Oggi il popolo greco si recherà alle urne per rinnovare il Parlamento dopo la mancata elezione del presidente della repubblica lo scorso dicembre.
Syriza, coalizione di sinistra radicale, guidata dal giovane Alexis Tsipras, candidato precedentemente all’elezioni europee del 2014, è in testa ai sondaggi. Propone un rinnovamento del ruolo della Grecia a livello europeo: da cavia di sperimentazione delle politiche neo-liberiste che fanno dell’austerity il loro punto di forza a cavia di un cambiamento radicale proveniente da sinistra. L’Europa, qualora Syriza vincesse, si deve preparare per un’altra sfida i cui esiti avranno enormi ripercussioni sulla governance comunitaria e sulla gestione dell’economia.
Da una prima comunicazione del programma elettorale di Tsipras accostata ai rumor originati dai piani alti delle istituzioni europee, sembrerebbe che proponga un progressivo allontanamento dall’Europa ma in realtà il suo obiettivo è quello di discostarsi dalla visione europea dei burocrati. Ha confermato di voler restare nell’euro senza infrangere le obbligazioni previste dai trattati europei ma ridimensionando i vincoli imposti dall’austerity che, puntualizza, non è prevista dal alcun trattato dell’Unione.
Alla politica neoliberale sostenuta da Berlino, Syriza contrappone una soluzione socialista di stampo keynesiano il cosiddetto New Deal Europeo che promuove il ruolo degli investimenti pubblici piuttosto che misure finalizzate esclusivamente alla riduzione del debito e al rispetto dei vincoli di stabilità. Per non essere sommersi dalla crisi, ritiene Tsipras, bisogna che l’Europa cambi direzione per continuare ad esistere, modifichi i parametri di austerità e rilanci le politiche sociali che diano fiducia a tutti i cittadini europei consentendo così la ripresa dei mercati.
Il New Deal di Tsipras già proposto alle elezioni europee, è il modello economico che vuole adottare in Grecia e poi qualora funzioni esportarlo in Europa. Si struttura come piano di rinascita nazionale che si accinge a sostituire quello imposto dalla troika. Gli investimenti pubblici costituiscono la chiave per la ripresa, non più legati ai vincoli del patto di stabilità. Il suo programma è articolato in quattro punti: sconfiggere la crisi umanitaria garantendo l’elettricità a costo zero e buoni pasto per più di 300.000 famiglie , rilanciare l’economia interna stabilendo il salario minimo a 750 € e l’abolizione della tassa unica sulla casa, incentivare l’occupazione creando più di 300.000 posti di lavoro e ristabilendo i diritti dei lavoratori e i contratti collettivi e per ultimo riformare la politica attraverso l’organizzazione regionale dello stato.
Tsipras, però, si trova a operare in un contesto politico- economico diverso da quello del 2007 dove la recessione aveva distrutto il Pil e creato un alto tasso di disoccupazione. La Grecia oggi, grazie alle politiche europee, agli aiuti e alle riforme dettate dalla Troika, ha avuto l’opportunità di raggiungere un avanzo pubblico primario e un pareggio di bilancio esterno che consentirebbero di avviare il suo programma. La crisi e la recessione che la Grecia ha affrontato in parte è stata causata da una politica sociale interna eccessivamente interventista ai limiti degli sprechi. Per evitare una ricaduta rievocando le strategie fallimentari dei governi precedenti, Tsipras non deve considerare come unica via di uscita l’aumento di investimenti pubblici ma deve restare ancorato ai patti con l’Unione Europea rinegoziando le condizioni.
Qualora Tsipras rifiutasse di pagare parzialmente il debito utilizzando i risparmi sugli interessi, per attuare le politiche sociali, corre il rischio di far uscire la Grecia dall’euro bloccando così l’accesso ai mercati internazionali dei capitali e alle politiche di investimenti varate della Bce. Il cambiamento di rotta da lui proposto non può funzionare senza considerare la Grecia parte integrante dell’Europa e l’Europa come motore di ripresa per la Grecia.
Piketty, autore del best-seller Il capitale nel XXI secolo, ha elogiato la figura di Tsipras considerandolo come il portatore di una “rivoluzione democratica” necessaria in Europa che si trova in mezzo a due fuochi pronti con strumenti diversi a determinare la sua auto-distruzione.
Da una parte l’estremo prolungarsi di politiche neoliberiste e il concentrarsi esclusivamente sullo sviluppo dei mercati finanziari ha distrutto la coesione tra gli Stati e ha autoalimentato la depressione; dall’altra i movimenti estremisti all’interno dei paesi dell’Eurozona, cavalcando l’onda degli effetti fallimentari della politica neo-liberista, propongono come unica soluzione l’uscita dall’Europa. Il programma di Tsipras, se riuscisse a controllare la spesa pubblica, potrebbe invece essere il giusto rimedio per salvare l’Europa dal suo immobilismo e dal suo allontanamento dai bisogni reali dei cittadini europei.
La rivoluzione democratica che Tsipras vorrebbe attuare, qualora vincesse, avrebbe un effetto domino dirompente poiché gli altri Stati Europei, soprattutto dell’area mediterranea quali il Portogallo e la Spagna dove sono prossime le elezioni e dove i movimenti di sinistra anti-austerity acquisiscono sempre più consenso, sarebbero notevolmente influenzati. Il cambio di rotta che potrebbe avviarsi dalla Grecia è quindi destinato a superare i confini della penisola Ellenica e a modificare i rapporti di forza in Europa.
di Sarah Dipietrangelo per The Freak ( All rights reserved)