I titoli conquistati, le traversie amorose, la conversione all'islam, la sconfitta contro Joe Frazier nel 1971 (l'incontro del secolo), l'interruzione forzata della carriera per via del rifiuto di andare a combattere in Vietnam - "Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato "negro"" -, il ritorno e la riconquista del titolo contro un potentissimo e apparentemente letale George Foreman in Zaire. Insomma c'è tutto Alì, tutta la sua leggenda, la politica e la religione.
La ricostruzione storica di Mann è ovviamente precisissima, il regista è molto meticoloso e si vede, anche se si denota una certa freddezza. Ma a questa "freddezza" stilistica si contrappone la strabordante e passionale interpretazione data da Will Smith, il quale non solo si avvicina fisicamente al giovane Alì ma bene ne restituisce il carattere, l'ego e la parlantina.
Mann con questo film ci ricorda perché Muhammad Alì è stato il più grande boxer di tutti, sia fuori che dentro il ring.
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