Giovedì 19 Marzo ore 18.50, Lucca Fim Festival, Teatro del Giglio. Si è appena concluso l’incontro con Alfonso Cuarón e sto riponendo nello zainetto il mio taccuino, il microfono con cui ho registrato l’intera lezione (che potete trovare qui), il Blu-ray di Gravity appena autografato, la reflex ecc. Io e il mio amico e fotografo Cristiano Bacci (potete vedere le nostre foto nella fotogallery che ho pubblicato pochi giorni fa) stiamo per lasciare il teatro per andare a cena aspettando che si facciano le nove di sera per poter poi assistere alla consegna del premio alla carriera al regista messicano.
Il regista Alfonso Cuarón mentre firma autografi al termie della lezione di cinema
Accade, però, l’incredibile, quella cosa che capita una sola volta nella vita. Nella platea del teatro, a cinque metri di distanza da me, due ragazzi dello staff stanno parlando e, non so ancora come ho fatto, ma ho captato cosa si dicono: Alfonso Cuarón si trova ancora nell’edificio e tra poco sosterrà due interviste per un paio di quotidiani nazionali. Nel giro di un secondo agguanto il mio amico ed entrambi ci fiondiamo dove stanno per iniziare le interviste. È lì Cuarón. Lo vedo.. Posso quasi toccarlo da quando siamo vicini… Ma vengo buttato fuori perché non sono un giornalista con la “G” maiuscola e non mi è concesso stare nella stanza! Peccato. Ma non demordo e aspetto per un’ora fuori dalla porta insieme al resto dello staff che deve scortare il regista per la città. Nell’attesa faccio conoscenza con alcuni membri dell’organizzazione e con il presidente Borrelli e ottengo il permesso di seguire la comitiva una volta che il regista avrà finito con le interviste.
Poco dopo le otto di sera Cuarón emerge dalla stanza in cui ha appena sostenuto le interviste ed esordisce con “Si va?” e inizia a scendere le scale seguito dal presidente Nicola Borrelli, dal resto dello staff e dai due (felicissimi) inviati di Taxi Drivers. L’allegra comitiva si muove per le vie del centro fino a raggiungere il Puccini Museum – Casa Natale dove, il regista messicano si diverte ad osservare gli oggetti esposti nel museo e a suonare un paio di note sul pianoforte che ha usato per anni il famoso compositore italiano.
Il direttore del museo mostra ad Alfonso Cuarón il pianoforte di Puccini
Cuarón mentre si diverte a suonare qualche nota sul pianoforte di Casa Puccini
Il regista Cuarón osserva l’albero genealogico della famiglia Puccini
La dedica del regista messicano nel quaderno che raccoglie tutti i pensieri e le firme dei visitatori
Una volta usciti dal museo raggiungiamo un ristorante dove si svolgerà la cena che consiste in un buffet. Noi di Taxi Drivers e i ragazzi dello staff stiamo li in attesa che qualcuno ci dica cosa fare: non capiamo se siamo invitati anche noi o cosa. Restiamo li interdetti per un paio di minuti, ma poi vediamo il regista messicano addentare una tartina e parlare amabilmente con un ragazzo dello staff e pensiamo quindi di poterci (finalmente) rilassare e sfamare. Peccato che questo non rientri nell’organizzazione della serata e tutti quelli che non fanno parte del “cerchio magico” dello staff vengono allontanati. È stato molto commuovente vedere Cuarón guardarsi in giro con aria stupita e un po’ spiazzato per questa “uscita di scena”: è stato palese dal suo atteggiamento che per lui saremmo potuti rimanere tutti quanti al buffet e fare quattro chiacchiere come vecchi amici. Da quesi piccoli gesti si coglie la grandezza di una persona. L’umiltà e la semplicità contraddistingue i migliori.
Così tutti noi altri ci ritroviamo a spasso, attendendo che Cuarón e i suoi ospiti terminino di cenare.
Dopo poco più di quaranta minuti, li vedo uscire dal ristorante per dirigersi verso il cinema dove si terrà la consegna del premio alla carriera. Decido, a quel punto, di farmi avanti. Lo saluto nuovamente e mi presento. Gli chiedo se posso rivolgergli qualche domanda. Lui risponde positivamente (mi dice di chiamarlo per nome) e fa per sedersi ad un tavolino per iniziare un’intervista, ma dallo staff gli fanno notare che si sta facendo tardi e che bisogna andare. Allora Alfonso mi fa cenno di seguirlo e di parlare strada facendo.
Io e Alfonso per le vie di Lucca mentre ascolta le mie domande
La prima domanda che gli rivolgo è gli rivolgo è cosa lo ha spinto a fare film che trattino tematiche sociali e di denuncia e se non abbia avuto paura di pestare i piedi a qualcuno. Lui mi risponde che in certi casi è impossibile non alzar la voce e, ad esempio, con I figli degli uomini sentiva il dovere di fare quel film che è una stroria di denuncia, ma anche di speranza per un futuro migliore di quello che adesso ci si prospetta.
Vista la sua risposta, come seconda domanda, gli chiedo se ha mai preso in considerazione l’idea di realizzare un film dell’orrore che affronti tematiche sociali, come fa il suo amico Guillermo del Toro, o politiche come fanno i vari Carpenter, Crawen e Romero. Alfonso ci pensa un po’ su e poi mi risponde che non ci ha mai pensato e che a parte qualche episodio della serie televisiva La Hora Marcada (serie messicana di un certo successo che riprende tematiche e stili della più famosa The Twilight Zone) non gli sono mai stati proposti progetti horror, ma che nonostante questo se trovasse la giusta storia e ispirazione non si tirerebbe indietro.
Alfonso che risponde ad una delle mie domande
Su suggerimento di un amico (devo ammetterlo), chiedo ad Alfonso se oltre al suo cinema, a quello di Iñárritu e a quello di del Toro esista un cinema locale messicano, meno conosciuto, ma non per questo di scarsa qualità. Il regista mi risponde dicendo che ci sono un gran numero di film di qualità in Messico, ma che non sono abbastanza commerciali da superare la frontiera e che questo è un vero peccato perché, ad esempio, solo negli ultimi cinque anni il premio alla miglior regia (Prix de la mise en scène) del Festival di Cannes è stato assegnato per ben due volte a dei registi messicani. Solo questo dovrebbe far capire che la qualità in Messico non manca. Come mi ha detto Alfonso mancano altre cose come una maggior giustizia sociale o una adeguata libertà d’espressione.
Ho concluso la mia breve, ma intensa intervista chiedendo a Cuarón se stava già lavorando ad un altro progetto. Mi ha detto di no al momento: che essendo messicano è un po’ pigro e non lo stava ancora facendo.
Che persona adorabile e squisita Alfonso.. Che bello camminare al suo fianco e vedere che nonostante non fossi nessuno per lui ha dedicato un sacco di tempo a rispondere a tutte le mie domande.
Poco dopo siamo giunti nel back stage del cinema Moderno. A questo punto io e Cristiano ci siamo congedati da Alfonso non prima, però, di chiedergli il favore di poterci scattare un paio di foto con lui.
Cuarón insieme all’instancabile Cristiano Bacci,fotografo e braccio destro durante tutto il festival
Io insieme allo straordinario regista Alfonso Cuarón (per noi solo Alfonso)
Dopo qualche minuto, che che ci eravamo seduti in platea per assistere alla premiazione ho visto Cuarón calcare il palco e ritirare il premio alla carriera consegnatogli dal presidente del festival Borrelli. In seguito, Alfonso ha presentato uno dei suoi film più interessanti: I figli degli uomini, film distopico-fantascientifico del 2006, con Clive Owen, Julianne Mooree Michael Caine.
Concludo l’articolo sottolineando una cosa che mi sta a cuore: ciò che più mi ha colpito di Alfonso è stata la sua umanità. Egli è una persona semplice ed umile nonostante la fama (mondiale) di cui gode.. È praticamente impossibile trovare una persona così al giorno d’oggi.
Sono stato dannatamente fortunato ad avergli potuto dire “Alfonso cammina con me”.
Andrea Bianciardi