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Alice nella pancia delle meraviglie

Da Ayameazuma

Titolo: Alice nella pancia delle Meraviglie
Autore: Diego Bortolozzo
Editore: Sogno Edizioni
Prezzo: 8,50 €
N. Pagine: 68
ISBN: 978-88-96746-09-7

Faccio una cosa che di solito non faccio mai, ma qui è necessaria per la recensione: partiamo dal prezzo del libro (e lo dico subito: questo non è stato un e-book inviato dall’autore, l’ho comprato a mie spese).

Questo libro ha un formato 10×12 (più o meno), pagine 68 comprese intestazione della collana, nome della casa editrice, titolo, prefazione, dedica, biografia, bibliografia, 8 pagine di disegni (vignette) e sei pagine lasciate vuote nel mezzo del testo senza spiegazione. I capitoletti (uno per pagina) sono 40. Insomma, io ho cronometrato: l’ho letto in 20 minuti scarsi (18 per l’esattezza).
Copertina: foto fotolia.
Costo: 8,50 euro
Scusate, ma non va bene. Questo non è un ‘libro’ secondo il significato comune del termine; sarebbe meglio racconto, o anche opuscolo (dal dizionario: libretto di poche pagine). E dovrebbe essere venduto a prezzo ben inferiore.

L’ho dovuto dire subito perché la lettura è poi stata influenzata da questa presentazione: fosse stato un racconto, forse sarebbe stato diverso. ma visto che vuole essere libro a sè, come tale lo devo trattare.

Trama: Un feto descrive le 40 settimane di gestazione. Detta così l’idea è anche carina, ma io dopo la lettura sono perplessa. Molto.
A un lettore adulto questo libro non dà nulla. Non ci sono descrizioni, reali o fantasiose, che colpiscano. C’è la poco precisa descrizione di un feto che parla in modo infantile del suo mondo. Inoltre non si capisce perché dica cose come “ho due buchi sul viso, forse si chiamano ‘naso’” e dopo sappia benissimo parlare di millimetri. Non si capisce perché conosca i cartoni animati ma non sappia il titolo di quello che cita. Perché dica di vivere in un universo buio e faticare a comunicare con i genitori e poche pagine dopo descrivere le stelline che il papà ha appiccicato nella sua camera… la coerenza narrativa è inesistente.
L’autore semplicemente descrive la propria quotidianità, ma il lettore non è coinvolto per nulla, non sa bene lui cosa centri a guardare quella famiglia felice. Può essere contento, ma non coinvolto. Addirittura si arriva a dire che Alice è il nome più bello del mondo… ci si chiede: e gli altri nomi cosa sono, di serie B?

Se invece pensiamo a un pubblico di ragazzini (a parte che un libro, per me, dovrebbe essere universale) i problemi si moltiplicano. Il feto sente il calore della mano del papà: impossibile fisicamente, se è un’allegoria va spiegato a chi non lo sa. Il feto parla di una sonda che sarebbe l’ecografo, ma solo l’adulto può capirlo, visto che poi non è spiegato. I 40 capitoli sono le 40 settimane, ma non è chiaro per chi non lo sa (e l’embrione esiste alla seconda settimana: errore, le prime due settimane sono quelle PRECEDENTI al concepimento, come può l’embrione esistere?). Insomma, io non lo proporrei come volumetto esplicativo.

Stile: con la scrittura, per vari motivo, ho dimestichezza e quindi mi posso sbilanciare a dire che un simile testo si può scrivere in una settimana, correzione bozze compresa. Lo stile è elementare, e non nel senso positivo di ‘semplice’, ma proprio a livello di elementari. I vocaboli sono sempre gli stessi, le descrizioni sono quasi inesistenti (cit.: “non so di quanto, ma sto crescendo” – “questo universo è unico e meraviglioso” senza dire nulla più – “nell’ultima settimana sono diventata alta il doppio” senza sapere quanto fosse prima).

In conclusione, questi sono i felici pensieri di un papà in attesa che rimane affascinato dal miracolo gravidanza. E’ carina come cosa. Ma certo non è sufficiente per essere un libro (e non può costare 8,50 euro).


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