Le prime parate carnevalesche che vidi furono quelle che venivano fatte in via Regia al tempo che frequentavo i primi anni delle scuole elementari, presso a poco nel 1908-1909.
Quando si avvicinava il periodo del Carnevale, le vetrine si riempivano di maschere dalle smorfie inverosimili, di nasoni paonazzi, di pacchi di coriandoli e di trombette di tanti colori. Davanti alla vetrina del negozio del Morandi, alla piazza del vecchi mercato, mi fermavo spesso prima dell'ora della scuola, stando per delle mezz'ore a fantasticare su quelle facce di cartone che mi facevano ridere.
In via Regia il giorno del corso tutte le finestre e i terrazzi erano addobbati a vivaci tappeti e da lampioncini di carta colorata. Quando cominciava la sfilata con la Banda cittadina in testa, quei terrazzi e quelle finestre si gremivano di gente che battagliava con i coriandoli, i confetti e le stelle filanti che si intrecciavano e si aggrovigliavano sulla folla e sopra i carri che passavano lentamente trainati da un paio di buoi.
Sui carri i giovanotti e le ragazze in maschera stavano fermi al loro posto suonando trombe di cartone. Mi par di vedere ancora le carrozze fiorite con sopra eleganti mascherine vestite con il "Domino" o con ricchi costumi e parrucche settecentesche che gettavano i confetti e i ragazzi che si azzuffavano per raccattarli; le biciclette addobbate e i carri allegorici.
[...] Già agli inizi di quella manifestazione folcloristica io ci sentivo confusamente quello spirito umoristico che avrebbe fatto in seguito del nostro Carnevale uno dei più famosi del mondo. Però, certo, non potevo allora lontanamente immaginare che il Carnevale mi avrebbe, poi, condizionato tutta la vita.
( Alfredo Morescalchi "Ricordi di un carnevalaro", La Nuova Europa, 1981 )