Di Mario Marrandino. Più controlli ed ispezioni sulle spiagge: l’obiettivo di Alfano è caccia all’abusivismo. “Gli italiani sono stanchi di essere insolentiti da orde di ‘vu cumprà’, dobbiamo radere al suolo la contraffazione” e attacca i migranti che arrivano sulle nostra spiagge e nelle nostre piazze allestendo bancarelle di fortuna e vendendo prodotti falsi. Per quanto queste parole possano essere condivisibili o meno, indipendentemente dalla fazione politica, è scoppiato un nuovo scandalo razzista, dal noto “bananagate” al nuovo “vucumpropoli”: “Basta espressioni razziste”, Alfano “è come Tavecchio“, così si scatenano i social:
Messa in questi termini, la questione potrebbe anche essere passabile. Anzi, lo è a tutti gli effetti. Ma a scatenare le proteste è stato il modo di porsi del ministro che avrebbe definito i venditori ambulanti come “un’orda di vu cumprà”, non nel privato di casa sua, ma davanti alle telecamere, in un tweet e nel comunicato ufficiale con cui il Viminale annunciava la conferenza stampa: “Con l’operazione ‘Spiagge sicure’, i turisti, i nostri cittadini, potranno trascorrere le loro giornate in spiaggia, senza la processione dei ‘vu cumprà’, prevalentemente extracomunitari, dediti al commercio abusivo di prodotti di provenienza illegale”.
Oltre ai tweet delle immagini precedentemente proposti, ci sono diversi altri pareri che iniziano a pesare sul nome di Alfano. Il presidente della Commissione diritti umani Luigi Manconi chiede al ministro di porsi in toni validi, usando un “linguaggio più responsabile”. Mario Giro si dice “deluso” e aggiunge che ha fatto uso di “epiteti ormai tramontati”. “Con fatica siamo riusciti a modificare il linguaggio e la percezione degli italiani sui lavoratori stranieri e non credo che sia il caso di recedere”.
Non è solo il mondo politico a muoversi. Come un “Tavecchio 2.0″, l’opinione pubblica si è riversata sulla questione:
-La Caritas: “Purtroppo abbiamo sentito nelle parole di Alfano usare nuovamente termini che pensavamo ormai desueti e passati”;
-Sant’Egidio: “Colpisce l’uso di un termine dispregiativo, che certo non favorisce una corretta visione delle cose e tanto meno la soluzione del problema”;
-L’Associazione “Carta di Roma”: “… O Alfano non sa che ‘vu cumprà’ è in disuso persino negli ambienti xenofobi o l’ha deliberatamente usata per altre ragioni”;
-Il Sindacato autonomo di polizia si accoda al fiume di critiche, non tanto per l’espressione, quanto per il programma in sé: “Non ci sono mezzi e qui si pensa di inviare i poliziotti nelle spiagge”.
C’è però da spezzare, per dovere di cronaca, una lancia a favore del piano di Alfano: sfortunatamente, che il “Made in Italy” sia sempre più oscurato dal potere della contraffazione, è una questione ampiamente discussa e nota ai più e certamente è una preoccupazione ben seria per l’economia italiana, in special modo nell’ambito del settore tessile e dell’abbigliamento in cui si registrano prodotti contraffatti sequestrati, citando La Stampa, per un numero pari a 25,5 milioni (secondo stime raccolte dal 1 gennaio 2013 al 30 giugno 2014). Subito dopo, sempre secondo i medesimi studi, troviamo il campo dei giocattoli, dell’elettronica e l’informatica e dei farmaci, con numeri pari a 16,5 milioni, 8,7 milioni e 6,3 milioni di prodotti sequestrati.
L’obiettivo è chiaro, prendere due piccioni con una fava: riscattare l’economia balneare, sollevando i vacanzieri dal peso dei tartassanti venditori ambulanti e rivalutare il “Made in Italy”, andando a colpire la fonte del problema del sistema della contraffazione. In che modo? “Semplice”. Spesso, alla base di tutto, si parla di attività legate alla malavita organizzata, italiana e non, e proprio per questo si chiede la forte collaborazione di Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia, oltre che a tutti gli enti locali per la sicurezza e il mantenimento dell’ordine pubblico per salvare da un difficile baratro il marchio Italia.