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Alì

Creato il 17 dicembre 2011 da Misterjamesford
AlìRegia: Michael MannOrigine: UsaAnno: 2001Durata: 157'
 La trama (con parole mie): dal 1964 al 1974, dalla vittoria del primo titolo mondiale dei Massimi contro il superfavorito Sonny Liston all'incredibile incontro a Kinshasa opposto a George Foreman, la vita dentro e fuori dal ring del leggendario Mohammed Alì, orgoglioso rappresentante della cultura afroamericana e campione indimenticabile della "nobile arte", dall'amicizia con Malcolm X all'ascesa di Don King.Un personaggio già allora divenuto mitico ed uno tra gli sportivi più noti, contestati ed amati della Storia, che rinunciò al suo nome e alla chiamata alle armi ma mai ad una dignità che è sempre valsa più di una cintura, da Cassius Clay ad "Alì bumayè".
Alì
Chi frequenta il saloon dal principio sa bene quanto dalle parti di casa Ford sia in enorme considerazione Michael Mann, uno dei registi "action" - anche se pare sempre riduttivo considerarlo tale - più importanti che gli Stati Uniti abbiano mai avuto: da Strade violente a The heat, da Insider a Collateral - senza dimenticare lo splendido Nemico pubblico - questo signore ha confezionato alcune tra le pellicole più clamorosamente potenti ed innovative che il genere - e di nuovo non solo - abbia mai prodotto, mostrandosi come uno dei primi cineasti aperti all'utilizzo del digitale non come mero strumento di marketing, bensì come una meraviglia tecnologica da piegare e plasmare per consegnare al pubblico film dallo standard tecnico sempre più alto.Non è da meno Alì, che Mann girò probabilmente ben conscio della fredda accoglienza che gli avrebbero riservato gli allora appena feriti dall'undici settembre States, saggio di tecnica sopraffina ed utilizzo della macchina da presa come strumento di narrazione per immagini di potenza incredibile, dalla straordinaria apertura sulle note di Sam Cooke all'indimenticabile sequenza della riscoperta dell'Africa di Alì, sostenuto dalla folla per le strade di Kinshasa e dall'incedere del canto "Alì bumayè!" - "Alì, ammazzalo!" - che fu il motore della determinazione dello stesso Muhammad dato per sfavorito contro George Foreman, campione giovane e dirompente che aveva letteralmente distrutto Joe Frazier, l'unico fino a quel momento in grado di battere - pur se solo ai punti - "il più grande".Più che un film sul pugilato o sulla carriera del suo protagonista, Alì appare come una sorta di manifesto politico: una profonda, sentita ed incredibile - essendo girata da un bianco - pellicola in grado di raccontare le radici, le contraddizioni, la forza e le motivazioni di una lotta - quella per l'uguaglianza sociale e dei diritti - di cui il fu Cassius Clay divenne uno dei simboli più importanti sul finire degli anni sessanta. Una lotta che non gli costò la vita - come accadde a Malcolm X, ottimamente interpretato da Mario Van Peebles - ma il titolo, la licenza di boxare e anni di battaglie legali affinchè il suo diritto di non sostenere le decisioni del suo governo e la guerra del Vietnam fosse sempre affermato e mai contraddetto.Fu un campione scomodo, Muhammad Alì, con i suoi eccessi e le continue prese di posizione per affermare la sua grandezza a cospetto di qualsiasi avversario - sul ring e non -, che continuò a battersi quasi ci fosse qualcosa di ben più grande di un titolo da mostrare al mondo, qualcosa che in quella magica notte del 1974 fu evidente ai cronisti, agli spettatori e agli sportivi, e che ancora oggi è davanti ai nostri occhi, simile alla poesia del movimento che Mann mostra nelle danze che Alì disegnava sul quadrato, "volando come una farfalla e pungendo come un'ape".Senza dubbio, oltre ad un'eccellenza tecnica che lo stesso ex campione avrebbe apprezzato, un altro grande merito di Mann sta nell'aver motivato Will Smith per quella che, a mio avviso, resta la sua migliore - ed unica, grande - interpretazione, scandita sul quadrato e nella vita privata dell'uomo dietro allo sportivo da una colonna sonora come sempre per i film del buon Michael assolutamente incredibile, capace di spaziare dal soul retaggio della cultura del Sud degli States fino ai richiami africani, figli della culla che non dovrebbe essere riconosciuta solo da chi ne porta i colori, ma da ognuno di noi, perchè bacino di tutte le civiltà ad oggi conosciute.Alì conobbe sapori diversi e contrastanti, nel corso del suo percorso come pugile, non terminò la sua carriera imbattuto come Rocky Marciano nè riuscì e non finire mai al tappeto come Jake LaMotta, eppure ancora oggi le sue gesta sono tra le più ammirate dell'intero mondo dello sport: perchè Muhammad portò la poesia sul ring, rese possibile l'impossibile, trasformò la leggenda in realtà, mostrando quanto potesse essere clamorosamente vera.Muhammad Alì che ora - siano i colpi subiti, sia il destino - incrocia i guantoni con un avversario ben più temibile di George Foreman o Joe Frazier - recentemente scomparso -, che ha nel tempo un manager arcigno e nelle sue ripercussioni i colpi più devastanti.Ma poco importa.Perchè, in qualche modo, Alì ha già vinto la sua battaglia.A Kinshasa, nel 1974, o davanti alla tv, sempre allora, io non potevo esserci.La prima volta che sentii parlare di Alì fu dai racconti di mio padre, quasi fosse un essere mitologico.Vidi l'incontro con Foreman sapendo già come sarebbe andato a finire, e poi Quando eravamo re, il mitico documentario girato ricordando quel grande evento.E lo vidi con i brividi, come se mi trovassi lì, in prima fila, a gridare "Alì, bumaye!".Come vedo con i brividi ora questa meraviglia firmata Michael Mann, che muove la macchina come il suo protagonista danzava sul ring, senza cercare di diventare leggenda.Sapeva di esserlo già.
MrFord
"As the rhythm designed to bounce
what counts is that the rhymes
designed to fill your mind
now that you've realized the prides arrived
we got to pump the stuff to make us tough
from the heart
it's a start, a work of art."Public Enemy - "Fight the power" -

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