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Trama semiseriaFine anni ’70/inizio degli ’80. All Good Things sembra la storia di un giovane uomo che rinuncia a seguire le orme del padre imprenditore per aprire una piccola bottega in provincia chiamata All Good Things e sposarsi con Kirsten Dunst. Un piano mica male, sembra quasi la storia di Piersilvio che si mette con la Toffanin, fino a che non cambia idea e decide di dedicarsi agli affari paterni, proprio come Piersilvio. Quindi, un bel giorno, scoppia il caso Mediatrade… Ah no, nel film accade solo che la moglie del protagonista scompare, ma cosa è successo in realtà?
Recensione cannibaleAll good things è un film strano, difficile da decifrare. Una cosa che in linea di massima sarebbe positiva, almeno per i miei parametri, e invece in questo caso non è proprio così.Il regista Andrew Jarecki arriva dal documentario Una storia americana – Capturing the Friedmans, molto celebrato e osannato (non so se giustamente o meno, ammetto di non averlo visto), però alle prese con un film di fiction vero e proprio non sembra del tutto a suo agio.
La prima parte è promettente: ci troviamo di fronte a una pellicola -parrebbe- esistenziale giocata sul rapporto tra Ryan Gosling, attore sempre ottimo ma ancora non esploso definitivamente (e di cui parlavo giusto ieri nel ben più convincente Blue Valentine) e Kirsten Dunst. Ché Kirsten Dunst con un look anni Settanta è quanto di più bello si possa immaginare in questo mondo (vedi Il giardino delle vergini suicide).
Allo stesso tempo però non si capisce bene dove il film voglia andare a parare, visto che i due sembrano una coppia come tante, piuttosto incasinata ma nemmeno troppo. Ed è qui che arriva la svolta thriller ed è qui che si capisce dove la pellicola voleva arrivare. Purtroppo però Jarecki sarà anche bravo come documentarista, ma come giallista non è certo Hitchcock e nemmeno Agatha Christie. La tensione è molto blanda, il mistero non suscita poi tutto questo interesse e insomma la svolta thriller era meglio se non ci fosse mai stata. Sarebbe stato più indicato proseguire sulla strada del drammone esistenzialista come i segnali indicavano. Vedi cosa succede a non rispettare la segnaletica stradale? O ti becchi una multa, o fai una pellicola poco riuscita.Però purtroppo la pista thriller è la ragione per cui il film è stato fatto, visto che racconta la vera storia di Robert Durst, un’imprenditore coinvolto nella scomparsa della moglie e nella morte di una sua amica, eppure mai ufficialmente sospettato o incriminato. Si vede che non aveva abbastanza pm e giudici comunisti contro.
Le aspettative che avevo riguardo a questo All good things erano decisamente good: ambientazione 70s/80s come alcuni dei miei film preferiti in assoluto nella Storia, due attori protagonisti che adoro (e che comunque se la cavano molto bene), uno spunto inquietante alla American Psycho… potenzialmente c’erano tutti i presupposti per diventare un mio super-cult personale e invece il film sembra vagare senza direzione e non decolla mai veramente. Il tutto si risolve quindi non in una sconfitta, bensì in una delusione paragonabile a uno zero a zero casalingo, quando dalla tua parte avevi il pubblico e una formazione stellare con cui vincere 6 a zero.All good things come to an end, ma non tutte le buone cose vanno a buon fine. Come questo film.(voto 6-)
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