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“Alimentare ciò che in loro vi è di eterno”. Anonimo, “Il sublime”

Creato il 21 ottobre 2011 da Retroguardia

“Alimentare ciò che in loro vi è di eterno”. Anonimo, “Il sublime”“Alimentare ciò che in loro vi è di eterno”. Anonimo, Il sublime, a cura di Giulio Guidorizzi, in Trattatisti Greci, Mondadori, 2008, pp. 235-397

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di Francesco Sasso

Nell’intervista che Harold Bloom rilasciò alla rivista “The Paris Review” (n.118, 1991), leggiamo:

«a mio parere, Aristotele aveva distrutto la critica letteraria occidentale quasi dal principio. Per me la critica letteraria inizia davvero con lo Pseudo-Longino».

Come non essere d’accordo con il critico americano? Leggere (o rileggere) il trattato sul Sublime, composto da un anonimo retore del I secolo d.C, è per noi oggetto di continuo stupore.

Il Sublime risulta l’opera di critica letteraria più notevole che l’antichità ci abbia mai tramandato, nonostante all’incirca un terzo dell’opera sia andata perduta. Il trattato è anche una dissertazione di estetica e un trattato di retorica. Dalle sue pagine scaturisce un complesso di idee, di immagini, di sentimenti che ci rivelano un autore veramente sensibile ai richiami della poesia, che mira all’essenziale, e non si perde dietro considerazioni formali, che preferisce una grandezza diseguale ad una uniforme mediocrità, perché quella attinge le vette del sublime, mentre questa diletta le menti, e non esalta le anime. La concezione letteraria dell’Anonimo è straordinariamente originale rispetto alla tradizione, esempio è l’inserimento della commedia o del comico all’interno di una trattazione sullo stile del sublime.

Il trattato è ricco di suggestioni, finirei per trascrivere e commentare intere pagine, e non è mia intenzione dilungarmi qui nell’analisi del testo. Scrivo quindi queste poche righe perché desidero suggerire al lettore di affrontare senza remore il trattato dell’Anonimo. Scoprirà che i metodi della critica letteraria occidentale (escludendo gli eccessi degli strutturalisti) sono gli stessi da quando il Pseudo-Longino cominciò a elaborare le sue angosce nei confronti di Platone, oppure comprenderà che il sublime è qualcosa di indefinibile che trascende la logica e stabilisce nell’animo uno stato di estasi e di contemplazione. Il Sublime non si sa cosa sia, ma lo si può intuire attraverso i testi, i quali ce lo fanno sentire. È l’affermazione, oggi dimenticata dai nostri critici, che la critica deve cominciare dalla passione per la lettura (l’ascolto orale per i greci), per il piacere del testo; che un’opera letteraria ha in primo luogo un valore estetico (domande sul bello e il brutto, sul come e perché). Ecco quindi che le pagine dei capolavori della letteratura mondiale ci accompagnano verso la scoperta dell’essenza intima dell’arte, cioè verso l’essenza profonda dell’uomo. Infatti, come scrive l’Anonimo, «gli uomini ammirano le loro parti mortali ed effimere e trascurano di alimentare ciò che in loro vi è di eterno» (p.365).

f.s.

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