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Alessio Boni: "Io e la peggio gioventù" (Il Messaggero)

Creato il 26 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
Gli occhi. Non più quelli di un ragazzo. Parlano, capiscono e hanno voglia di comprendere, di non lasciarsi sfuggire la gente, le cose. Occhi di un uomo. Che senza gettare alle ortiche spensieratezza e ironia, "voglia il cielo che non mi abbandonino mai", è diventato adulto. Una maturità che si riflette nel suo mestiere. Entra nei personaggi riuscendo a renderli veri, Alessio Boni. Con la forza della passione, senza la minima incertezza, "ma nella vita insicurezze, domande, dubbi sono il motore della ricerca di ognuno di noi". Protagonista domani e dopodomani sera su Raiuno de L'Ingegnere, capitolo finale della trilogia Gli anni spezzati, è reduce da un altro impegno colossale sempre per Raiuno, Il ritorno di Ulisse. E attualmente, in questi giorni a Palermo, è in palcoscenico con Alessandro Haber ne Il visitatore, di Eric Emmanuel Schmitt.
Con quella faccia un po' così, rassicurante, imprevedibile, borghese, selvaggia, limpida, arrabbiata, anticonformsta, Alessio Boni potrebbe interpretare uno, nessuno e centomila. Dopo tanto cinema, teatro e tv, diretto da registi come Liliana Cavani, Cristina Comencini, Anna Negri, Giordana, Andò, Incerti, Lizzani, riesce a dominare i personaggi, senza sovrastarli. Raccontandoli. Così come sono.
Il suo è l'unico ruolo immaginario de Gli Anni Spezzati...Un uomo per bene, colto, con l'etica in regola. Un vedovo, un padre che vive la tragedia di una figlia terrorista. E crolla. Ma poi trova il coraggio per rialzarsi, anche se sulle ginocchia.
Che cosa ricorda dell'Italia di allora?Nascevano le Br e io ero un bambino, loro prendevano piede e io non ero nemmeno adolescente. Stavo a Sarnico, un paesino tranquillo in provincia di Bergamo, i miei erano proletari, non politicanti. Ricordo la loro indignazione per l'assassinio di Moro, per i sequestri, la violenza. Ricordo che dicevano: di sera non si può andare a Milano, di sera è pericoloso. Ma il web non esisteva e le bombe, gli attentati di Roma, Torino, Genova sembravano lontane, attutite, ovattate da una quotidianità semplice. Vinte da un'infanzia bella, trascorsa a scuola, sul greto del lago, all'ombra degli alberi.
Che cosa pensa oggi di quei gruppi armati?I Settanta sono stati gli anni dell'esplosione, nell'arte, nell'industria. Tutto era amplificato. Come il fermento delle idee, la voglia di spaccare il mondo, di cambiare. Ma in nome delle ideologie non si possono uccidere le persone che non la pensano come te. Ma quale rivoluzione? L'esasperazione porta a violenza che ti sbrana, ti priva della vita, della libertà. Una follia. Che cosa ha lasciato quell'epoca? Cadaveri più o meno eccellenti. Le idee le ha spazzate via il vento.
Prima de L'Ingegnere ha girato Ulisse...E' stato come fare 6 mesi in più di servizio militare tra coach - la presa diretta era in francese - maestro d'armi, scudi, lance, arco e frecce, 7-8 ore di riprese... E' un Ulisse fedele al testo di Omero e proprio per questo moderno. Impavido nel mostrare in tv quella Grecia antica, nuda, omosessuale, violenta.
Come mai è andato in onda in Francia e in Italia no?Magari saperlo. Ho chiesto in Rai: nessuna risposta.
Dall'intervista di Micaela Urbanoper "Il Messaggero"

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