alessia e michela orlando: CONOSCERE LA BELLEZZA PROVENENDO DALL'ORLO DEL BARATRO-GIUSTINO FORTUNATO-RICORDI DI NAPOLI

Creato il 22 agosto 2010 da Gurufranc

….a cui riluce

Di Capri la marina

E di Napoli il porto e Mergellina.


VOCI OBIETTIVE E OBIEZIONI

GIUSTINO FORTUNATO

RICORDI DI NAPOLI

LA PITTURA NAPOLETANA

I CAMPI FLEGREI – LE CITTÀ SEPOLTE

LE BADIE – PAESTUM – IL VESUVIO

SOCIETÀ EDITRICE NAPOLI

A ogni capitolo un esergo di pregio.

Giustino Fortunato nacque a Rionero in Vulture il 4 settembre 1848 da Pasquale e Antonia Rapolla. Trascorse l'infanzia con il fratello Ernesto, più piccolo di due anni. Frequentò il collegio dei Gesuiti a Napoli e il convitto degli Scolopi di San Carlo alle Martelle. Conseguita la licenza liceale si iscrisse all'Università e si laureò in Giurisprudenza nel 1870. Si occupò di studi letterari seguendo le lezioni tenute da Giuseppe Settembrini e Francesco De Santis. Fu candidato ed eletto al Parlamento nel 1878, collegio di Melfi, restando parlamentare fino al 1909. Il leit motiv dei suoi interventi, come dei suoi scritti storici e politici, e gli articoli pubblicati in numerose riviste: il Mezzogiorno. Denunciò le cause delle arretratezze economiche, le condizioni sociali, i gravosi fenomeni naturali. Dai suoi scritti viene il tema della cosiddetta "Questione Meridionale" e la richiesta pressante di interventi straordinari dello Stato a favore del Mezzogiorno. Opere significative: "Pagine e ricordi parlamentari"1920; "Il Mezzogiorno e lo Stato italiano. Discorsi politici (1880-1910)",1926; "In memoria di mio fratello Ernesto",1928. "Le strade ferrate dell'Ofanto",1927.

Sul rapporto con il fratello Ernesto vorremmo segnalare un fatto che spiega la matura e piena consapevolezza politica di Giustino Fortunato su alcuni temi (si va ben oltre la collocazione sugli scranni del Parlamento: la destra e il posizionarsi in ambito liberale; la Storia brucia presto le teoriche autocollocazioni o quelle attribuite da altri in maniera apodittica, senza una valutazione serena del modo con cui si conduce la propria vita, le vere scelte di valore e i risultati del proprio agire). Si è nel 1860; i due fratelli sono a Napoli; furono costretti a sospendere gli studi per ritornare a Rionero: la loro famiglia era stata trascinata nelle lotte tra famiglie per gestire il potere locale, del quale si evidenziava come pressante la minaccia di improvvisi incendi, focolai di lotte contadine e ribellioni di massa. Si era sull'orlo del baratro: l'Unificazione dell'Italia era solo un impianto teorico, violento da parte dello Stato e altrettanto violento nella risposta del brigantaggio politico (vi era, non lo si può negare, anche quello banalmente criminale).

La borghesia si credeva ingiustamente taglieggiata dal Brigantaggio. Giustino Fortunato, dunque, appena tredicenne e il fratello undicenne, furono colpiti dalla cascata di avvenimenti sempre più violenti e cruenti. Non bastarono loro le lamentele delle persone conosciute; si posero la vera domanda: Perché? Perché i contadini reagivano? Soprattutto Giustino, più consapevole anche per ragioni anagrafiche, guardò i contadini con un vivo e sincero sguardo, ricco di umanità, la loro vita fatta condurre in maniera disumana, spesso con la coercizione. Comprese fino in fondo le reazioni, gli atti di violenza, l'odio che percorreva i loro corpi, ormai pronti ad alzare la schiena.

Quando tornò la calma, dopo le obbligate emigrazioni transoceaniche, le deportazioni, le leggi omicidiarie, i due fratelli ritornarono agli studi. Nulla era più come prima. La loro stessa famiglia era stata costretta a trasferirsi a Napoli. Dopo la laurea, 1870, si assegnò un compito: occuparsi del Mezzogiorno d'Italia. Fu apprezzato da intere generazioni di studiosi meridionalisti,pur non mancando chi non ne condivise il cosiddetto pessimismo geografico, come accadde con Francesco Compagna che coniò questa espressione.

IL LIBRO

Giustino Fortunato, è poco più che ventenne quando decide di scoprire i luoghi campani che tanto affascinarono i viaggiatori del Grande Tour. Segue le loro orme e redige diari di viaggio che infarcisce di impressioni e rilievi critici. Napoli, e le altre località campane, ormai note in tutto il mondo, diventano luoghi di sperimentazione e di lunghe passeggiate formative. Contrariamente a quel che lascerebbero pensare la sua giovane età e le sue stesse dichiarazioni, professioni di modestia anche sul piano della qualità letteraria, è già molto colto. Le sue basi si reggono sulla cultura del mondo classico e non manca l'attitudine a cogliere e mettere su carta alte citazioni filologiche. Conosce benissimo i diari di viaggio di Goethe, di Maxime du Camp, di alessandro Dumas, di Madame de Stael e tanti altri viaggiatori. Conosce bene anche la filosofia tedesca: la utilizza come fondamentale arma di analisi per la riscoperta geografica e letteraria dei luoghi dove si estendono le sue gite pedestri con una brigata di amici, senza essere mai pervaso dalla voglia di voler rubare il mestiere ai compilatori di Guide.

L'inizio, una raccomandazione del 3 maggio 1874:

Una dichiarazione necessaria. Desidero che il lettore non s'immagini ch'io abbia raccolto queste pagine, perché creda in esse qualche pregio letterario. Sono articoli scritti qua e là, ad intervalli e con fini diversi; sono ricordi di gratissime passeggiate. Non intendo qui ritrarre la terra dell'egloga virgiliana e delle antiche divinità greche, la maestà delle rovine imperiali, l'appassionata gaiezza della moderna Partenope, la vita fortunosa del suo popolo: tutto ciò si rivela solo a chi sul posto interroghi amorosamentepassato, ma non è dato a me descrivere e trasfondere, con l'arte della parola, nell'animo del lettore.

Dunque, pochi fogli staccati d'un albo; (…) Un itinerario breve ma fedele, senza esagerazioni e senza pedanteria: ecco insomma il vero titolo che si conviene – ed io spero che non gli verrà negato – a questo libro.

Il quale, a chi ha già visto Napoli, richiamerà forse alla mente più d'una cara rimembranza; e a chi vorrà visitarla, sarà compagno (se mai gli cadrà tra le mai) con la familiarità di un amico e con l'interesse di chi fa da scorta nel proprio paese.

Seguono i vari capitoli, sei: La pittura napoletana nel Museo Nazionale; Gite pedestri de' Campi Flegrei; Le città sepolte; Le Badie; Una traversata a Paestum; Ascensione notturna al Vesuvio.

Ognuno (eccetto LE BADIE) è preceduto da un esergo che ne rappresenta significativamente il senso. Ci limitiamo a riportarli con l'incipit di ogni capitolo.

°°°°°

I.

LA PITTURA NAPOLETANA

NEL MUSEO NAZIONALE

…raunai le fronde sparse.

         Della scuola pittorica napoletana, tanto male studiata fin'oggi, il Museo di Napoli, com'è naturale, conserva la più completa e numerosa pinacoteca. Per la nostra natia infingardaggine e per l'invidioso silenzio di Giorgio Vasari, gli artisti meridionali furono ben poco celebrati, e pure non eran dammeno a tutti gli altri italiani.

II.

GITE PEDESTRI NE' CAMPI FLEGREI

La nature, la poésie et l'hi

Stoire rivalisent ici de gran-

deur; ici l'on peut embrasser

d'un coup d'oeil tous les

temps et touts les prodiges.

DE STAËL

Napoli, 15 febbraio 1870

Chi desidera osservare la riviera bellissima che si stende da Posillipo a Cuma, deve scendere il primo giorno sul Monte de' Camaldoli: il quale, coronato da un boschetto di alberi e dal campanile della chiesa, si eleva per 450 metri fra tutt'i colli de' Campi Flegrei.

III.

LE CITTÀ SEPOLTE

Torna al celeste raggio. Dopo

L'antica oblïvion, l'estinta

Pompei, come sepolto Sche-

letro, cui di terra

Avarizia o pietà rende all'aperto.

LEOPARDI   

Chi non ha visto o sentito parlare di Pompei? Chi v'è che neghi esser una delle grandi meraviglie e ciò che v'à di meglio ne' dintorni di Napoli? Eppure, i più restano disillusi o perché aspettano ben altro o perché in quel mucchio di rovine non giungono a farsi un quadro esatto dell'antica necropoli.

IV.

LE BADIE

Tra il Vesuvio e il Tirreno, tra un braccio all'altro del golfo, con nuovi prospetti sempre ricchi e sempre inattesi, fra la costa che spunta e quella che sparisce: la strada ferrata di Salerno corre a questo modo, insino a Torre Annunziata, a' piedi d'una fila non interrotta di paesi. Nella pianura di Scafati, a misura che si allontana la costa di Sorrento, cominciano a comparire d'ambo i lati due lunghe catene di monti, - le quali, ricongiunte poi a Nocera, proseguono ad occidente per una gola intramezzata da valloni e pendici. Avanti però che si esca di bel nuovo sull'azzurra baia di Vietri, il terreno si allarga a mano destra con borghi e villaggi, e si appoggia ad una cerchia di coni verdeggianti. Qui è una valle Svizzera, dice il Valery, col sole e gli oliveti del mezzogiorno; e qui sorge Cava da' portici angusti e da' vecchi fabbricati.

L'alpestre burrone di Bonéa, che risuona ne' foschi dirupi delle acque cadenti da' mulini, si chiude alle falde del Monte Finestra, fra due pareti rivestite di castagni, nella facciata semplice e moderna della Badia della Trinità.

V.

UNA TRAVERSATA A PAESTUM

O voi d'ignote deità superbi

Templi, passò de' ecoli il torrente

Da che qui state solitari; è muto

Il sacro canto entro le mura; il fuoco

De' sacrifici sull'altare è spento.

Il vîator che la sua mente ispira

A classiche memorie, entro i scolpiti

Fregi discopre dell'augello il nido

Inviolato, libero: e le immani

Colonne ammira, che circonda e veste

L'edera solitaria, a cui natura

D'una mesta beltà diede il sorriso!

ROGERS

In sull'alba d'un bel giorno d maggio, in compagnia d'una ventina di giovani tedeschi, salpai dalla rada di S. Lucia a bordo del Tifeo. Seduto a poppa, vedevo poco dopo il battello a vapore fendere rapidamente la superficie increspata della acqua, e spiegarsi d'innanzi a un tratto i due seni dell'ampia città, - che sale in anfiteatro fin presso alle mura annerite di castel Sant'Elmo. Quel panorama, unico piuttosto che raro, si abbraccia in effetti al primo colpo d'occhio di là del mastio isolato di castel dell'Ovo; e l'animo si allegrava ancor più in quell'istante pe' cento colori e la serena calma del mattino, che mirabilmente contribuivano al sorriso di quel golfo sempre lieto ed incantevole.

VI.

ASCENSIONE NOTTURNA AL VESUVIO

Das Schereckiche zum Schö-

nen, das Schöne zum Schre-

cklichen

GOETHE

Chi guardi anche una volta dal porto di Napoli le mole bipartita del Vesuvio, che scende isolata d'ambo iversanti con dolce declivo e che occupa tutta quanta il maggior lato dell'oriente, converrà senza dubbio che pochi giochi la superano per incanto di linee e soavità di colori.

LE ULTIME PAROLE DEL TESTO

….a cui riluce

Di Capri la marina

E di Napoli il porto e Mergellina.

La foto: LA SALA DEI BRONZI al MANN. Scatto, databile tra il 1854 e il 1914, di Giorgio Sommer (1834-1914).



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :