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Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 01 (di Mirko Pazienza)

Creato il 28 dicembre 2012 da Istanbulavrupa

Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 01 (di Mirko Pazienza)
Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 02 (di Mirko Pazienza)
Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 03 (di Mirko Pazienza)
Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 04 (di Mirko Pazienza)

Appena divenuto imperatore, nell’aprile del 1081 il giovane Alessio I,
dovette fronteggiare due pericoli: ad est i Turcomanni ormai padroni di quasi
tutta l’Anatolia romana, e ad ovest i Normanni di Puglia, guidati dal loro duca
Roberto il Guiscardo, e di cui un’avanguardia al comando del figlio Boemondo
(1050-1058 c. – 1111) era già sbarcata tra Durazzo e Valona alla fine del 1080.
Non staremo qui a ripercorrere le vicende della pur importante guerra romano-
normanna del 1081-1085, e che, per certi versi è un anticipo delle successive
crociate franche in Oriente.
Ciò che qui ci interessa, è cogliere ancora, il difficile rapporto tra potere
politico-religioso romano-bizantino con la componente pauliciana e la sua
tenace resistenza all’integrazione nel tessuto civile-militare religioso romeo-
ortodosso.
Alessio, resosi conto che i Turcomanni erano per il momento il male minore,
dirottò fin dal giugno 1081 le sue forze contro i più aggressivi Normanni di
Puglia, il cui leader, Roberto il Guiscardo (1015-1085), dopo aver conquistato
la Longobardia minor/Puglia romana, si apprestava ad allargare le sue
conquiste, verosimilmente fino a Costantinopoli.
Dovendo dunque lottare per la salvezza della Romània, Alessio radunò tutte le
forze disponibili, tra cui il contingente pauliciano di Filippopoli, forte di
circa 2800 uomini, tutti esperti soldati al comando dei loro comandanti (anch’
essi pauliciani) Xantas e Culeone.
Dopo la disfatta romana di Durazzo (15-18 ottobre 1081), con Alessio a stento
sottrattosi alla cattura da parte dei Normanni, l’intero contingente pauliciano
che doveva aver perso circa 300 uomini, disertò e tornò a Filippopoli.
Nei due anni successivi, Alessio più volte sconfitto dal Guiscardo e da
Boemondo che avanzarono in profondità nel Balcano romano fino al Vardar e fin
quasi all’Egeo, Alessio dicevo, disperatamente bisognoso di soldati, implorò
più volte il soccorso pauliciano, offrendo il suo perdono. Ma a Filippopoli
fecero orecchio da mercante.
Per cui, dopo aver vinto Boemondo a Larissa (settembre 1083) e a Kastoria
(ottobre-novembre 1083), e scongiurato momentaneamente il pericolo normanno,
Alessio sulla via del trionfale ritorno a Costantinopoli pensò bene di punire
questi tenaci ribelli armeni.
Ritenendo non opportuno avventurarsi direttamente a Filippopoli, con uno
stratagemma, convocò i notabili pauliciani a Mosinopoli (oggi delle rovine
presso Komothini), facendoli entrare uno per volta, dopo averli fatti
disarmare.
Avuti i leaders pauliciani in mano sua li fece imprigionare per alto
tradimento, e diserzione, obbligandoli a scegliere tra il Battesimo Cristiano
Ortodosso e la prigionia.
Alcuni si convertirono e potettero quindi tornare a Filippopoli, ma per i
recalcitranti ci fu la prigione nelle isole (forse ai Principi o nell’Egeo) e
la confisca delle proprietà.
Quest’ultima misura, nonostante i tentativi “riduzionisti” di Anna Comnena,
figlia primogenita e principale biografa di Alessio I (e nata proprio in quei
giorni), dovette essere assai più pesante di come appare nell’Alessiade, la
biografia suddetta di Alessio I, e redatta dalla figlia molti anni più tardi,
nel periodo 1137-1148.
Misura talmente grave da provocare una nuova e virulenta guerra romano-
pauliciana, poi sfociata nella più grave e mortale minaccia pecenega.

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