Il tragitto è un insieme di visioni incantevoli catturate in alcuni appunti che solo nell’aprile 2007 rivelano la loro vocazione di libro. Lo stile narrativo, mai artificioso o, al contrario, troppo ingenuo, sembra ricalcare i passi del pellegrino come se davvero tra scarponi e penna ci fosse un intimo legame. Tuttavia, se Fiori blu fosse solamente un racconto sincero che non ha timore di ammettere anche noia e delusioni, avremmo la sensazione di trovarci di fronte a una delle tante testimonianze della vasta letteratura sul Camino. Invece il libro di Alfonso Cappa allarga la prospettiva, sposta la linea dell’orizzonte oltre l’apice dell’esperienza e ancora più avanti. Tutto nasce dove il cammino finisce, da una disillusione, dall’inganno della meta, dalle promesse disattese dell’arrivo. Santiago è il luogo della diaspora dei pellegrini che per un mese si sono sentiti i protagonisti di un’impresa meravigliosa, il punto in cui le strade si disperdono, si confondono, muoiono nella più totale confusione.
Del resto i “viaggi orizzontali” sono così, si concludono e si annullano al raggiungimento di un traguardo. Bisognerebbe perciò intraprendere “viaggi verticali”, guardando «il consueto con occhi nuovi», per evitare che con l’esaurirsi delle sette o settecento meraviglie del mondo si esauriscano anche gli itinerari e lo slancio dell’andare. Il Camino insegna il vero cammino, e cioè la continuità e non l’interruzione dei passi. Il viaggiatore non è colui che aspira a una meta che lo consacri “persona migliore” ma colui che semplicemente procede, che sente il cammino protrarsi e rinnovarsi. Dopo Santiago, l’autore percorre centinaia di chilometri attorno a casa sua. Con stupore riconosce dei compagni di viaggio, dei fiori azzurri «resistenti, tosti, senza grosse pretese››: sono i fiori di cicoria che crescono ai bordi dei fossi e ai lati delle strade, gli stessi che hanno ritmato i suoi passi sulle vie spagnole. Come per improvvisa rivelazione, diventano il simbolo del suo viaggio ininterrotto e il titolo di un libro che raccontando la strada, racconta la vita.
Per le immagini inserite nell’articolo si ringrazia Alfonso Cappa