dell’eroina; divenni doppiamente dipendente, da lui e dalla droga”.
Se Alessia si rifiutava, volavano schiaffi, botte e ricatti. “Lo dico ai tuoi che sei una tossica, una sgualdrina. Ero piena di paura, di vergogna, mi riempiva di offese, umiliazioni. Quel che riuscivo a fare era solo sopportare il dolore dell’anima, fino alla dose successiva di effimero paradiso. Trascorrevamo i pomeriggi e le sere a casa sua. Quando usciva a cercare la droga mi chiudeva a chiave e dovevo aspettare lì… segregata in quell’appartamento. E lui rimaneva fuori per ore e ore”.Le parole le si fermano in gola, gli occhi gonfi di ricordi guardano in basso.
Intanto passano due anni e Alessia, finita la scuola superiore, decide d’iscriversi all’Isef di Urbino: “Speravo di sfuggire a lui, quanto meno- dice – perché ormai la droga era nelle mie vene e non sapevo come farla uscire”.
E così fu. Marco scomparve dalla sua vita: “Ingenuamente mi sentivo tradita, abbandonata, ma compresi che il suo unico amore era stata sempre l’eroina. Ero sola con i miei problemi e i miei segreti, che mi logoravano sempre più”.
Nella cittadina universitaria la ragazza tenta una vita normale, ma l’eroina è più forte di tutto: “Non riuscivo a sostenere gli esami, né a frequentare costantemente le lezioni – aggiunge – la mia priorità era farmi.. ma soprattutto cercare i soldi. Cominciai a prostituirmi a Rimini e Riccione. Le mie coinquiline mi vedevano sparire per giorni – inventavo che ero ospite di altre amiche – ma la verità era che andavo a vendere il mio corpo per pochi soldi sulla riviera romagnola.. per acquistare quanta più eroina potevo. Avevo solo 20 anni e stavo già perdendo i denti, erosi dalla droga, la mia gioventù era già sfiorita: riuscivo a trovare solo vecchi bavosi e pure pochi”.
Alessia racconta di anni universitari bui : “Non avevo neppure la forza di far la spesa… rubavo il cibo alle ragazze con cui condividevo l’appartamento… mangiando quel che capitava senza sentire sapore o odori.. una volta mi trovarono a mangiare pasta cruda e maionese…”.
A salvarla è stata un furto proprio in quella casa, proprio ad una sua amica che un giorno si accorse della mancanza di un paio di orecchini di oro. “Non ero in casa – dichiara – ma le ragazze dell’appartamento decisero di cercarli in tutte le stanze, anche nella mia. Sotto il mio letto scoprirono una busta dove conservavo il cucchiaio per bruciare l’eroina e le siringhe. Allora capirono la radice di tutte le mie stranezze. Quel momento fu la fine del mio incubo e l’inizio del calvario durato tre anni per uscire dalla droga. Le ragazze telefonarono a casa dei miei e raccontarono tutto… non lo fecero per me – ora lo so – ma perché temevano che avessi l’Aids e potessi contagiarlo”.
I genitori la raggiunsero ad Urbino e la riportarono a casa. “Marco lo venne a sapere – racconta – mi tempestava di telefonate e appostamenti. Le crisi d’astinenza erano durissime e lui mi aiutava, portandomi l’eroina. Venni scoperta da mia madre svenuta in bagno con l’ago nelle vene. Lì i miei genitori capirono che il mio non era un problema che poteva risolversi tra le mura domestiche. Mi costrinsero ad andare in una comunità vicino Lecce ed anche lì Marco – che mai aveva smesso di farsi – mi portava la droga, dicendomi che mi amava ancora, di voler il mio bene”.
Scoperta ancora una volta, mio padre si decise al sacrificio estremo: allontanarmi dalla famiglia, dalle mie origini, da tutti. Venni spedita in Spagna in un casa di recupero per tossicodipendenti all’ultimo stadio: pesavo 40 chilogrammi per 1.75 cm di altezza”.
Lì Alessia ha vissuto per 5 anni, fino ai suoi 30 anni. “Mi hanno ricostruita dall’interno – dice- pezzo per pezzo, è stato un lavoro molto duro e doloroso: ma è stato come nascere una seconda volta, mi hanno anche insegnato un lavoro”.
Oggi, a 40 anni, due figlie, un marito dolce e affettuoso che tutto conosce del suo passato, è serena.
“Mai avrei pensato di diventare una scultrice – confessa- l’argilla che modello mi ricorda la vita che può essere plasmata da mani sapienti…. oppure l’opposto. La forza per tornare in Italia non l’ho mai trovata, ma forse la mia vera forza è andare avanti, senza guardare più indietro. Mai più”.
Ma le sue opere, che vende ai negozi di souvenir di Barcellona parlano di sé, di rinascita e di amore per la vita.
Stefania Lisena