Prima di dedicarsi in modo esclusivo alla scrittura, Alicia Giménez-Bartlett, la regina del giallo made in Spain, ha insegnato per molti anni letteratura ai ragazzi delle scuole superiori. Sarà per questo che tutto il suo essere trasmette empatia fin dalla prima stretta di mano e il suo conversare è pacato e cristallino, tipico di chi ha le idee chiare e non fatica a trovare le parole per spiegartele.
La incontro in un hotel milanese prima di una presentazione del suo ultimo romanzo, Gli onori di casa, pubblicato come sempre da Sellerio. La scrittrice mi aspetta nella hall insieme al marito e ho immediatamente la sensazione che sarà un’intervista piacevole. Entrambe viviamo a Barcellona ed è inevitabile scambiarci opinioni sulla città e sui suoi abitanti, sulle abitudini delle ispaniche genti e su quelle dei lettori di casa nostra. Alicia è una donna simpatica e molto autoironica e il successo planetario dei suoi libri non sembra avere avuto effetti nefasti sul suo ego. Alla fine della chiacchierata, dopo essere passate dal “lei” al “tu” e dopo le foto di rito scattate dal gentilissimo consorte, mi chiederà di prendere nota della sua mail nel caso mi servisse qualche contatto o qualche informazione a Barcellona. Io eseguo, grata e ammirata, ma soprattutto consapevole che certi incontri non capitano ogni giorno. Forse è anche grazie a questo carattere che Alicia Giménez-Bartlett è diventata negli anni la giallista più amata dagli italiani.
Lei è una delle scrittrici straniere più apprezzate in Italia. Come spiega questo successo nel nostro Paese?
Credo ci sia stata una comunicazione molto profonda con i lettori, come se ci fossimo scoperti mutuamente. Agli italiani è piaciuta l’ironia di Petra e il fatto che non sia politicamente corretta. E poi c’è stato un effetto passaparola tra la gente, perché in Italia ancora si parla di libri, in Spagna invece quasi nessuno parla delle proprie letture. Da voi c’è attenzione verso i libri, la gente si dà consigli. In Spagna non è così. Io ho avuto buona accoglienza in molti paesi ma questo amore incondizionato lo ricevo solo dai lettori italiani. In Spagna abbiamo una profonda influenza araba e nessuno dice tutto quello che pensa e che sente per timore di essere ridicolo. La gente alle presentazioni (che sono sempre meno purtroppo) ti ascolta, ti applaude e alla fine si avvicina con circospezione, ti mette sotto il naso il libro come a dire “ecco, l’ho portato se ti va firmalo se no, pazienza”. In Italia, invece, i lettori ti raccontano come hanno scoperto il tuo libro, come si sentivano leggendolo, ti fanno i complimenti, condividono emozioni. Cose impensabili in Spagna.
Restando in Italia, il commissario romano Maurizio Abate, che ne Gli onori di casa collabora alle indagini con Petra Delicado, incarna lo stereotipo dell’italiano dipinto dalle turiste straniere: estroverso, divertente, elegante, seduttore. Ma gli uomini italiani sono davvero così?
Gli stereotipi, è ovvio, sono generalizzazioni assurde, ma nascono sempre da un fondo di verità. L’italiano è seduttore per natura. Lo è anche il signore di 80 anni perché sa trattare una donna con una deferenza straordinaria. Io quando ero professoressa ho fatto un viaggio per le città italiane con 40 studenti. Le mie alunne dovevano fuggire dai ragazzi italiani che le fermavano ovunque…
Per scrivere questo libro ha dovuto documentarsi a lungo?
No, in realtà, nonostante io sia venuta spesso a Roma, è Maria Nicola, la mia traduttrice che ha cercato i luoghi in cui è ambientata la storia. È a lei che va il merito dell’accuratezza della documentazione e delle descrizioni degli ambienti.
Il libro è uscito prima in Italia che in Spagna. A cosa si deve questa scelta?
Antonio Sellerio, il mio editore, aveva piacere che il libro si presentasse prima in Italia, visto che una parte importante del romanzo si svolge a Roma. Così, ne ha parlato con il mio editore spagnolo che non ha avuto nulla in contrario.
Gli onori di casa in Spagna è Nadie quiere saber (Nessuno vuole sapere), titolo che si è mantenuto in tutti gli altri paesi in cui il libro è stato tradotto, meno che in Italia. Come mai?
È stato l’editore italiano a decidere. Come vedi in questo libro c’è poco di mio, la documentazione è della traduttrice e il titolo dell’editore, io ci ho solo messo qualcosa in mezzo! (ride). Scherzi a parte, tutto nasce dal fatto che in Italia avevo già pubblicato Dove nessuno ti troverà e l’editore non voleva ripetere la parola “nessuno” per non generare confusione. Così si è cercato un titolo alternativo ed è uscito Gli onori di casa, che trovo molto bello.
Come è nato il personaggio di Petra Delicado a suo tempo?
Il personaggio nasce nel 1996 dal mio amore per i romanzi gialli. Fino a quell’epoca in queste storie, specie nella tradizione mediterranea ed europea, la donna aveva sempre un ruolo secondario, era l’aiutante dell’investigatore, la moglie del poliziotto… Io, invece, volevo una donna protagonista, che avesse il comando.
Perché ha scelto di dare a Petra Delicado questo carattere così rude, aggressivo e poco sensibile?
Petra non è insensibile, ha una parte tenera, solo che non ama che gli altri la vedano. Però è vero che ha un brutto carattere, è sempre arrabbiata (lo dice in italiano, nda). Non so, volevo un personaggio che non fosse dolce e meraviglioso come ci si immagina debbano sempre essere le donne. Una donna può anche essere antipatica e terribile, ma allo stesso tempo avere empatia con la gente.
C’è qualcosa di lei in Petra?
Sì, il senso dell’umorismo e dell’ironia. Il non prendersi troppo sul serio. Ci sono anche molte differenze. Io non sono tango coraggiosa come Petra e non ho un carattere così duro.
Come trova l’ispirazione per le sue storie?
Possono nascere da fatti concreti di cronaca o da temi di attualità più generali. Ho anche un’amica di Barcellona, che è ispettore-capo della polizia nazionale e che mi ha aiutato tante volte. Per Gli onori di casa mi ha indicato l’esistenza di un caso reale, simile a quello che racconto nel libro e mi ha spiegato come avviene la collaborazione tra la polizia spagnola e quella italiana. Lei è avvocato, una bella donna che ormai i colleghi chiamano Petra…
Dopo l’intervista il marito di Alicia Giménez-Bartlett ci ha gentilmente scattato questa foto ricordo. Un’altra bella immagine per la mia collezione di scrittori.
Scrive con metodo e disciplina o si fa condurre dall’ispirazione del momento?
Scrivo tutti i giorni in modo ordinato, ma senza schemi. Credo che ci siano scrittori “archittettonici” che fanno piani perfetti, schemi precisi di tutta la storia e altri, come me, che sono “scultorici”, prendono una materia nella mano e le danno forma poco a poco. Per me scrivere è un modo di vivere, non è fare un libro e finirlo. Per questo adesso non vedo l’ora di tornare a casa, dopo tanti viaggi e promozioni, per rimettermi a scrivere. Credo che fino a maggio non mi muoverò più!
Significa che ha già in mente un nuovo romanzo?
Sì, ma non è un romanzo della serie di Petra Delicado. Ho già scritto oltre un centinaio di pagine ed è una storia che riguarda un tema che mi incuriosisce molto: la prostituzione maschile, ma non quella degli gigoló per donne anziane e sole, bensì per giovani manager e imprenditrici di successo. Ho contatti che mi hanno spiegato come funziona questo mondo, perciò per me è forse un pretesto per parlare di come questa grande crisi può “mischiare” la gente. Alla fine sarà una storia d’amore (o forse no) di un giovane che si dedica a questa attività e una cliente che abbandona il marito. L’incrocio di classi sociali è un tema che mi ha sempre attirato.
C’è un complimento di qualche lettore che ricorda in modo speciale?
Sì, pochi giorni fa a Parma, dopo una presentazione, si è avvicinata una bella signora della mia età e mi ha detto: «La voglio ringraziare perché abbiamo passato molto tempo insieme e lei mi ha aiutato tanto in un momento molto duro per me». Non mi ha detto che cosa le era accaduto, ma mi ha fatto capire quanto quello che scriviamo ci metta in relazione con lettori e abbia un impatto su di loro.
A questo proposito quale dovrebbe essere il ruolo degli scrittori nel mondo?
Ho una visione molto semplice: lo scrittore è un lavoratore come un altro, non è un artista toccato dalla mano di Dio e nella piccola parte pubblica che gli spetta dovrebbe evitare di dire stupidaggini, mettere da parte l’ego, enorme, che troppo spesso emerge, essere umile e scrivere. Nient’altro.
Lei vive da moltissimi anni a Barcellona e parla catalano. Cosa pensa delle rivendicazioni indipendentiste della Catalogna?
Io credo che questa idea sia il frutto di un momento di crisi economica, non sono indipendentista ma credo che sia un tema molto delicato e spero che il governo centrale di Madrid capisca che non si possono offendere i catalani e la loro cultura, come spesso accade. Ci vuole molta diplomazia. Tuttavia, se si arrivasse a votare, io voterò contro, perché non ritengo necessaria l’indipendenza.
C’è qualche scrittore italiano che conosce e che apprezza?
Sì, molti. Scrittori come Lucarelli, Camilleri, Carlotto, Malvaldi hanno creato una grande scuola di giallisti che reputo fantastica. Fuori da questo genere, amo molto Niccolò Ammaniti. Trovo che la sua scrittura sia originale e abbia una forza straordinaria. L’ho conosciuto, è una persona molto timida e riservata. Davvero mi piace come scrive ed è un peccato in Spagna non sia ancora molto conosciuto.
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